venerdì,Aprile 19 2024

Cultura, Giada Diano: «Con Lawrence Ferlinghetti un incontro di anime»

Il poeta e il pittore del dissenso amava la Calabria, i suoi paesaggi e la sua gente

Cultura, Giada Diano: «Con Lawrence Ferlinghetti un incontro di anime»

«Di ricordi ne ho tanti e sono tutti momenti di assoluta semplicità come quello nella cabina di Big Sur dove Jack Kerouac scrisse il romanzo omonimo, con la sua birra preferita e lui che fa suonare il gong in quel portico al sole. Risate, progetti e la sua straordinaria capacità di meravigliarsi sempre e di trasmettere gioia di vivere», così Giada Diano, traduttrice e scrittrice di Reggio Calabria, racconta i suoi venti anni di amicizia e condivisione con il poeta e pittore Lawrence Ferlinghetti, di cui è stata la biografa.

Il primo incontro in parole

«Il nostro primo incontro è stato in parole. Avevo letto un libro della Beat Generation e mi ero innamorata di quel tipo di scrittura. In piena adolescenza, e quindi in preda a una rabbia cosmica, avevo avvertito subito questa affinità fortissima. Poi, qualche anno dopo, a seguito dell’11 settembre, mentre ero alle prese con la tesi di laurea, Lawrence scriveva intense poesie pacifiste in cui accusava coloro che definiva altri terroristi, ossia quelli dentro la Casa Bianca, di utilizzare quella tragedia per scatenare la Terza Guerra Mondiale.

Io, sull’onda di questi sentimenti forti, gli scrissi una lunga mail spontanea, pensando di aver lanciato un sasso nel vuoto. Non immaginavo, assolutamente, che mi avrebbe risposto. Invece lui lo ha fatto e, come ha sempre fatto nei venti anni successivi, mi ha sfidato a raggiungerlo a San Francisco e così sono partita. Da lì sono iniziati degli anni bellissimi che hanno cambiato la mia vita, che mi hanno spinto ad allargare i confini di quella che credevo potesse essere la mia vita», ha raccontato Giada Diano che nel 2008 ha pubblicato con Feltrinelli “Io sono come Omero: vita di Lawrence Ferlinghetti”, in cui il visionario di City Lights Books di San Francisco ha rivelato tutta la sua anima di «segugio sulle tracce del profumo perduto della famiglia». Un uomo che ostinatamente e disperatamente ha sempre cercato le sue origini; un bambino, nato orfano di padre, che da grande ha intrapreso un viaggio ossessivo a ritroso.

La ricerca delle radici «sulle tracce del profumo perduto della famiglia»

«Il padre muore prima che Lawrence venga alla luce, e sua madre, colta da un crollo nervoso, viene subito internata. Lawrence viene al mondo, inoltre, con un cognome già anglicizzato dal padre in Ferling e dunque immediatamente estromesso dalla propria storia ancora prima di conoscerla. Ci mette più di 90 anni a ricostruire e a rimettere al posto tutti i tasselli del suo mosaico incompleto», spiega la scrittrice reggina.

«Proprio scrivendo la biografia, è stato particolarmente emozionante reperire il certificato di nascita del padre, Carlo Leopoldo Ferlinghetti di Chiari, vicino a Brescia. Completare finalmente quell’albero genealogico, dando un po’ di concretezza a questa figura paterna e situandone la sua provenienza, è stato tra i momenti più significativi di questa ricerca che ha restituito a Lawrence il tassello mancante della sua storia», racconta Giada Diano che sottolinea anche come questa scoperta fatta con lei abbia chiuso un cerchio importante della vita del pittore.

«Lawrence aveva scoperto le sue origini italiane quando, poco più che ventenne, si era arruolato in marina nel 1941. Aveva deciso di adottarlo, come atto di rinascita come pacifista, come poeta e come persona che riappropriatasi della sua storia, nel 1951 quando aveva pubblicato la prima raccolta di poesie “Pictures of the Gone World” con i caratteri della sua City Lights Books. Una raccolta che aveva inaugurato la “Pocket Poet Series”. Esperienza che non ha replicato. Essendo lui molto poco autoreferenziale, ha pubblicato le successive raccolte con altre case editrici», sottolinea ancora Giada Diano che in questo passaggio rivela anche un altro aspetto dell’importante legame di Lawrence con l’Italia e con il Sud.

