RHEGION, LE VIE DELLA STORIA | Percorrendo via Giudecca
La Giudecca era il quartiere ebraico, che sorgeva a Reggio proprio in fondo alla strada, chiuso ed isolato dalla città, verso il mare. La presenza ebraica nella nostra città ha radici storiche antichissime
di Giuseppe Cantarella – Via Giudecca va da Corso Giacomo Matteottifino a Via Reggio Campi. La strada di cui scriviamo oggi è, tanto per intenderci, quella del Tapis Roulant, la moderna struttura che collega il Lungomare Italo Falcomatà alla parte alta della città, ancora in fase di ultimazione nell’ultimo tratto, non sempre funzionante nella parte già realizzata.
La Giudecca era il quartiere ebraico, che sorgeva a Reggio proprio in fondo alla strada, chiuso ed isolato dalla città, verso il mare. La presenza ebraica nella nostra città ha radici storiche antichissime, e questa comunità si è sempre dedicata ad attività imprenditoriali, mercantili e commerciali ad essa congeniali. Innanzitutto l’attività della stamperia: nel 1475 viene stampato a Reggio, per la prima volta nel mondo, il Commentarius in Penthateucum di Rabbi Schelomò Izchakì, per opera di Abraam Ben Garton Ben Isaac.
L’attività mercantile in cui gli Ebrei erano più impegnati nella nostra città era, certamente, quella legata all’industria della seta, in cui esercitavano una sorta di monopolio. La comunità ebraica venne espulsa da Reggio il 25 luglio del 1511 in conseguenza delle decisioni prese dal Ferdinando il Cattolico.
Via Giudecca lambisce l’edificio sacro della chiesa di San Giorgio al Corso, anche denominato Tempio della Vittoria. All’incrocio con il Corso Giuseppe Garibaldi, fino a qualche anno fa sorgeva il chiosco in legno verde e lamiera, adibito alla vendita di libri usati, del Poeta Balia (al secolo Demetrio Ferrara). Dal lato opposto, invece, Palazzo Trapani – Lombardo.
Anche Via Giudecca, prima dei lavori di costruzione del sistema ettometrico, presentava alcune scalinate, e particolarmente suggestiva era quella che da Via Possidonea conduceva a Via Reggio Campi, là dove c’erano Le Tre Fontane, la cui storia è tutta da raccontare. La scalinata terminava con un pianerottolo che costituiva un meraviglioso luogo di sosta, all’ombra degli alberi esistenti, comodamente seduti sulle panchine presenti. Il panorama offerto da questa “strada – cannocchiale” è magnifico. La fontana venne impreziosita, anni fa, con tre delfini in bronzo provenienti dall’antica Fontana della Pescheria che si trovava sulla “vecchia” Via Marina prima del terremoto del 1908; da cui proviene anche la lapide posta sul muro accanto alla fontana, il cui testo riprende la leggenda della ninfa Aretusa trasformatasi in fonte per sfuggire al fuoco dell’Etna. Eccone il testo:
FONTE SUB HOC SICULI FULGENS INCENDIA MONTIS
NUNC ARETHUSA LATET NIMPHA PERENNIS AQUE
CAMILLO DE DIANO MILITE U.J.D. THOMA A. FOSSO
ANTONIO MOLETI SYNDICIS
FONS HIC IN LUCELENTIOREM
FIGURA APTATUS EST ANNO MDLXXXIIII
ERECTATE ANTEA GIORGIO
MAZZA IOE BAP MONSOLINO
IOE NNE CAMA ANNO MDLXXI