giovedì,Aprile 25 2024

Nadia Crucitti racconta sentimenti, dolori e sensazioni nella Reggio dei Moti del ’70

L'ultima opera dell'autrice reggina è il romanzo di formazione "L'imperfezione dell'angelo, edito da Città del Sole

Nadia Crucitti racconta sentimenti, dolori e sensazioni nella Reggio dei Moti del ’70

Nadia Crucitti è una scrittrice reggina che ha pubblicato il suo primo romanzo “Casa Valpatri” con la Mondadori; con la sua ultima opera, edita da Città del sole edizioni “L’imperfezione dell’angelo” ( 312 pagg. 13 euro) entriamo nel terreno del classico romanzo di formazione; lo sfondo è la città di Reggio Calabria gli anni sono quei “favolosi ‘70” che costituiscono una vera e propria miniera per i narratori della sua generazione.

L’autrice si destreggia con maestria tra dolori, sentimenti e sensazioni tinteggiando sullo sfondo, con realistiche pennellate, gli eventi che hanno reso quegli anni unici. La vita quotidiana in città ai tempi della Rivolta, è descritta in modo magistrale e funziona come una macchina del tempo per chi ha vissuto quegli anni. La sua sapienza narrativa intreccia efficacemente “pubblico e privato”, arrivando a ricreare la colonna sonora e le ambientazioni con un taglio da sceneggiatura cinematografica. L’immagine di copertina, che ritrae l’autrice in una posa classica di quegli anni, ha un fortissimo potere evocativo, anche se rende straniante la scelta della Crucitti di narrare in prima persona maschile. 

Il protagonista diventa, dunque, Francesco che, in una notte di dieci agosto, ripercorre il suo passato trainato dalla scia delle immancabili stelle cadenti. Il senso dell’esistenza esce preponderante dall’intreccio di, tutto sommato piccole, storie di provincia.

«Per questo spero che stanotte le stelle abbiano finito di cadere. In ogni caso non voglio alzare gli occhi al cielo. Non che serva a molto voler dimenticare ogni anno la caduta delle stelle. È una fitta al cuore, violenta, un dolore che ritorna, un tendere le mani per bloccarlo, per non smarrirmi, per non dover rivivere quel tempo straziante con dentro Andrea e sopra di noi meteore che solcano il cielo stellato lasciando fuggevoli scie. No, non mi sono certo svegliato per guardare le stelle. Non l’ho più fatto da quella notte del ‘76».


«Quel dieci di agosto del 1976 il mondo ha perso il suo assetto, e io sono rimasto impietrito davanti alla catastrofe della mia vita. Credo sia stato questo a salvarmi. Diventare di pietra significa anestetizzarsi. Io non ero riuscito ad anestetizzarmi bene, mi rimanevano parti semisveglie che sentivo angosciate dalla voglia di urlare la loro disperazione e la loro rabbia, incapaci però di trovare la forza necessaria a farlo».

top