Reggio, veleni e amianto: le minacce per l’ambiente e la salute e le verità negate – VIDEO
L’incontro, promosso dal sindacato OrSa e dall’associazione ambientalista Ami, è stato scandito dalle testimonianze di Antonino Pulitanò, quadro apicale delle Ferrovie in pensione, e del maresciallo dei carabinieri in pensione, Nicolò Moschitta, che lavorò con il compianto capitano Natale De Grazia

La salvaguardia dell’Ambiente e la tutela della salute legate a doppio filo. Occorre ancora ricordarlo e declinare questo principio anche in termini di sicurezza sul luogo di lavoro. Questo l’obiettivo dell’iniziativa dell’organizzazione sindacale OrSA Ferrovie e l’associazione Ami Ambiente Mare Italia, svoltasi presso l’auditorium Don Orione di Sant’Antonio a Reggio Calabria. Presente il presidente del consiglio Comunale di Reggio Calabria, Vincenzo Marra, l’avvio dei lavori.
«La nostra è un’associazione accreditata che si pregia di collaborare con la Giardia Costiera, con la quale ho sottoscritto un protocollo, e con il Ministero che patrocina, per esempio, i corsi di educazione ambientale che ogni anno promuoviamo nelle scuole di ordine e grado nel reggino. Crediamo sia importante collaborare con le più svariate realtà del territorio. In questa occasione siamo al fianco di un’organizzazione sindacale, la Orsa ferrovie Calabria, per trattare temi molto delicati come il traffico di rifiuti tossici e l’amianto». Così Francesca Rogolino, delegata Ambiente Mare Italia Reggio Calabria in apertura dell’incontro moderato dal giornalista di radio Antenna Febea, Tonino Massara.
«Le navi dei veleni e l’amianto sono due problematiche che investono l’ambiente. Negli anni passati l’uso di amianto era molto diffuso nel settore ferroviario e oggi se ne vedono le tragiche conseguenze. Temi essenziali che ne richiamano altri come quello della sicurezza sul luogo di lavoro, nostra precisa prerogativa, della necessità di investire per garantirla». Così Antonino Amaddeo segretario regionale aggiunto Orsa Ferrovie Calabria.
«Riorganizzarsi tempestivamente per dare risposte adeguate e così fronteggiare anche le sfide ambientali: anche in questo consiste l’era di transizione ecologica che stiamo attraversando. L’ambiente ha dei limiti che si stanno manifestando perché sono stati già raggiunti. Dunque occorre tenere conto di questo e agire in quanto cittadini e in quanto istituzioni in modo responsabile. L’ottica deve essere quella della dimensione intergenerazionale che ormai l’Ambiente possiede». Così ha spiegato la ricercatrice di Urbanistica dell’università Mediterranea, Celestina Fazia.
La testimonianza: l’amianto che toglie la vita
«La mia storia è lunga e travagliata. Dopo oltre trentacinque anni di servizio nelle Ferrovie – ha raccontato Antonino Pulitanò, ex quadro delle Ferrovie in quiescenza – sono stato licenziato per avere denunciato nel 2015 la presenza di amianto nei capannoni di via Mercalli. Amianto che fa ammalare le persone fino a causarne la morte. Mio fratello Saverio è andato incontro a questo tragico destino.
Dopo le mie denunce, circa 50 tonnellate di amianto sono state rimosse ma nessuna bonifica è stata ancora eseguita. Ancora più grave è la presenza di carrozze e locomotori fermi, alle spalle dello stadio comunale Granillo, nel parco merci di Calamizzi. Lì tutto è abbandonato e c’è ancora l’amianto. Incomprensibile risulta la ragione per la quale ancora Trenitalia, il ministero dei Trasporti e chi di competenza non siano intervenuti in osservanza della legge 257 del 92 e della legge 81 del 2008.
Io ho denunciato più volte anche tramite i media questa situazione e ho pagato per questo. Unitamente ai vari procedimenti disciplinari e tanti gradi di giudizio, ho dovuto anche rispondere dell’accusa di procurato allarme. Sono risultato sempre innocente. Sono stato per anni senza stipendio, senza pensione e ho dovuto fare i viaggi della speranza a Roma con i miei avvocati.
