giovedì,Aprile 25 2024

Le accuse al sindaco di Rosarno, Idà: voti in cambio di nomine e favori alla ‘Ndrangheta

Per l'accusa il sindaco avrebbe stretto un patto con la cosca Pisano, promettendo incarichi ed altre utilità come provvedimenti a carico di dipendenti comunali

Le accuse al sindaco di Rosarno, Idà: voti in cambio di nomine e favori alla ‘Ndrangheta

Voti in cambio di una nomina importante all’interno dell’amministrazione comunale. È questa l’accusa mossa nei confronti del sindaco di Rosarno, Giuseppe Idà, finito agli arresti domiciliari per il reato di scambio elettorale politico mafioso. Insieme a lui, agli arresti domiciliari, è finito anche il consigliere comunale Giuseppe Scriva.

Stando a quanto contenuto nel capo d’imputazione, infatti, a Idà viene contestato l’aver accettato quale candidato a sindaco, «la promessa di Pisano Francesco, Pisano Salvatore, Pisano Domenico e Iannace Giuseppe di procurargli voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416 bis c.p. in cambio di altre utilità, tra cui: l’assegnazione a Scriva Domenico – uomo di fiducia di Pisano Domenico – dell’assessorato ai lavori pubblici o, comunque, l’attribuzione al medesimo di altro incarico di prestigio; il mutamento della destinazione urbanistica dei terreni di Pisano Francesco, ubicati in prossimità dello svincolo autostradale; la riapertura del centro vaccinale a Rosarno con conseguente allocazione dello stesso in un immobile di pertinenza della cosca Pisano; l’adozione di provvedimenti nei confronti dei dipendenti comunali, quali la rimozione di Cannizzaro Domenico dall’incarico di economo e/o l’applicazione al medesimo di sanzioni disciplinari in caso di assenze ingiustificate; l’attribuzione della carica di vice sindaco a persona di loro fiducia; l’esecuzione di lavori pubblici di interesse per i componenti della consorteria. Nonché per aver richiesto a Pesce Carmine di procurargli voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416 bis c.p. in cambio di altre utilità non meglio potute accertare».

Il resto, secondo quanto contenuto nel capo d’imputazione, sarebbe stato commesso in data antecedente e prossima al 5 giugno 2016.

Sono 49 in totale le persone finite in manette, fra custodia in carcere e arresti domiciliari, nell’ambito dell’inchiesta “Faust”. Di queste, 30 sono finite in carcere e 19 agli arresti domiciliari.

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