venerdì,Marzo 29 2024

Accusato di avere chiesto voti al clan, il giudice dà ragione al sindaco Alessio

La vicenda nata da un errore nella trascrizione di uno stralcio di verbale del pentito Mesiani Mazzacuva. Il primo cittadino aveva querelato, ma il collaboratore aveva sempre negato di avere parlato del sindaco

Accusato di avere chiesto voti al clan, il giudice dà ragione al sindaco Alessio

di Francesco Altomonte – Aldo Alessio non ha mai chiesto l’appoggio della ‘ndrangheta in una campagna elettorale. È quanto ha chiarito, finalmente, in una ordinanza il gip di Reggio Calabria. Si chiude così una vicenda che aveva rischiato di lasciare dei dubbi sull’esperienza politica dell’attuale sindaco di Gioia Tauro. Una vicenda nata, pare, da un errore nella trascrizioni di uno stralcio di verbale del collaboratore di giustizia Pietro Mesiani Mazzacuva, il pentito di Gioia Tauro vicino al boss Domenico Molè.

Giustizia e amarezza

Secondo quanto era emerso in quelle trascrizioni, sembrava che Mesiani accusasse Alessio di avere chiesto proprio l’appoggio dei Molè nella campagna elettorale del 2001. La notizia è stata comunicata in una conferenza stampa tenuta dal primo cittadino e dal suo legale. «Il caso è chiuso ma resta l’amarezza – ha dichiarato l’avvocato Macino – perché in questa storia, nella pubblicazione di atti giudiziari, è stata usata poca prudenza, tirando in mezzo una persona come Aldo Alessio che nulla mai ha avuto a che fare con la ‘ndrangheta. Il giudice ha chiarito in maniera precisa che quelle espressioni erano riferite a un altro candidato, perché a un altro candidato sarebbe andato l’appoggio dei Molè».

Nessuna relazione tra Molè e Alessio

Quando il passaggio incriminato era stato riportato dalla stampa, Alessio aveva deciso di querelare Masiani. Il gip non ha potuto condannare il collaboratore per diffamazione perché in realtà non aveva mai accusato Alessio, conosciuto da sempre per il suo impegno contro la ‘ndrangheta e sotto scorta proprio nella campagna elettorale incriminata.

Nell’ordinanza, però, il giudice evidenzia come il pentito non abbia mai messo in relazione Alessio con il clan, cosa tra l’altro confermata anche dal collaboratore. «Sono soddisfatto pronuncia del giudice – ha sottolineato Alessio – che rimette le cose a posto. D’altronde non poteva essere altrimenti perché la mia storia personale e politica, sempre dalla parte dello Stato contro la ‘ndrangheta parla da sola. Ricordo che sono stati il primo sindaco a Gioia Tauro a far costituire il comune parte civile nei processi di mafia e di avere chiesto e ottenuto l’acquisizione dei beni confiscati alla ‘ndrangheta nel patrimonio indisponibile del Comune».

Tutela dell’onorabilità

Un passaggio Alessio lo dedica anche alla necessità di querelare per non vedere il suo nome infangato da «una menzogna. Consiglio a tutte le persone oneste – ha concluso il sindaco – che vengono infangate da accuse false di querelare e di fare valere le proprie ragioni. Questa è la sola strada che abbiamo per salvaguardare il nostro onore».

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