venerdì,Marzo 29 2024

Operazione “Hybris”, faida tra clan per il predominio sulla Piana di Gioia Tauro

Sangue, famiglie in opposizione e unioni scomode. Così gli indagati hanno raccontato un periodo sanguinario di spartizione del territorio

Operazione “Hybris”, faida tra clan per il predominio sulla Piana di Gioia Tauro

È una storia che affonda le sue radici negli anni passati quella raccontata nelle carte dell’inchiesta “Hybris” che ieri ha disarticolato le cosche della piana Piromalli e Molè.

Un passato fatto di sangue e faide per ottenere il predominio sul territorio. Un egemonia che è ha schiacciato negli anni ogni realtà sana. Un’attività tentacolare che ha soffocato l’economia dei paesi della piana.

La faida di Gioia Tauro

Una vicenda del passato ripercorsa dagli indagati è stata la cruenta guerra di ‘ndrangheta tra le note famiglie Brandimarte-Priolo che, negli anni 2011-2012, aveva insanguinato le strade di Gioia Tauro.

Nelle carte si legge come «a commentare questa faida, il 15 gennaio 2021, presso il frantoio del Ferraro di Drosi, erano Giuseppe Ferraro e Antonino Stillitano, nel corso di una lunga conversazione captata e ricostruita correttamente dal P.M. 

L’intercettazione

Ferraro Giuseppe introduceva l’argomento chiedendo al suo interlocutore notizie di Vincenzo Perri (condannato per l’omicidio di Priolo Vincenzo, ucciso durante la faida) (“Ma quel ragazzo, Enzo Perri…… che fine ha fatto?”); Stillitano confermava lo stato detentivo del Perri (“Qua al carcere è.”).

Stillitano ascriveva anche l’assassinio di Priolo Giuseppe – detto Pepè- al contrasto tra i Priolo ed i Brandimarte («E no, no. Però vedi, mi dispiace pure di questo fatto qua, per la leggerezza e per la prepotenza e per la cazzoneria Pino. Ci hanno rimesso le penne, un casino in questo Gioia (Gioia Tauro, ndr), una faida nella quale sono morte persone da cazzoni ed è morto pure «Pepé» da cazzone devo dire, perché si è vero…»… «Per la Paura e Pepé è morto per la paura….» «Vedi… è stato troppo leggero, ha sottovalutato però guarda Pino, parliamoci chiaro, scusa che ne permetto di dire una parola».)

I fatti

Stillitano, per conoscenza diretta, riferiva di poter affermare che l’omicidio di Priolo Giuseppe era strettamente collegato a quello del nipote, Priolo Vincenzo, quest’ultimo reo di aver assunto un comportamento troppo spavaldo negli ambienti ndranghetisti.

Assumeva, dunque, che Priolo Giuseppe avesse pagato con la vita la colpa di non essere riuscito a contenere la boria del nipote («Pepé è morto per suo nipote perché ci sono momenti in cui che è stato che quello purtroppo l’ha salato, l’ha macinato. Devo dire le cose come sono, non ne ha potuto più e gli altri che erano dietro di lui menavano pure, i colpi bruciano e quando sono stati chiamati, con persone nel mezzo, diecimila volte, ma finiscila, non lo toccare, smettila, la devi finire, e non “cacano” (considerano, ndr), perdonami, che non cacano più a nessuno perché era cognato di Mommino, si “sentiva” una cosa e l’altra e non calcoli più a nessuno)».

In altri termini, si attribuiva la responsabilità morale dell’omicidio di Priolo Giuseppe alla spavalderia del nipote Vincenzo, il quale si sentiva invincibile attesa la parentela con Piromalli Girolamo detto Mommino, di cui era cognato perché quest’ultimo ne aveva sposato la sorella Priolo Maria Rita.

Stillitano, si legge nella ricostruzione degli inquirenti, sosteneva che erano molteplici le ragioni che avevano condotto all’uccisione di Priolo Giuseppe. E tra queste annoverava la parentela con Copelli Salvatore «(di cui era cognato, per averne sposato la sorella Copelli Soccorsa) («Statti zitto. Perché era cognato di “Ture” (Salvatore, ndr), amico di tutti, nipote di chi? E se per stare zitti perché non ne potevano più un motivo c’è, perché purtroppo Gianni pure ha le sue colpe»).

Aggiungeva che Giovanni Priolo, padre di Vincenzo e fratello di Giuseppe, non si era mai ripreso per i lutti subiti («E’ mortificato purtroppo, sai? Ora “si squetau” (si è tranquillizzato, ndr) perché si squetau… Almeno poi domani non lo so ma almeno come so io si sono “squetate” (alleggerite, ndr) le situazioni, capisci? Le situazioni e… ma io lo vedo, ogni tanto lo vedo».

I racconti

Parole e racconti che delineano controversie familiari. Parentele e fili conduttori che hanno portato i due a fare un’analisi compiuta sulla vicenda mafiosa che aveva visto protagonista la famiglia Brandimarte, che dopo essere stata in auge criminalmente, aveva perso potere mafioso a seguito della detenzione di Brandimarte Alfonso, il quale si era legato con ndranghetisti di Cinquefrondi ( «Eh, però Alfonso era pompato dai cinquefrondesi, Antonio, hai capito?»).

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