L’Asp non può nominare esperti, tribunale minori a rischio paralisi
VIDEO | Il sistema giustizia, non solo minorile, è messo a dura prova e non è più possibile garantire servizi essenziali imprigionando definitivamente i bambini in un limbo dove è impensabile poter tutelare la loro libertà
«Mancano nell’Asp di Reggio Calabria quattro neuropsichiatri infantili, nove psicologi e 17 assistenti sociali. Sono quelle figure che dovrebbero, per esempio, garantire esecuzione a quelle che sono i provvedimenti del tribunale per i minorenni».
Carenze, quelle denunciate da Antonio Marziale – Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, che si ripercuotono inevitabilmente su tutte le attività direttamente gestite dall’Asp.
Il garante
«Parliamo di bambini con disagi intrapsichici, bambini vittima di violenza assistita, bambini obbligati alla prostituzione o di altre violenze. E le figure che dovrebbero garantire i servizi per questi bambini non ci sono e non si vedono in prospettiva. Io mi rendo conto che c’è un bilancio che deve rientrare da decenni di sperperi, però è anche vero che la gente ha bisogno. La gente non vive di bilanci o di partite doppie. Lo Stato, a gente che paga le tasse, deve garantire almeno il minimo indispensabile».
Mancano figure essenziali senza le quali è praticamente impossibile tutelare i diritti dei minori non solo in termini di assistenza sanitaria così come spiega l’avvocato Pasquale Cananzi specialista in temi di tutela dei minori.
L’esperto
«La questione dei rapporti tra processi e servizi pubblici, in sostanza i servizi forniti dall’Asp, è diventata davvero allarmante – spiega l’esperto – Abbiamo dei servizi carenti sotto il profilo della dotazione umana e l’incapacità, considerando la situazione, di tenersi aggiornati e riuscire ad assolvere alle esigenze. Teniamo conto che la partita che si gioca è quella di rischiare l’inefficienza del sistema giudiziario sia per quanto riguarda il tribunale dei minorenni che per quello ordinario».
Il sistema giustizia, non solo minorile, è messo a dura prova e non è più possibile garantire servizi essenziali imprigionando definitivamente i bambini in un limbo dove è impensabile poter tutelare la loro libertà.
«Accade così che si da l’immagine ai cittadini di uno Stato che non riesce ad ascoltare e che è inefficiente. Così si fa perdere la speranza a molti bambini, che sono le vittime principali di quest’inefficienza, di poter avere un futuro sereno. I processi devono essere un modo per conquistare la felicità – conclude Cananzi – non un modo per rimanere imprigionati per anni in una gabbia che non porta da nessuna parte. Privare del futuro i bambini è certamente la cosa più brutta che un sistema giudiziario possa avere come spauracchio.