venerdì,Aprile 19 2024

Gotha, rigettate le richieste di sorveglianza speciale e sequestro beni per l’imprenditore Nucera

La decisione dei giudici della Corte d’Appello dopo l’assoluzione in secondo grado

Gotha, rigettate le richieste di sorveglianza speciale e sequestro beni per l’imprenditore Nucera

Nessuna sorveglianza speciale per l’imprenditore Carmelo Salvatore Nucera né sequestro e confisca dei beni, che tornano nella disponibilità degli aventi diritto. È questa la decisione della Corte d’Appello di Reggio Calabria che ha dato di fatto seguito a quella che era stata l’assoluzione di Nucera nell’ambito del troncone abbreviato del processo “Gotha”.

I giudici di piazza Castello, infatti, hanno rigettato la proposta del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria che aveva richiesto l’applicazione della misura personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nei confronti di Nucera ed ha anche disposto la restituzione del patrimonio aziendale della “Ditta individuale Nucera Maria Rita”; del patrimonio aziendale, quote societarie, capitale sociale della società di persone “Ritrovo Libertà”; nonché un deposito di risparmio nominativo postale.

I difensori di Nucera, gli avvocati Natale Polimeni e Mario Sant’Ambrogio, esprimono soddisfazione per la decisione dei giudici d’appello, dopo «il primo successo ottenuto con l’assoluzione di Carmelo Salvatore Nucera. Ma oggi – rimarcano gli avvocati– abbiamo ancora di più fugato ogni dubbio circa la vicenda che ha visto Nucera considerato colluso, ma siamo riusciti a dimostrare che invece è imprenditore vittima».

Le motivazioni di Gotha

Nucera, come si ricorderà, era stato tratto in arresto con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, nell’ambito del processo “Gotha”, con la sua posizione che riguardava in via precipua la nota vicenda del “Bar Malavenda”, attinto da due ordigni esplosivi ed oggetto degli interessi delle cosche che avrebbero imposto l’assunzione di dipendenti nell’ambito del controllo delle attività economiche del quartiere di Santa Caterina. In quel caso, nel giudizio d’Appello, i magistrati avevano dati i contorni di una figura di imprenditore vittima e non colluso.

Così scrivevano nelle motivazioni: «Nella vicenda dell’apertura dell’esercizio commerciale relativo all’ex bar Malavenda, peraltro unica contestata al Nucera, questi si è reso protagonista di un comportamento di certo deprecabile, perché è un soggetto che non esita a rivolgersi alla ‘ndrangheta per i suoi interessi, che, però, secondo quanto espresso dalla Suprema Corte, in casi analoghi e anche nella fase cautelare, non è sufficiente per integrare gli estremi del reato contestato, sia pure nella forma concorsuale». Nei confronti di Nucera, insomma, «non può quindi ritenersi raggiunta la prova al di là di ogni ragionevole dubbio» in ordine alla sussistenza, da parte dell’imprenditore, della «consapevolezza di favorire gli interessi criminali delle associazioni mafiose del territorio, quanto, piuttosto, di un fine predominante di tutelare i suoi interessi e di coronare il suo “sogno”, peraltro riportato dal primo giudice».

Il giudizio d’Appello

Ebbene, come si può evincere dalla motivazione sopra riportata, i giudici ritengono che anche nel giudizio deciso pochi giorni addietro «non sono emersi ulteriori elementi indiziari diversi da quelli vagliati in sede cautelare dalla Suprema Corte». In particolare, secondo i giudici il compendio probatorio non ha consentito di superare le questioni sollevate concernenti l’integrazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Ed in particolare: la connotazione di Nucera quale imprenditore colluso con la ‘Ndrangheta e non anche, invece, soggetto «soggiacente al dictum di tale sodalizio»; alla «non ricorrenza di un rapporto sinallagmatico tra le organizzazioni mafiose e Nucera in una posizione di parità», in quanto non emerge l’illecita finalità di agevolare le organizzazioni mafiose operanti né di lucrare profitti illeciti dall’esercizio dell’attività commerciale. Va aggiunto poi anche il dato che la protezione, pure richiesta alla ‘ndrangheta, «non era finalizzata ad assumere una posizione di monopolio nel contesto imprenditoriale dell’attività, ma a poter esercitare l’attività senza dover subire gli atti intimidatori in precedenza registratisi nei confronti del bar ex Malavenda».

Insomma, per i giudici d’Appello, «non può che prendersi atto che il giudizio assolutorio, seppure non pieno, e non definitivo, si riverbera sul giudizio che deve essere espresso in questa sede, in ordine alla ricorrenza o meno della pericolosità sociale qualificata». La conseguenza che ne deriva, dunque, è l’accoglimento dell’appello dei legali di Nucera sul punto relativo al difetto di pericolosità sociale dello stesso. Motivi alla base del rigetto della proposta di sorveglianza speciale e di sequestro e confisca dei beni dell’imprenditore.

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