venerdì,Marzo 29 2024

Il grido d’allarme di Daniele Castrizio: «Reggio non ha più voce»

Per lo storico e docente universitario in città «si perde tempo a parlare di cose inconsistenti mentre si perdono di vista i veri mali, come la presenza ingombrante della Regione»

Il grido d’allarme di Daniele Castrizio: «Reggio non ha più voce»

Riceviamo e pubblichiamo:

Che strana città è quella nella quale viviamo! Piagata da una delle crisi più grandi della nostra trimillenaria storia, vediamo la “classe dirigente” appassionarsi a dibattiti per le cose più inconsistenti, come piazza De Nava o il Waterfront, per non parlare ancora della sciatta, inutile e demagogica discussione riguardo a Opera dell’artista Tresoldi. La cosa che più mi fa sorridere è che queste dispute siano sostenute spesso da soggetti certo rispettabili, ma che hanno il punto debole di fare tutt’altro mestiere nella vita. Si sa che tutti gli italiani sono CT della Nazionale di calcio, come sono architetti, virologi, economisti, esperti d’arte, et cetera.

Come al solito, però, a Reggio tutto è esasperato, portato all’estremo, in una reductio ad absurdum che è un pò il marchio di fabbrica della città. Non mi stupisco: ancora oggi diamo spazio e credito sulle questioni archeologiche a eruditi locali che non hanno mai aperto una pagina di un manuale di archeologia. Pensate che questa estate ho ricevuto un invito a un dibattito pubblico sui Bronzi di Riace da parte di un cardiologo. Un cardiologo! Ho risposto che volentieri avrei accettato, a patto però di dividere la serata in due parti: una sui Bronzi, e una sulla valvola mitralica, per par condicio. Andreste da un archeologo se aveste (mai sia!) problemi cardiaci? Cosa può capire un cardiologo di archeologia? Che dire? Forse sono io che mi sbaglio.

La cosa che maggiormente mi preoccupa, però, è l’assoluta impossibilità, da parte della città, di esprimere la propria opinione su quanto subisce da parte del governo regionale (absit iniura verbis) e dal CTS, che influisce su quello nazionale. La mia sensazione è che la sovraesposizione dei Longobardi a livello mediatico richieda la tacitazione delle altre voci critiche. Se controllate i dati, vi accorgerete che Reggio ha subito l’ennesima zona rossa (strega comanda colore…) non per la percentuale di positivi rispetto alla popolazione, non per la percentuale di occupazione delle terapie intensive, ma, udite udite, per la percentuale di posti di degenza comune in ospedale, senza nessuna valutazione statistica dello sviluppo dei contagi da Covid-19 nella sola provincia cosentina.

Leoni da tastiera, volete protestare in modo sensato? Chiediamo conto del perché, dopo un anno e mezzo, non siano stati assunti medici e infermieri nei nostri ospedali, perché non siano stati riaperti i nosocomi chiusi per la follia dell’austerity, perché non siano stati aumentati in modo significativo i posti di terapia intensiva. Di questo dovete parlare, non di Opera! Reggio non ha voce, e non potrà mai averla fino a che non sarà abolito il monstrum absurdum costituito dalla Regione Calabria.

Dopo tanto riflettere, mi sono reso conto che forse sia inutile sognare “regioni dello Stretto”, sottoposte a mille e passa lacci burocratici kafkiani, ma occorra concentrare l’azione politica nello smantellamento del gretto potere cusentino e calatanzarese, privo di orizzonti e di prospettiva, mediante l’abolizione della Regione Calabria, insieme a tutte le regioni. Altro che abolizione delle province: la politica non ne ha indovinata una! Volete una prova dell’eternità del motto regionale “sordi ppe’ Riggiu nun d’havi”? Chiedete in Regione cosa pensano di fare per il cinquantenario della scoperta dei Bronzi di Riace. Chiedete!

Mi piacerebbe, prima di abbandonare questo mondo, vedere la nascita di una vera classe dirigente e produttiva in questa città, nonché la riconquista del posto culturale ed economico che le spetta storicamente. Mi piacerebbe anche che i nostri giovani, forti di esperienze cosmopolite, contribuissero alla nostra rinascita, non più schiavi delle logiche clientelari che li hanno scacciati dalla loro terra e dalle loro radici. Mi piacerebbe, infine, assistere alla fine del cancro ormai in metastasi della andrangheta e delle sue collusioni con una “zona grigia” sempre più vasta. Va bene, scusate lo sfogo inutile: so bene che, con il dilagare dell’ignoranza e della prepotenza, la prima vittima sia stata l’opinione pubblica. Di fatto, so bene di parlare solo a me stesso: continuate a intrattenervi su piazza De Nava e su Opera!

Daniele Castrizio, storico e docente di Numismatica all’Università di Messina

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