venerdì,Marzo 29 2024

Rinascita-Scott: le deposizioni dei collaboratori Iannò e Costa

Al maxi processo in corso a Lamezia le guerre di mafia e le alleanze fra i diversi clan del reggino

Ha fatto registrare anche le deposizioni dei collaboratori di giustizia Giuseppe Costa e Paolo Iannò il processo Rinascita- Scott, in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. A riportarlo l’edizione online de “Il Vibonese” nel pezzo a firma di Giuseppe Baglivo.

La deposizione di Paolo Iannò

Faccio parte di famiglie di ‘ndrangheta sia da parte di padre che di padre. Sono stato affiliato all’età di 17 anni e ne ho fatto parte sino al 2002 raggiungendo il grado di Trequartino per volere degli Alvaro di Sinopoli, mentre la Santa mi è stata data da Pasquale Condello. Sono poi divenuto capo locale di Gallico, frazione di Reggio Calabria, dal dicembre 1988 al 2002 quando ho iniziato a collaborare con la giustizia. Appartengo alla famiglia dei Surace, mio nonno era un Surace e sin dal 1985 ho preso parte alla guerra di mafia schierato con il cartello Condello-Fontana- Imerti-Rosmini. Pasquale Condello ha fatto da compare d’anello a mia sorella e quindi io l’ho affiancato per tutta la guerra di mafia contro i De Stefano. I locali di ‘ndrnagheta in Calabria sono riconosciuti dal Crimine di Polsi. Ogni anno tutte le famiglia di ‘ndrangheta della Calabria e del mondo si riuniscono a Polsi dove viene formato un locale provvisorio composto da tre soggetti. A Limbadi c’era il locale di ‘ndrangheta dei Mancuso ed io ho conosciuto in carcere l’anziano Francesco, Diego, Giuseppe, Luigi e Pantaleone. Ho rivisto Luigi Mancuso anni dopo al 41 bis nel carcere di L’Aquila. I Mancuso sostenevano i De Stefano e Pasquale Condello parlando di loro e del controllo del territorio diceva che “Dove passano i Mancuso non cresce più l’erba”, intendendo dire che nel loro territorio gestivano tutto loro e ben poco spazio vi era per gli altri clan. Loro hanno esteso i loro interessi anche verso la Piana di Gioia Tauro alleandosi ai Piromalli ed ai Molè. A Vibo Valentia c’era pure un locale di ‘ndrangheta e lì operavano i Lo Bianco che invece appoggiavano i Condello. Sono stato a Vibo perché un ragazzo di Amantea amico di Francesco Marcianò era stato truffato da una persona di Vibo Valentia. Pasquale Condello mi mandò da Lo Bianco, che all’epoca aveva un negozio di condizionatori, tramite un certo Zoccoli che aveva una concessionaria di auto nel centro di Vibo. Lo Bianco mi riconobbe perchè eravamo stati in carcere insieme”.

La deposizione di Giuseppe Costa

Ex vertice, insieme al fratello Tommaso, dell’omonimo clan di Siderno, Giuseppe Costa collabora con la giustizia dal 2002 e sta scontando la pena dell’ergastolo. Inizialmente – ha dichiarato – facevo parte della cosca Commisso di Siderno sin quando nel 1987 non è stato ucciso mio fratello Luciano ed allora mi sono stacccato dai Commisso formando un autonomo gruppo. Sono entrato nella ‘ndrangheta nel 1974 venendo affiliato a Gioiosa Jonica dagli Ursino e dagli Scali. Ho raggiunto il grado di Trequartino. E’ stato Cataldo Marincola di Cirò a svelarmi che dopo il Trequartino esistevano altri gradi di ‘ndrangheta come “Padrino”, “Crimine” e “Mamma”. Con lui ho avuto una discussione in carcere e temendo interpretassero male alcune dichiarazioni di mio fratello Tommaso rilasciate in un processo e riportate sul giornale, ho iniziato a collaborare. Ho conosciuto anche Luigi Mancuso perché sono stato detenuto con lui nel carcere di L’Aquila”.

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