Ho subito 16 gradi di giudizio e sono stato sempre assolto con formula piena. Ancora oggi, tuttavia, la mia vicenda non è conclusa. Stiamo ancora definendo la parte economica e contributiva, perché sono andato in pensione. Rifarei tutto quello che ho fatto perché denunciare quello che stava accadendo era il mio dovere, anche in qualità di rappresentante del lavoratore per la sicurezza oltre che di titolare dell’impianto manovra e manutenzione delle Ferrovie. Non posso, però, nascondere di avere pagato un caro prezzo». Questa l’accorata testimonianza di Antonino Pulitanò, ex quadro delle Ferrovie in quiescenza e già rappresentante sindacale Orsa.
La testimonianza: i veleni, le informative ignorate e le indagini carenti
«L’ambiente e il traffico dei rifiuti radioattivi sono temi cruciali per i nostri territori e per tutta l’umanità perché è messa a rischio l’incolumità di ognuno di noi. Basta attenzionare l’aumento dei tumori a livello mondiale. Io sono stato testimone di informative aventi ad oggetto indagini su rifiuti radioattivi a terra e poi anche in navi inabissate.
Le ho firmate avendo seguito in prima persona le attività investigative. E mi trovo a denunciare un generale menefreghismo, una inspiegabile e gravissima sottovalutazione da parte delle istituzioni e delle procure. Ho dovuto mio malgrado constatare che anche dopo l’invio di informative dal contenuto assai grave, noi non venivano convocati per essere sentiti. Un’indagine immane e un pool di sole quattro persone. Tutto quanto sto denunciando è agli atti.». Ha iniziato così il suo racconto il maresciallo dei carabinieri in pensione Nicolò Moschitta.
«Ritengo che convegni come questo siano occasioni preziose di confronto e condivisione di esperienze, compresa la mia al fianco del compianto collega Natale De Grazia, investigatore di grande preparazione e competenza. Ero con lui quando smise di respirare. Una morte che avrebbe meritato indagini approfondite che dessero alla famiglia risposte chiare su quanto accaduto quella sera.
Dopo cena ci eravamo rimessi in viaggio verso La Spezia per acquisire dei documenti relativi alle indagini sull’affondamento al largo di Capo Spartivento della Rigel. C’era con noi il carabiniere Rosario Francaviglia. Natale durante il tragitto fu colto da un malore fatale. Un infarto aveva certificato il medico legale di Nocera inferiore. E questo fu accertato da una prima autopsia che faticosamente la procura di Reggio Calabria aveva sollecitato e ottenuto. Tutto, però, avrebbe dovuto essere approfondito per rispetto al valente collega morto nell’espletamento del suo dovere nell’ambito di indagini delicatissime e per rispetto alla sua famiglia.
Piuttosto che fare indagini e fare luce, si è preferito relegare frettolosamente la vicenda a mistero d’Italia. Indagini serie e puntuali avrebbero potuto fare chiarezza su quanto avvenuto e così confermare la morte naturale oppure no. Essendo stato presente quella sera con lui, ritengo che sia morto per cause naturali. Solo indagini approfondite avrebbero potuto confermare ciò oppure smentire e affermare una verità di segno diverso. Non mi spiego perché non siano mai state condotte. Qualunque fosse stata, solo quella sarebbe stata una verità accertata che invece soprattutto ai familiari è stata negata. Sulla scorta di quanto finora raccontato, in questa complessa e intricata vicenda non è stata l’unica verità a non emergere. Gli interrogativi restano tanti e aperti, mentre il caso De Grazia non è stato mai riaperto», ha concluso il maresciallo dei carabinieri in pensione Nicolò Moschitta.
L’incontro si è concluso con la consegna di targhe ricordo ai relatori e «con l’impegno a un secondo appuntamento, visti il tema trattati e la portata delle testimonianze», ha annunciato Vincenzo Rogolino segretario Orsa Calabria.
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