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Bronzi di Riace, al teatro Cilea approda la “public history”

Nella "metaconferenza" di sabato sera Castrizio ricostruisce la storia dei due guerrieri, con le musiche del cantastorie Fulvio Cama e il video racconto e la grafica di Saverio Autellitano

Bronzi di Riace, al teatro Cilea approda la “public history”

«Parlare dei bronzi, della terza statua o delle statue che non si trovano più serve perché, se mai un giorno dovesse spuntare un’opera con quelle caratteristiche ora conosciute (braccia aperte e gamba sopravanzante, nds) sarà più semplice riconoscerla, o reclamarla». Così Daniele Castrizio, docente di numismatica all’università di Messina e storico, alla presentazione della “Metaconferenza sui Bronzi di Riace”, ideata dal professore, con musiche del cantastorie Fulvio Cama e il video racconto e la grafica di Saverio Autellitano. L’evento è in programma al teatro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria, sabato 9 novembre alle 21, l’ingresso è gratuito. Che cos’è la metaconferenza: agli spettatori la visione a sorpresa. Di sicuro c’è il tentativo, ben riuscito a giudicare dal successo delle due precedenti rappresentazioni a Riace e a Campo Calabro, di raccontare la storia con una fusione di elementi: la narrazione storica, il canto e la musica, e le immagini descrittive e fortemente evocative.

Da sinistra Castrizio, Cama, Calabrò, Falcomatà, Delfino e Autellitano

Prima al festival internazionale del Salento il prossimo 14 novembre, poi ad Argos in Grecia dove si presume che i due bronzi di Riace siano stati creati da Pitagora da Reggio. E poi addirittura a San Paolo del Brasile. Se ne sta già parlando tanto dei bronzi di Riace, grazie all’inchiesta a puntate de “Le iene”. Sarà “esportata” la metaconferenza presentata stamane al salone dei lampadari di palazzo San Giorgio. Per il presidente del consiglio comunale Demetrio Delfino «È molto più di una conferenza. I bronzi di Riace, in questo momento, hanno una nuova vita grazie ai misteri che li riguardano e che si sovrappongono».
Per l’assessore alla valorizzazione del patrimonio culturale Irene Calabrò «abbiamo dato un rilievo particolare all’iniziativa che ci inorgoglisce e a cui ci stiamo lavorando da tempo. Da tre anni in cui abbiamo dato attenzione al patrimonio culturale. Finora ci siamo limitati alla conoscenza dei bronzi, ad evidenziare il carattere scientifico delle cose, ma sono fondamentali gli altri due punti: la conservazione poiché i bronzi sono l’icona di Reggio nel mondo e poi serve tramandare con una forma di comunicazione innovativa. Ed è questo il ruolo della cosiddetta public archeology, essere vicini al cittadino attraverso le immagini e la musica, coinvolgendo tutte le branchie dell’arte. E, grazie alla metaconferenza, le due statue usciranno virtualmente dalle stanze del museo, grazie anche al patrocinio della presidenza della Repubblica e all’attenzione dei livelli ministeriali».

Si parte dalla locandina dell’evento, una simmetria perfetta che unisce metà viso di ciascuno dei due bronzi «per mostrare – afferma Autellitano – che stiamo parlando dello stesso autore, Pitagora da Reggio. Si riescono a cogliere diverse sfumature dell’espressione dei due bronzi». Secondo Cama: «Pitagora era un reggino e i bronzi li ha creati lui, quindi quale migliore occasione per rilanciare Reggio dunque con la metaconferenza? Il mio lavoro è stato fare una ricerca sulla musica greca antica che 2500 anni fa si suonava qui da noi. Le basi della musica moderna sono nate dai greci. Ho lavorato con strumenti fatti da zucche e pelli di capre, per ricreare le armonie che usavano Ibico e gli altri porti greci». Non solo la musica ma anche il teatro è stata una invenzione dei greci che, come ricorda Castrizio «nasce da Stesicoro che nella poesia, per la prima volta, fa parlare due protagonisti». Il sindaco Giuseppe Falcomatà evidenzia l’importanza dell’accessibilità alla cultura, non intesa come un morboso e noioso rimando di elementi storici ma come un recupero narrativo, nel caso dei Bronzi, di quanta forza abbiamo dimostrato di avere perché «c’è bisogno di andare all’essere risucchiati dalla contingenza del quotidiano, per una questione di orgoglio di appartenenza a questa terra. Occorre richiamare l’attenzione su una storia che non è stata scritta del tutto o che va riscritta ma che, per certo, sappiamo non è una leggenda».

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