Caso scomparsa Iaria, il racconto della donna rapita: «Volevo solo aiutare una donna in difficoltà poi il buio»
È un racconto frammentato quello della presidente del centro antiviolenza che ricorda che «sentivo due uomini litigare ma ero al buio e senza occhiali»
«Volevo solo aiutare una donna un bimbo in difficoltà. Non potevo immaginare perché io lo faccio sempre di aiutare». Così la responsabile del Centro antiviolenza “Margherita” Tiziana Iaria ha raccontato i dettagli del suo rapimento, sul quale sta indagando la Squadra mobile di Reggio Calabria. La donna ha raccontato ai giornalisti quanto accaduto nella sede del Centro e della società “Azienda Italia” insieme all’avvocata Denise Serena Albano.
Il ricordo
«Sono uscita dall’ufficio alle 9.00 perché dovevo portare dei documenti all’avvocato. Arrivata più o meno qui sotto, dove c’è la colonnina elettrica per ricaricare le macchine, una signora giovane con in braccio un bambino, che ricordo benissimo aveva gli occhi azzurri, mi ha chiesto cortesemente se potessi aiutarla a mettere il bambino sul sedile dell’auto. È una cosa normale per me aiutare le persone. Ho preso il bambino e sono entrata in macchina dalla parte posteriore e la signora è entrata dall’altra parte. Siamo entrate tutte e due in macchina perché questo bambino era veramente movimentato e poi non mi ricordo niente. Questo è quello che è successo quel giorno».
I dettagli
È un racconto fatto di dolore e rammarico quello della dottoressa Iaria. I dettagli ci sono. Tutti riportati alla polizia che sta indagando sul sequestro lampo, avvenuto lo scorso 21 marzo. La Iaria ha raccontato di aver sentito un odore di ammoniaca quando si è avvicinata al bambino: «Nella macchina l’odore era molto più forte. La donna era giovane, magra e aveva dei capelli neri, non lunghi. Ma non so altro non ricordo magari era disinfettante. Poi il buio e non avendo gli occhiali non vedevo bene».
Al rapimento avrebbero partecipato anche due uomini che l’hanno chiusa in una stanza senza finestre per poi liberarla il giorno seguente, accompagnandola a bordo di un pullmino fino a sotto casa. «La mattina mi hanno fatto uscire con i miei piedi, non mi hanno legata, non mi hanno imbavagliata, non mi hanno fatto del male e non hanno parlato con me. Non ero bendata ma senza occhiali non vedevo bene. Gli occhiali con altre carte e un anello li hanno fatti ritrovare nella cassetta della posta».
I rapitori
Stando al racconto, le uniche parole che i rapitori le hanno rivolto sarebbero state: «Sali, scendi, stai zitta e abbassa la testa. La voce che dava gli ordini – ha detto Iaria – era quella di un uomo. Erano due uomini. Io non li ho mai visti perché erano messi sempre di spalle. L’unico che ho intravisto, so che aveva una barba, una barba molto sottile. Ribellarmi? Non sono pazza di mettermi a gridare. Perché, se non mi hanno legata, non mi hanno fatto niente, mi metto a gridare? Li ho sentiti litigare tra di loro e non ho sentito dialetti particolari sicuramente non della parte ionica».
Le indagini
Tutte domande che le hanno rivolto gli investigatori che stanno cercando di fare luce sui fatti: «Mi hanno interrogato per 7 lunghe ore. Mi hanno fatto 50mila domande e mi hanno detto di non dire niente. Ho chiesto il perché di tutte queste domande. Mi hanno risposto che anche se a me sembrano cose stupide, hanno una valenza».
Alla dottoressa abbiamo chiesto se fosse stato l’intento quella di spaventarla e frenarla nella sua attività. E in merito la donna non ha dubbi. «Ho ricevuto minacce di morte quindi non lo escludo. Ma io non voglio avere paura perché aiutare mi fa stare bene. Quindi non ho intenzione di smettere».
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