Maysoon innocente, l’avvocato Liberati: «Dopo trecentodue giorni in carcere, un collegio rigoroso la assolve con formula piena» – VIDEO
A Reggio il difensore dell’attivista curdo - iraniana ieri assolta dal tribunale di Crotone dove è stata imputata con l’accusa di essere una scafista commenta la sentenza e il processo: «Un collegio rigoroso che alla fine ha ristabilito la verità»

«Un collegio equilibrato e rigoroso che per tre volte aveva respinto la mia istanza di modifica della misura cautelare per passare dalla reclusione in carcere agli arresti domiciliari. Un collegio rigoroso che dopo le testimonianze del capitano e dei migranti che avevano viaggiato con lei, dopo le precisazioni tecniche dell’ingegnere Colosimo circa l’accensione del telefono, si è pronunciato con l’assoluzione con formula piena. Lo ha fatto richiamando il comma 1 dell’articolo 530 del codice di procedura penale e non il comma 2 relativo all’assoluzione per insufficienza di prove». Giancarlo Liberati, difensore di Maysoon Majidi, l’attivista curdo – iraniana ieri assolta dal tribunale di Crotone dove è stata imputata con l’accusa di essere una scafista, commenta così la sentenza e il processo.
«Assoluzione piena, dunque, quella che io avevo chiesto senza se, senza ma e anche senza richieste in subordine. Sono sempre stato convinto dell’innocenza di Maysoon, adesso emersa anche a livello processuale. Una verità ristabilita nonostante la lunga requisitoria del pubblico ministero arrivata addirittura ad imputare a Maysoon un ruolo di hostess come se, in questi viaggi estremamente pericolosi, durante il tragitto fossero previsti dei confort.
Non è mai scontata una sentenza ma c’erano tutti i presupposti perché questa fosse di assoluzione piena e così è stato. Nella mia arringa difensiva ho fatto rilevare tutte le incongruenze dell’impianto accusatorio, già emerse in occasione dell’udienza dello scorso 22 ottobre, data del rilascio di Maysoon, presente in aula con la sua serietà e la sua volontà di porre fine a questa bruttissima pagina della sua vita», queste le parole del difensore.
Ingiusta detenzione
Si attendono adesso le motivazioni. Potrebbe esserci anche un processo di secondo grado qualora il pubblico ministero dovesse decidere di proporre appello intanto resta il fatto che Maysoon ha scontato ingiustamente oltre dieci mesi di carcere.
«Per Maysoon sono stati 302 i giorni di carcere che avrebbero potuto essere evitati. Già a febbraio avevo chiesto che fosse ascoltata e che modificassero la misura cautelare. Solo il 17 maggio Maysoon è stata interrogata per nove ore senza che però le fossero accordati i domiciliari. Abbiamo reiterato la richiesta ma nulla fino allo scorso 22 ottobre quando, dopo le testimonianze a suo favore, è stato disposto il rilascio. Ho già presentato un’istanza per indennizzo per ingiusta detenzione per un giovane egiziano in carcere per 33 mesi e lo scorso anno per un siriano che lo è stato per 17 mesi. Per Maysoon faremo la stessa cosa. A suo carico non è ravvisabile alcuna colpa e abbiamo messo in campo tutte le azioni atte a richiedere una modifica della misura, sempre rigettate», spiega ancora l’avvocato Liberati.
La richiesta di Asilo politico
Intanto si continua a lavorare per il riconoscimento dello status di rifugiata politica. Con lei ha chiesto asilo anche il fratello Razhan.
«Maysoon è già stata sentita dalla Commissione. Il suo rappresenta una sorta di caso scuola. Fuggita con suo fratello da un regime che la perseguitava. Teme sempre per l’incolumità della sua famiglia, continuamente interpellata e vessata dalla polizia morale per le esternazioni sue e di quanti si oppongono al regime. Esternazioni ovviamente poco gradite al governo iraniano. Maysoon porta ancora i segni di una detenzione di 40 giorni nello stesso carcere dove è stata detenuta la giornalista Cecilia Sala. Lei e il fratello Razhan -sottolinea l’avvocato Liberati – costituiscono un nucleo familiare e anche lui è adesso richiedente asilo, essendo fuggito con lei per gli stessi motivi».
Decreto Cutro
La sentenza di assoluzione di Maysoon segue di pochi giorni un altro importante epilogo processuale. Nel 2023 a bordo di un motopeschereccio, 506 migranti di varia nazionalità pakistana, siriana, bengalese ed egiziana sono stati soccorsi e condotti nel porto di Roccella Jonica. Approdò senza vita il poco più ventenne pakistano, Ashfaq Husnain. Il processo, in applicazione dell’allora appena emanato decreto Cutro, convertito nella legge n. 50/2023, si è concluso qualche giorno fa dopo essere stato celebrato dinanzi alla corte d’assise di Locri.
Il decreto adottato all’indomani dello strazio del naufragio di Cutro ha inasprito le pene per chi favoreggia l’immigrazione clandestina, prevedendo il nuovo reato di morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina. L’avvocato Giancarlo Liberati è stato tra i difensori dei migranti imputati, spiega:
«Si tratta di una sentenza storica, trattandosi del primo processo in cui è stato richiamato l’articolo 12 bis introdotto dal decreto Cutro. Una sentenza storica non solo per le cinque assoluzioni su sette ma anche per la derubricazione del reato contestato che dal 12 bis, con pena inasprita a 20 anni di reclusione che possono arrivare anche a 30, è stato ridimensionato e riportato nell’alveo dell’articolo 12. I due migranti ritenuti colpevoli sono stati condannati a 5 anni e 8 mesi di reclusione. Resta tuttavia il tema. Se non fosse intervenuta la derubricazione la pena sarebbe stata sproporzionata. Una fattispecie colposa potrebbe arrivare a essere punita con pene che possono superare quelle per reati dolosi, persino dell’omicidio volontario. Ho già posto due questioni di legittimità costituzionale, invocando la violazione degli articoli 3, 25 e 27 della Costituzione. Un’altra è pendente dinanzi al Gip di Agrigento», spiega ancora l’avvocato Liberati.
Innocenti, processati e assolti. Ma i veri trafficanti?
L’avvocato Giancarlo Liberati di Reggio Calabria è impegnato da tempo nella difesa dei migranti accusati di favorire l’immigrazione clandestina. Migranti che spesso sono costretti a ricoprire quel ruolo anche assumendosi la responsabilità della vita delle persone che viaggiano sulle imbarcazioni inadeguate. Ma altrettanto spesso, come nel caso di Marjan e di Maysoon, assolta con formula piena ieri dal tribunale di Crotone, i migranti sono invece completamente estranei ai fatti.
«Io ne ho difesi oltre 200. Tutti accusati di essere scafisti. Il film Io Capitano di Matteo Garrone racconta la storia fino alla vista della terraferma. Quell’esultanza, loro non sanno, si trasformerà nella tristezza di una carcerazione sicura mentre invece i trafficanti sono altrove. Anche in questi ultimi processi abbiamo fornito alla procura i nomi, i luoghi e le agenzie di pagamento di coloro che gestiscono effettivamente i traffici. L’auspicio che vengano assicurati alla Giustizia».