Inchiesta “Ducale”, Falcomatà resta saldo sulla sua poltrona: «Presupposti indiziari insufficienti»
Continuano a rincorrersi le richieste di dimissioni, ma per il primo cittadino contano le conclusioni del Gip contenute nelle carte dell'ordinanza
Nelle ultime settimane, il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, e la sua maggioranza, sono stati oggetto di intense pressioni per rassegnare le dimissioni. Queste richieste provengono principalmente dall’opposizione ed in seguito alle accuse, mosse dai Pm, all’interno dell’inchiesta Ducale che, il giorno dopo delle elezioni Europee, è piombata dirompente su Palazzo San Giorgio.
Il contesto investigativo ha gettato ombre sulle scorse elezioni amministrative di Reggio Calabria, chiamando in causa lo stesso Falcomatà che, però, ad oggi, non risulta colpito da alcuna misura cautelare. Il Gip, infatti, nelle sue osservazioni, non considera sufficienti le prove atte a sostenere una connivenza con gli ambienti criminali da parte del primo cittadino.
Elementi non sufficienti
Per il Gip, nelle recenti accuse mosse contro il sindaco Falcomatà, emerge come il quadro investigativo «non fornisca elementi sufficienti per sostenere che la cosca Araniti, per il tramite di Daniel Barillà, miri a infiltrare propri rappresentanti nelle istituzioni locali per piegarle alle esigenze dell’organizzazione mafiosa».
Il Gip, analizzando le accuse, ha escluso la presenza di un piano sistematico della cosca Araniti per infiltrarsi nel mondo politico attraverso Barillà. In particolare, l’ordinanza del Gip evidenzia che «non si può sostenere che l’obiettivo della cosca per il tramite del Barillà sia quello di infiltrarsi nel mondo politico e istituzionale per asservire le relative istituzioni alle esigenze della medesima cosca». Affermazione che chiarisce, quindi, come non vi sia «un quadro indiziario grave tale da poter far ritenere che tale infiltrazione, con il Barillà, sia servente rispetto agli interessi dell’organizzazione».
Barillà agiva per interessi personali
L’indagine ha ulteriormente rilevato che «Barillà ha sempre agito per interessi personali e non per conto della cosca». Le intercettazioni e le prove raccolte dimostrano che «nulla porta a ritenere che il mondo politico sappia che dietro l’attività del Barilla, sebbene supportato, coperto, personalmente dal suocero, si celino non gli interessi personali dello stesso Barilla ma quelli riconducibili alla associazione, cosca, famiglia di `ndrangheta o anche detti interessi». Per il Gip, quindi, «il quadro indiziario è insufficiente ed anzi contraddittorio» venendo a mancare l’evidenza che Barillà sia stato un intermediario tra la ‘ndrangheta e i politici.
Mancanza di un patto politico-mafioso
Il GIP ha inoltre sottolineato come manchi «la prova che egli sia considerato, nel mondo politico, un intraneo alla famiglia, un intermediario di mafia, e che si muova per le esigenze della stessa famiglia» e che «non si può quindi sostenere che dietro le scelte del Barillà relative alla individuazione dei candidati da appoggiare vi sia Domenico Araniti e quindi la famiglia di ‘ndrangheta».
Ad aggiungere ulteriore peso alla difesa del sindaco Falcomatà, confermando l’assenza di un legame mafioso nelle sue attività politiche, vi sono tra l’altro le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Chindemi. E’ stato ritenuto difatti «non riscontrabile anche indirettamente» il fatto che il ruolo di Barillà fosse quello di «agire su mandato del suocero e per gli interessi della famiglia di mafia».
Presupposti indiziari «insufficienti e contraddittori»
Alla luce delle osservazioni del Gip, quindi, appare evidente come «le accuse contro Giuseppe Falcomatà manchino di solidità e concretezza». Il sindaco di Reggio Calabria non solo non risulta coinvolto in dinamiche mafiose, ma l’intero impianto accusatorio nei suoi confronti «si basa – come detto – su presupposti indiziari insufficienti e contraddittori». Non è infatti dimostrato che «Barillà sia un rappresentante della cosca nel mondo politico, che sia un mediatore, ne consegue anche come non sia possibile affermare che i politici che con il Barillà stringono alleanze elettorali, sanno di allacciare rapporti direttamente con l’organizzazione e quindi con il boss di Sambatello».
Le richieste di dimissioni del Sindaco e della maggioranza in seno al Consiglio Comunale, quindi, alla luce di quanto emerge dall’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, sono da inquadrare come una “battaglia politica” per la riconquista dello scranno più alto di Palazzo San Giorgio. Lontano dai riflettori e dai clamori dei social media e della stampa, intasata in queste settimane da centinaia di dichiarazioni e comunicati stampa, esiste una parte significativa della comunità che continua a credere fermamente nell’integrità morale del sindaco Giuseppe Falcomatà.