Seminara s’interroga sulla sua risposta alla violenza del branco, divisa tra chi vede il bicchiere mezzo pieno e chi l’indifferenza
Parole che si scontrano, quelle della madre e quelle del sindaco sono dissonanti e in questo disordine quello che continua ad assordare e rimanere indigesti sono quei commenti che, ancora una volta, hanno crocifisso sull’altare dell’omertà la vittima al posto del carnefice

Il silenzio non convince e non smuove Seminara. La manifestazione silenziosa indetta dall’amministrazione comunale, voluta fortemente dal sindaco che si trova a dover gestire l’impatto mediatico nazionale di un’inchiesta delicata e scottante, quella nota come “Masnada” che è balzata alla cronaca nazionale per come il paese ha reagito alla notizia delle prima condanne di un branco che ha abusato di ragazzine minorenni, non ha dato i frutti sperati.
La partecipazione alla manifestazione, infatti, è stata deludente, con una bassa affluenza che ha suscitato interrogativi e riflessioni sulla reale volontà del paese di affrontare le problematiche emerse.
Il caso, che ha svelato un brutale stupro di gruppo ai danni di minorenni, ha messo in luce non solo la brutalità di un atto inaccettabile, ma anche la reazione di quanti, ancora una volta, sembrano aver scelto l’omertà. Ma il silenzio deve fare riflettere.
Le vittime, invece di ricevere supporto e protezione, si sono trovate a dover affrontare l’ignobile giudizio della società, additate e colpevolizzate per una violenza subita, mentre alcuni membri della comunità, hanno preferito rimanere in silenzio o allontanarsi. Nonostante ciò, il sindaco ha dichiarato di essere soddisfatto della presenza, anche se ridotta, nella manifestazione, considerandola un punto di inizio per una nuova consapevolezza. Tuttavia, l’assenza dei genitori della giovane vittima pesa come un macigno, diventando simbolo di una realtà in cui la dignità e la voce delle vittime vengono costantemente sopravanzate da una cultura dell’omertà e della paura.
In un contesto come quello di Seminara, è fondamentale interrogarsi su quali passi si possano fare per garantire una vera protezione alle vittime e per spezzare il circolo vizioso della violenza e dell’indifferenza. Abbandonare pratiche di giudizio e stigmatizzazione è il primo passo verso una comunità più giusta e solidale. Ma soprattutto continuare a interrogarsi se costringere le vittime a scappare sia la strada giusta.
E lo conferma la madre di quella ragazza diventata adulta troppo in fretta: «Ieri non è stata una bella pagina per Seminara. Anzi, sono dovute venire tante persone da fuori paese a insegnarci il vivere civile”. Lo dice all’Ansa Gabriella Castelletti, la madre dell’adolescente vittima di stupro ad opera di un gruppo di ragazzi, alcuni dei quali all’epoca minori e tra cui anche appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta, facendo riferimento alla manifestazione «con scarsissime presenze locali», afferma la donna, svoltasi ieri a Seminara.
I familiari della vittima, invitati dal sindaco, hanno deciso di non partecipare alla manifestazione. Nelle scorse settimane la famiglia é andata a vivere in un altro comune del Reggino a causa dell’ostilità dei compaesani nei loro confronti, trovando sistemazione in un appartamento reperito grazie all’intervento del presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto. «Ringrazio il coordinamento ‘E tu splendi’ di Palmi – aggiunge la donna – ma non ho partecipato perché mi sono sentita presa in giro e, prima ancora, abbandonata».
Rivolgendosi al sindaco della cittadina, Giovanni Piccolo, Castelletti lamenta che «prima di tale momento, non vi è stata alcuna azione significativa da parte del primo cittadino e dell’intera Amministrazione comunale» e critica la popolazione, che, afferma, «ha dimostrato un atteggiamento di indifferenza. Sono profondamente convinta – aggiunge la donna – che la principale preoccupazione di tutti sia stata quella di ripristinare l’immagine della città dopo l’impatto mediatico. Come potevamo partecipare – ha detto inoltre la donna in riferimento alla manifestazione di ieri – insieme a chi ancora oggi ci calunnia? Quale fiducia posso riporre in Seminara per garantire la sicurezza di mia figlia? Mi creda – afferma ancora la donna rivolgendosi al sindaco – tutto questo é degradante».
La donna ha smentito quanto dichiarato pubblicamente dal sindaco che, invece, sul palco ieri ha detto: «Prima di ogni altra cosa intendo esprimere la mia più totale vicinanza alle giovani vittime, alle giovani donne vittime e parte offesa di questo procedimento penale. Ringrazio, a nome mio personale e dell’amministrazione comunale, la Procura della Repubblica di Palmi e gli organi inquirenti per l’importante attività investigativa svolta.
Siamo dalla parte delle vittime, sempre e comunque. Il Comune di Seminara, pur nella garanzia dei diritti delle parti coinvolte, fin d’ora annuncia che si costituirà parte civile al fianco delle parti offese, per difendere la libertà e la dignità delle donne, l’immagine di Seminara e della nostra comunità. Era il 15 novembre 2023, il giorno dell’operazione Masnada, e il Comune, subito, immediatamente, ha deciso di costituirsi parte civile. E il 18 novembre 2023, il giorno dell’omicidio di una dottoressa che forse ognuno di noi ha dimenticato, ma anche quel giorno è stata uccisa mentre tornava al proprio posto di lavoro».
Parla, anzi, di un Comune che «in questi anni, ha scritto una storia bellissima. Bellissima. Ha scritto una storia importante, una storia di cultura, di valori, una storia di storia, una storia di arte, di artigianato. E voglio ringraziare la mia amministrazione comunale, che è qui con me, sempre presente. Ci abbiamo messo la faccia». E alla donna risponde che è stata solo rispettata «la riservatezza che il 16 novembre 2023 ci chiese la famiglia di Angela. Ci chiese una riservatezza, e noi l’abbiamo rispettata. Perché penso che queste cose si risolvano con riservatezza, con concretezza, e connettività».
Per poi spostare l’orrore sul piano politico: «Io penso che il dolore delle vittime non debba soprattutto essere strumentalizzato politicamente. Nessuno. Ecco, oggi il Comune di Seminara e l’amministrazione comunale sono stati oggetto di attacchi politici. Io penso che questa sia la cosa più brutta che possiamo fare nei confronti, soprattutto, di quelle vittime: usarle. Oggi nessuno parla di vittime. Potete leggere qualsiasi post social vedrete in questi giorni: nessuno ha parlato nel nome della ragazza. Nessuno ha parlato della ragazza. Ma si parla di ciò che fa l’amministrazione comunale, di ciò che fa l’amministrazione parrocchiale. Ma nessuno si è permesso di citare la ragazza. Nessuno si è permesso di chiedersi cosa possiamo fare per la ragazza. Quindi, anziché contrastare da Roma, che vengano qui questi soggetti a dirci cosa possiamo fare per la ragazza. Poi le elezioni ci saranno tra due anni. E tra due anni ci confronteremo. Ci confronteremo con la gente perbene, che si è sempre contraddistinta in questo paese».
Parole che si scontrano, quelle della madre e quelle del sindaco sono dissonanti e in questo disordine quello che continua ad assordare e rimanere indigesti sono quei commenti che, ancora una volta, hanno crocifisso sull’altare dell’omertà la vittima al posto del carnefice. Quei commenti che hanno visto scegliere ancora una volta Barabba. La storia non insegna a chi non ha la libertà di essere umano.