venerdì,Aprile 19 2024

Messina Denaro, nel primo covo scoperto un poster de “Il padrino”

Continuano le indagini dopo la cattura del superlatitante con la scoperta, ieri, di un nuovo rifugio. Dubbi sulla possibilità che possa essere stato “ripulito”

Messina Denaro, nel primo covo scoperto un poster de “Il padrino”

È al primo piano di una palazzina gialla, a Campobello di Mazara, piccolo centro del trapanese, che la polizia ha scoperto il terzo rifugio del boss Matteo Messina Denaro, finito in manette lunedì scorso, dopo 30 anni di latitanza.

Il covo si trova a poche centinaia di metri dall’abitazione di vicolo San Vito individuata qualche ora dopo il blitz alla clinica in cui è stata messa fine alla latitanza di Messina Denaro, e nella quale sono stati rinvenuti documenti con delle sigle, e non distante dal bunker trovato ieri dalla Guardia di Finanza.

La casa, in via San Giovanni, sarebbe stata occupata fino a giugno scorso, ed oggi sarebbe in vendita. All’immobile, perquisito dagli inquirenti, si è arrivati seguendo un trasloco. Sono altresì in corso indagini per accertare se nell’appartamento siano state ricavate stanze segrete come quella scoperta ieri dalle Fiamme Gialle.

Un bunker blindato nascosto da un armadio pieno di vestiti, al quale si accede da un fondo scorrevole. A dare la chiave di quel che ha definito un ripostiglio – a quanto pare pieno di scatoloni, alcuni gioielli, pietre preziose e argenteria – è stato il proprietario della casa nella quale il rifugio era stato ricavato: Errico Risalvato, fratello di un fedelissimo del boss condannato per mafia e a lungo indagato.

La Procura, guidata da Maurizio de Lucia, dovrà ora esaminare tutto il materiale recuperato dopo l’arresto, anche se al momento non ci sarebbe traccia di un libro mastro. Tra gli oggetti è stato anche trovato, in quello che era l’appartamento del boss, un poster con il volto de “Il padrino”, quello interpretato nell’omonimo film in cui il protagonista, Marlon Brando, recita il personaggio di don Vito Corleone.

Sull’eventualità che qualcuno possa essere entrato nei covi di Messina Denaro per “ripulirli” subito dopo il suo arresto e prima dell’arrivo degli investigatori, il comandante del Ros, Pasquale Angelosanto, ha spiegato: «Non siamo in grado di dire se qualcuno sia andato prima. Mi auguro che se ci sia stato qualcuno abbia lasciato qualche traccia. E’ un’ipotesi – riporta l’Ansa – ma allo stato non siamo in grado di confermarla».

Il Gip di Palermo ha intanto convalidato l’arresto in flagranza di Giovanni Luppino, l’uomo finito in manette col boss che era alla guida della macchina con la quale Messina Denaro ha raggiunto la clinica Maddalena, dove era in cura.

«Nessun elemento può allo stato consentire di ritenere che una figura che è letteralmente riuscita a trascorrere indisturbata circa 30 anni di latitanza, si sia attorniata di figure inconsapevoli dei compiti svolti e dei connessi rischi, ed anzi, l’incredibile durata di questa latitanza milita in senso decisamente opposto, conducendo a ritenere che proprio l’estrema fiducia e il legame saldato con le figure dei suoi stessi fiancheggiatori abbia in qualche modo contribuito alla procrastinazione del tempo della sua cattura che, altrimenti, sarebbe potuta effettivamente intervenire anche in tempi più risalenti», ha scritto il pm Piero Padova nella richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata a carico di Luppino e sulla quale il gip non si è ancora pronunciato. Per la Procura il padrino di Castelvetrano – si legge nella richiesta – «sarebbe custode di segreti di alcune delle più cupe pagine della storia repubblicana».

«Non sapevo che fosse Matteo Messina Denaro, solo un pazzo avrebbe potuto accompagnarlo sapendo che si trattava del boss», si è difeso Luppino davanti al gip. Il commerciante di olive, indagato per favoreggiamento, ha sostenuto che il capomafia gli era stato presentato come cognato di Andrea Bonafede, col nome di Francesco, e di averlo accompagnato perché doveva sottoporsi alla chemioterapia. E’ stata posta infine sotto sequestro la casa di proprietà della mamma di Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l’identità al capomafia e che ha acquistato con i soldi del boss l’appartamento di vicolo San Vito, occupato dall’ex latitante negli ultimi mesi.

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