giovedì,Aprile 18 2024

“Il tempo che passa”, prima fatica letteraria del poeta di Molochio Angelo Taverniti

Il poeta ha spiegato che la finalità del libro, che raccoglie una serie di poesie scritte perlopiù in età giovanile, è quella di «rafforzare i valori umani»

“Il tempo che passa”, prima fatica letteraria del poeta di Molochio Angelo Taverniti

Si intitola “Il tempo che passa” la prima fatica letteraria del poeta e scrittore di Molochio Angelo Taverniti. Classe 1961, comincia a scrivere da giovanissimo e all’età di 17 anni conquista il suo primo premio ad un concorso di poesia nella vicina Polistena. Il libro è una raccolta di poesie che Taverniti dedica alla mamma e al papà, scomparsi da tempo, e ai quali era molto legato.

Non a caso, le prime due poesie sono proprio scritte per loro. Attraverso i suoi versi, il poeta molochiese ha voluto decantare il suo grande amore per papà Rocco, la cui memoria «impera indelebile nelle nostre menti… il tuo grande ricordo ci sostiene, ci aiuta a vivere»; e per mamma Giuseppa, che avrebbe voluto vedere «vecchiarella», alla quale dice che «passati i miei giorni, sarò vicino a te e dormiremo insieme». «Angelo con semplicità di espressione ed appropriato linguaggio – scrive nella prefazione il suo amico Giorgio Sorrentino – fa raggiungere il suo messaggio a tutti, perché i temi trattati riguardano gli aspetti più intimi dello spirito umano e sono necessariamente materia di interesse comune.

Sensibile alle complesse tematiche dell’essere umano, attraverso le sue poesie, Angelo lancia contemporaneamente, un grido e una preghiera». Lo stesso poeta dichiara che la finalità del libro è quella di «rafforzare i valori umani. In massima parte – afferma Taverniti – le poesie che ho scritto sono in periodo giovanile. Sono stato colpito dai grandi poeti e ho cercato di imitarli». Tra tutte le sue poesie, quella che ritiene più bella è “Omertà”. «L’uomo della poesia – spiega – cammina vinto per un sopruso che subisce da un altro uomo. Il vento bisbigliando quasi fosse umano vorrebbe fare giustizia.

La vita è sacra, va rispettata. L’uomo però, dopo aver prevalso sull’altro, conscio della barbarie che ha compiuto, prova rimorso e si dilegua con passi da gigante». Il libro si chiude con una serie di fotografie che ritraggono sé stesso e la sua famiglia e con il suo grazie ai lettori. «I poeti muoiono – scrive – la poesia se è vera è immortale. Chiudo con la stessa frase con la quale il Manzoni concluse “I promessi sposi”: “Se fossi riuscito ad annoiarvi, non si è fatto apposta”».

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