Il legame con la Calabria

«Per molti anni Lawrence ha pensato che il padre fosse del Sud Italia. Sentendosi così affine al nostro spirito, si rivedeva nel calore e nel gesticolio della gente meridionale. Sai, quando non hai una storia, te la racconti forse come ti piacerebbe che fosse. Lawrence è stato tante volte in Calabria negli ultimi venti anni, non solo per iniziative pubbliche ma anche e soprattutto perché era innamorato del paesaggio calabrese, delle sue linee, delle sue forme, del cibo e del calore familiare che ha sempre trovato in questi luoghi e nella sua gente.

Proprio, qui, in questa veranda a Lazzaro, ha creato una intera serie pittorica ribattezzata l’”Ulisse calabrese”», racconta Giada Diano che in quella stessa veranda ci ha accolto circondata da libri e quadri di Lawrence. Intellettuale e artista del dissenso puro, è stato editore – con la sua casa editrice City Lights books di San Francisco ha pubblicato il dissenso a 360  ° – e scrittore e artista intriso di un’anarchia di fondo che ha sempre impedito che fosse inserito in una categoria definita, in uno schema. «Mai dimenticare che il nostro ruolo è di essere dissidenti fino in fondo», diceva sempre.

“Poesia come arte che insorge”

Osa essere un guerrigliero poetico non-violento un antieroe.

Controlla la tua voce più incontrollata con compassione.

Fai il vino nuovo con gli acini della rabbia.

Ricorda che gli uomini e le donne sono esseri infinitamente estatici, infinitamente sofferenti.

Solleva i ciechi, spalanca le tue finestre chiuse, solleva il tetto,

svita le serrature delle porte, ma non buttare via i cardini.

L’ultimo dei Bohémien

«Lawrence Ferlinghetti ha iniziato a scrivere poesie prima che la Beat generation nascesse. Avendo dato a quei poeti un posto in cui esprimersi, avendo pubblicato l’“Urlo” di Allen Ginsberg e avendo pagato l’audace scelta editoriale con un processo, refrattario ad ogni etichetta, forse quella di nume tutelare dei Beat l’avrebbe accettata», rivela Giada Diano, rimarcando come Lawrence rifuggisse davvero ogni etichetta, essendo un creativo poliedrico puro.

«Poeta, scrittore, pittore, editore, viaggiatore, attivista per i diritti civile, ma anche la contaminazione tra queste cose. Sebbene fosse conosciuto di più come poeta, si considerava prima di tutto un pittore. Diceva sempre di sperare che prima o poi quelle dannate poesie lo lasciassero in pace in modo che lui potesse semplicemente tornare a dipingere. Ma questo non è mai accaduto perché la scrittura lo ha accompagnato fino alla fine, come anche la pittura e gli altri mezzi espressivi», sottolinea Giada Diano che si sofferma su quanto si sentisse più pittore che tutto il resto. 

«Ogni volta che l’ho visto dipingere, e sono state tante, è stato come se qualcosa di altro arrivasse all’improvviso e lo abitasse, cambiava proprio il suo modo di respirare. Lawrence è stato sempre profondamente scisso tra una scrittura di impegno civile e di denuncia e una molto più lirica, delicata e intimista. Si riteneva l’ultimo dei Bohémien, con il suo dottorato alla Sorbona, una eredità internazionalista e l’influenza di poeti come Apollinaire», spiega Giada Diano che con Lawrence Ferlinghetti ha condiviso venti anni di amicizia scanditi da altre collaborazioni in pubblicazioni e mostre, alle quali ha collaborato anche la storica dell’arte calabrese Elisa Polimeni.

«Il nostro è stato immediatamente un incontro di anime. Dopo un attimo non ho visto più il poeta o il pittore ma la persona. Lawrence mi ha trasmesso fondamentalmente due insegnamenti: non c’è nulla di più radicale della tenerezza verso altri esseri umani, soprattutto quelli che ci sembrano più distanti da noi, e che il silenzio è complicità, non è mai solo silenzio», conclude Giada Diano.

top