venerdì,Marzo 29 2024

‘Ndrangheta stragista, ergastolo per Graviano e Filippone. Una sentenza storica

La corte d'assise di Reggio Calabria certifica la partecipazione della 'Ndrangheta alla strategia stragista insieme a Cosa Nostra

‘Ndrangheta stragista, ergastolo per Graviano e Filippone. Una sentenza storica

Di Alessia Candito e Consolato Minniti – Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone sono i mandanti degli omicidi dei carabinieri avvenuti a Reggio Calabria e degli agguati contro i militari. La ‘ndrangheta, dunque, entra oggi per la prima volta in una pronuncia giudiziaria nelle stragi di mafia. Per entrambi la pena è stata quella dell’ergastolo. Così ha deciso la Corte d’Assise di Reggio Calabria, presieduta da Ornella Pastore. Accolta pienamente la tesi accusatoria del procuratore Giuseppe Lombardo.

Si conclude così un processo che sembra aprire a nuovi scenari più che chiudere un capitolo. Il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e nel mammasantissima di Melicucco, Rocco Santo Filippone – hanno confermato i giudici – sono i mandanti degli attentati calabresi contro i carabinieri con cui la ‘ndrangheta ha firmato la propria partecipazione alla trattativa Stato–mafia.

La vicenda delle stragi


Una decisione non di un capo o di un boss. Ma dei vertici delle due organizzazioni. Graviano come espressione del direttorio che governava di Cosa Nostra, Filippone, cristallina espressione dei Piromalli, delegato a rappresentare il «coso di sette» che rappresenta i tre mandamenti e determina le macrostrategie della ‘Ndrangheta tutta. Al centro dell’inchiesta però c’è un’intera stagione. Politica, economica, strategica. Non ancora completamente raccontata, così come non sono stati ancora individuati tutti i protagonisti. «Ma sulle altre componenti confidiamo che venga fatta chiarezza» ha detto il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo.
È stato lui a comprendere che quei tre attentati contro i carabinieri che fra il dicembre ’93 e il febbraio ’94 non sono mai stati la tragica bravata di due picciotti in cerca di gloria, ma parte di un disegno eversivo molto più complesso. In un momento storico complesso. Con il muro di Berlino che crollava e i partiti cardine della democrazia bloccata, Dc e Psi, un intero sistema ha vacillato. Così come le forme di potere occulte che all’ombra della cortina di ferro sono cresciute, si sono affermate, hanno avuto voce in capitolo e in quel momento hanno rischiato di perdere tutto.
Ecco percheè,  insieme a ‘Ndrangheta e Cosa Nostra la partita l’hanno giocata in molti. Dagli uomini di Gladio alla massoneria di Gelli, dai settori dei servizi impiegati nelle operazioni Stay Behind a chi per anni ne ha dettato le priorità strategiche. Componenti diverse «che nel contatto con la mafia diventano alta mafia» ma tutte con lo stesso intento: un’opera di ristrutturazione del potere che lo mantenesse identico a se stesso. Le bombe, gli omicidi, il sangue e il terrore sono sempre stati un mezzo, non un fine. Per le mafie, uno strumento per non perdere quei riferimenti politici, istituzionali, imprenditoriali e di intelligence che hanno reso le mafie centro di potere e non semplicemente bande criminali.
Per questo, di concerto con quelle componenti che alla luce dei nuovi assetti nazionali e internazionali rischiavano di perdere potere, si è inaugurata una stagione di terrore che ha trovato quadra e conclusione nella nascita e affermazione di Forza Italia. Un dato storico, cronologico. Un fatto confermato dallo stesso Giuseppe Graviano, dalla sua fretta dell’epoca nel procedere con gli attentati, dalla sua rabbia di oggi nell’accusare il “socio” Silvio Berlusconi di averlo tradito. Ufficialmente negli affari. Per i giudici, nella nuova strutturazione del potere in Italia, da cui Graviano – arrestato due giorni dopo l’ufficiale “discesa in campo” di Berlusconi – sarebbe stato escluso.

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