giovedì,Marzo 28 2024

La DIA rilancia l’allarme: «Il post Covid nel mirino della ‘ndrangheta»

Le ‘ndrine per gli investigatori della DIA, spaziano a 360° «dall’offrire sostegno economico a famiglie in difficoltà proponendosi come benefattrice, fino a determinare una pericolosa dipendenza, da riscattare a tempo debito»

La DIA rilancia l’allarme: «Il post Covid nel mirino della ‘ndrangheta»

Di Francesco Bolognese

La drammatica contingenza generata dal Covid – 19 che sta togliendo il sonno a migliaia di persone, peraltro non solo nel bel paese, ha indotto la Direzione investigativa antimafia (DIA) a focalizzare l’attenzione oltre il periodo previsto (2° semestre 2019).

«Questa emergenza se non adeguatamente gestita nella fasi di ripresa post lockdown, può rappresentare un’ulteriore opportunità di espansione dell’economia criminale». Gli analisti della DIA ipotizzano un “doppio scenario”.

Nel primo, «le organizzazioni mafiose tenderanno a consolidare sul territorio, specie nelle aree del Sud, il proprio consenso sociale, attraverso forme di assistenzialismo da capitalizzare nelle future competizioni elettorali, attraverso elargizione di prestiti di denaro a titolari di attività commerciali di piccole-medie dimensioni con la prospettiva di fagocitare le imprese più deboli, facendole diventare strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti»; nel 2°, «le mafie, specie la ‘ndrangheta, vorranno ancor più stressare il loro ruolo di player, affidabili ed efficaci anche su scala globale, andandosi a confrontare con i mercati bisognosi di iniezioni finanziarie».

Per quanto concerne le ‘ndrine, gli investigatori della DIA, ravvisano un’azione che spazia a 360°, che va «dall’offrire sostegno economico a famiglie in difficoltà proponendosi come benefattrice, fino a determinare una pericolosa dipendenza, da riscattare a tempo debito».

A rischio ci sarebbero «i lavoratori in nero o quelli sottopagati che costituiranno un bacino di voti utili alle finalità delle consorterie criminali in occasione delle elezioni o a coloro che si troveranno costretti dalle cosche, pur di garantire un sostentamento alle proprie famiglie, a diventare custodi di una partita di armi o di droga, trasportatori o spacciatori»; ed anche «gli imprenditori in difficoltà, ancor più bisognosi di liquidità per mantenere viva l’azienda, per pagare i dipendenti, per far fronte ai debiti ed alle spese di gestione e per pagare le tasse. Su di loro incombe il pericolo dell’usura, dapprima, anche a tassi ridotti, finalizzata a garantire una qualche forma di sopravvivenza e, successivamente, sotto forma di pressione estorsiva, finalizzata all’espropriazione dell’attività».

E’ quanto mai necessario che le risorse economiche stanziate dal Governo con i vari decreti siano giunti nelle tasche e nei conti correnti di chi versa in difficoltà. Nel mirino della ‘ndrangheta, si legge nella Relazione, ci sono anche «le attività che non hanno subìto un congelamento operativo, ma che potrebbero essere investiti da una vigorosa domanda “di riflesso” alla ripresa degli altri segmenti, come quello dei trasporti passando per la filiera agro-alimentare, l’industria sanitaria e al conseguente indotto», senza dimenticare, «altri ambiti d’interesse sui cui le cosche calabresi continueranno a lucrare come i servizi di smaltimento dei rifiuti sanitari prodotti a seguito dell’emergenza, nonché i servizi funerari, messi a dura prova dall’elevato numero di decessi a causa del virus».

Per la DIA sarà quanto mai necessario ed indifferibile dar vita «ad una strategia di prevenzione antimafia adattativa, che vede in prima fila le Prefetture, epicentro degli accertamenti antimafia in materia di appalti pubblici». Vedremo.

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