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Processo Lex, la Cassazione chiude il caso dopo 9 anni: Lainà assolto «perché il fatto non sussiste»

Laureana di Borrello, l’ex assessore: «Mi hanno trattato come un delinquente, distrutto la mia vita e quella della mia famiglia. Ma ero innocente»

Processo Lex, la Cassazione chiude il caso dopo 9 anni: Lainà assolto «perché il fatto non sussiste»

La parola fine al processo Lex è arrivata il 3 luglio dalla Corte di Cassazione. Una sfilza di assoluzioni definitive, che si sommano a quelle già pronunciate in primo e secondo grado, ha demolito un’operazione imponente che scosse l’intera cittadina di Laureana di Borrello, svegliata all’alba da elicotteri che la illuminavano a giorno, pronti a sorvegliare dall’alto eventuali fughe degli indagati.

Lo scioglimento del Consiglio comunale fu deciso in pochi minuti dal Consiglio dei Ministri su proposta dell’allora Ministro dell’Interno Marco Minniti.

«Ma che si sia trattato di uno scioglimento, quanto meno improvvido ed affrettato – afferma l’avv. Domenico Ceravolo, difensore dell’assessore Lainà – lo si capì subito con il passaggio di Lainà dal carcere ai domiciliari in breve tempo e poi con la sentenza di primo grado che lo assolveva dalla pesante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa».

Lainà oggi lo dice chiaramente: «L’allora Ministro Minniti conosceva bene persone e cose, visto che ad ogni campagna elettorale non disdegnava il mio impegno elettorale a suo favore».

In sede di giudizio, il Tribunale di Palmi aveva derubricato l’imputazione iniziale, trasformando il concorso esterno in associazione mafiosa in una turbativa d’asta relativa all’assegnazione di lavori pubblici per un importo di circa 8.000 euro.

La condanna fu a 5 anni di reclusione e interdizione dai pubblici uffici, poi confermata in appello. Ma la Cassazione ha ribaltato tutto, annullando senza rinvio perché «Lainà non ha commesso il fatto».

«Hanno distrutto la mia vita – dice Lainà – e quella della mia famiglia per 9 lunghi anni. Ho dovuto patire tanto tempo per dimostrare che ho sempre amministrato con trasparenza e nell’esclusivo interesse dei cittadini. Ma oramai il danno è fatto. Mentre leggo anche che coloro i quali diedero imput all’operazione denominata “Lex” sono stati tutti “promossi” e rivestono ruoli di prestigio».

Un’ombra indelebile, quella dello scioglimento del Consiglio comunale, che comportò anche l’incandidabilità dell’allora sindaco Alvaro e di altri amministratori.

«Hanno utilizzato uno spiegamento di forze inaudito per venire a prendermi nottetempo a casa. Non volevo crederci. Pensavo avessero sbagliato persona. Ed invece era tutto vero. Mi hanno condotto in carcere, tra le lacrime dei miei figli, come un delinquente. Pensavo ai miei alunni. Come e quando avrei potuto spiegargli che il loro maestro era una persona per bene?»

Il carcere, poi, come esperienza che segna nel profondo:
«Non puoi permetterti di piangere e di disperarti perché le debolezze umane non sono bene accette. Mentre al colloquio con i parenti non devi mostrarti debole, perché ci soffrirebbero troppo. E aspetti che venga a trovarti il tuo difensore – che non smetterò mai di ringraziare per il profilo umano e per la elevata professionalità – perché è l’unico momento in cui puoi liberare le lacrime della disperazione».

La scarcerazione fu come una resurrezione, racconta, «seppur momentanea, perché sai che dovrai affrontare un processo».

«È vero che la vita continua – aggiunge Lainà – ma solo con l’aiuto di psicofarmaci, perché ogni notte, anche se sei a casa tua, fatichi a dormire, sei in preda ad incubi, che ancora mi porto appresso».

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