Gallico, Omicidio Catalano: La Cassazione annulla il mandato di cattura a carico di Corso
L’indagato era stato colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere. Rinviati gli atti al tribunale reggino per un nuovo giudizio

La Suprema Corte di Cassazione, 1^ sezione penale, in accoglimento del ricorso presentato dagli avv.ti Mario Santambrogio e Stefano Priolo, ha annullato, con rinvio, l’ordinanza con la quale il Tribunale della libertà di Reggio Calabria aveva confermato il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal Gip distrettuale di RC nei confronti di Corso Mariano Domenico, cl. 1987, da Gallico.
L’indagato Corso Mariano, detto Mario, era stato colpito da occ in carcere in data 2 febbraio 2024 per essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio di Catalano Francesco, alias “Cicciu u bombularu”, consumatosi il 14 febbraio 2019, alle ore 19:58 circa, nei pressi del condominio “Il Glicine” (Arghillà), luogo in cui risiedeva la vittima.
Secondo l’accusa, il movente dell’omicidio doveva rinvenirsi nella circostanza che, a seguito dell’arresto di Crupi Antonino, ritenuto dagli inquirenti fino a quel momento il “reggente” della cosca mafiosa egemone nella frazione di Gallico (RC), si sarebbe venuta a creare una netta spaccatura all’interno del gruppo ed una contrapposizione tra il Corso e il Catalano per chi dovesse ereditarne la leadership lasciata vacante.
In questo clima di conflittualità, Corso Mariano Domenico avrebbe deciso, in accordo e con il supporto della cosca di Archi dei “Destefano”, rappresentata in quel momento storico da Gino Molinetti, di procedere all’eliminazione del suo contendente, uccidendolo personalmente con il concorso del cittadino di origine rumena, Zlatan Costel.
A sostegno del giudizio di gravità indiziaria espresso a carico dell’indagato, l’accusa poneva una serie di intercettazioni ambientali inter alios, il risultato dell’attività tecnica compiuta dagli inquirenti sui movimenti di Corso Mariano e di soggetti ritenuti a lui vicini durante la giornata dell’omicidio (immagini estrapolate dalle telecamere poste sulle vie pubbliche nonché le celle di aggancio dei telefoni cellulari), nonché, infine, il “falso” alibi che tale Gangemi Antonino, sentito dagli inquirenti a s.i.t., avrebbe fornito al Corso Mariano dichiarando che, nell’orario in cui si è consumato il delitto, si trovasse con lui per averlo accompagnato a casa.
In sede di discussione dinanzi alla Corte Suprema, gli avv.ti Santambrogio e Priolo hanno rappresentato come le accuse rivolte nei confronti del loro assistito si fondassero su congetture ed ipotesi investigative prive dello spessore indiziario necessario per ritenere altamente probabile la riconducibilità dell’omicidio in capo al loro assistito.
Quanto, invece, al contenuto dei colloqui ambientali, che avevano visto come protagonista principale la cittadina rumena Petre Olimpia Mihaela, i difensori del Corso ne hanno contestato la valenza indiziante, evidenziando che si trattasse essenzialmente d’intercettazioni dove la dialogante esprimeva dei convincimenti personali in ordine al fatto che Corso mariano fosse stato l’esecutore materiale dell’omicidio.
La Suprema Corte, condividendo le osservazioni difensioni, ha annullato l’ordinanza di cattura rinviando gli atti al tribunale di RC per un nuovo giudizio.
- Tags
- reggio calabria