venerdì,Aprile 19 2024

‘Ndrangheta, non erano manifesti diffamatori. Assolto Klaus Davi

Il giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria Francesco Campagna ha disposto l'archiviazione per il giornalista

‘Ndrangheta, non erano manifesti diffamatori. Assolto Klaus Davi

«Andatevene da Reggio Calabria o meglio andatevene dall’Italia». I manifesti di Klaus Davi che mettevano nel mirino 10 presunti super boss della ‘Ndrangheta calabrese, affissi nel settembre del 2020 quando il giornalista era candidato sindaco a Reggio Calabria, non sono stati ritenuti diffamatori dal Giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, il dottor Francesco Campagna. Motivo per cui il giudice ha accolto la richiesta della Procura di archiviazione del procedimento.

A fare causa a Davi erano stati ben 4 esponenti della ‘Ndrangheta: Gioacchino Riedo, Franco Benestare, Michele Labate e Antonio Polimeni. Secondo le motivazioni contenute nell’Ordinanza, «In prima battuta deve osservarsi come il volantino faccia riferimento non ad attuali condotte dei nominati ma di come tali soggetti, gravati dai menzionati precedenti, siano risultati a seguito di un sondaggio non ‘più graditi dalla popolazione’ e per tale ragione gli si chiede di andare via da Reggio Calabria» e ancora «Non si offende la reputazione dei querelanti, tutti realmente gravati dai precedenti penali per associazione di tipo mafioso, ma si porta alla loro conoscenza l’esito di un sondaggio».

Inoltre il giudice ha fatto anche una considerazione sulla campagna elettorale: «Ne discende che anche l’allegata circostanza di un esito rieducativo delle pene espiate non avrebbe alcuna correlazione rispetto al contenuto del messaggio politico che il volantino tendeva a veicolare, ovvero il rifiuto legittimo da parte della parte politica rappresentata da Davi di avere qualsivoglia contatto con soggetti che sono o erano legati alla ‘Ndrangheta».

Ma le peripezie giudiziarie di Davi (difeso dall’avvocato Eugenio Minniti del foro di Locri) non sono finite. Nella giornata di venerdì 14 gennaio spetterà al giudice Marco Tremolada del Tribunale di Milano stabilire se Davi abbia offeso Nino e Carlo Zacco definendoli boss in una campagna pubblicitaria uscita nel 2017 e creata dalla sua agenzia di comunicazione in cui sui manifesti comparivano le iniziali dei nomi e il cognome di 9 capi della ‘Ndrangheta e di Cosa Nostra: sullo sfondo c’era il Duomo di Milano sormontato da una P38 e il claim “La ‘Ndrangheta chiama, Milano risponde”. Per quel procedimento la Procura di Milano ha chiesto l’assoluzione del giornalista sia in fase di indagini preliminari che durante il processo.

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