Reggio, l’omaggio al milite ignoto de “Le Muse” riunisce la città
L’incontro è stato voluto in sinergia con Le Muse con le guardie d’onore alle reali tombe del Pantheon rappresentate da Giovanni Guerrera
L’associazione culturale “Le Muse – Laboratorio delle Arti e delle Lettere” di Reggio Calabria presso la Chiesa di San Giorgio al Corso, chiesa degli artisti domenica scorsa, ha celebrato il Milite Ignoto in occasione delle celebrazioni del 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, per “I primi 100 anni del Milite Ignoto”. Un appuntamento, questo, importante per la città di Reggio Calabria – ha dichiarato – subito dopo l’apertura istituzionale con l’Inno D’Italia cantato dal Coro delle Muse e dal Coro Giovanile Laudamus diretto dal Maestro Enza Cuzzola con l’accompagnamento del maestro Fabio Migiano, il parroco Don Nuccio Cannizzaro.
«Le istituzioni – dice Cannizzaro – hanno dimenticato e continuano a dimenticare il ruolo di questo edificio, di questa chiesa che da poco è definita “chiesa degli artisti”, ma è un vero e proprio “sacrario” che dovrebbe essere un riferimento per eventi di tal genere soprattutto per la festa del 4 novembre». «“Omaggio al Milite Ignoto” – ha affermato il presidente Muse Giuseppe Livoti – è organizzata nell’ambito dei 100 anni, ovvero da quando i resti di un soldato, tra i tanti morti al fronte nella prima guerra mondiale, furono traslati al Vittoriano a Roma, diventato per tutti il monumento al Milite Ignoto o Altare della Patria. Dopo la 1ª Guerra Mondiale, le Nazioni che vi avevano partecipato vollero onorare i sacrifici e gli eroismi delle collettività nella salma di un anonimo combattente caduto con le armi in pugno.
Livoti ha chiosato mettendo in evidenza i vari monumenti del Milite Ignoto nel mondo, da Mosca a Londra, da Praga a Vienna soffermandosi sulle scelte stilistiche e architettoniche varie per modalità ed impatto ambientale, così come si ha descritto nello specifico l’altare della patria, il monumento nazionale a Vittorio Emanuele II o (mole del) Vittoriano, definito Altare della Patria, monumento nazionale italiano situato a Roma, in piazza Venezia, sul versante settentrionale del colle del Campidoglio, opera dell’architetto Giuseppe Sacconi, posto al centro della Roma antica e collegato urbanisticamente alla Roma moderna da strade che si dipartono a raggiera da piazza Venezia. L’incontro è stato voluto in sinergia con Le Muse con le guardie d’onore alle Reali Tombe del Pantheon rappresentate dal dr. Giovanni Guerrera – il quale ha raccontato come è nato l’istituto nazionale, durante il regno di S. M. Vittorio Emanuel II, primo Re d’Italia, con un gruppo di ufficiali che fondò associazioni di veterani delle guerre d’indipendenza. Alla morte del Sovrano, avvenuta il 9 gennaio 1878, per mantenere viva la devozione e la riconoscenza all’Augusta Casa di Savoia, tali associazioni decisero, sul proprio onore, di prestare un servizio di guardia alla venerata spoglia mortale del “Padre della Patria”, presso il suo luogo di sepoltura al Pantheon di Roma. S.M. Umberto I approvò tale decisione il 18 gennaio 1878. Nell’agosto del 1900 si rese purtroppo necessario erigere nel Pantheon un secondo monumento funebre, per onorare il secondo Re d’Italia, UMBERTO I, assassinato a Monza il 29 luglio di quell’anno.
In conseguenza di ciò gli statuti furono modificati, e le Guardie d’Onore estesero il loro servizio alle due Tombe Reali delle LL. MM. Vittorio Emanuele II, “Padre della Patria” e primo Re d’Italia, ed Umberto I, il “Re Buono”. Fabio Arichetta – componente della Deputazione di Storia Patria della Calabria, si è soffermato sull’ idea di onorare una salma sconosciuta risale in Italia al 1920 e fu propugnata dal Generale Giulio Douhet. Il relativo disegno di legge fu presentato alla camera italiana nel 1921. Approvata la legge, il Ministero della guerra diede incarico ad una commissione che esplorò attentamente tutti i luoghi nei quali si era combattuto, dal Carso agli Altipiani, dalle foci del Piave al Montello; e l’opera fu condotta in modo che fra i resti raccolti ve ne potessero anche essere di reparti di sbarco della Marina. Fu scelta una salma per ognuna delle seguenti zone: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, tratto da Castagnevizza al mare. Le undici salme, una sola delle quali sarebbe stata tumulata a Roma al Vittoriano, ebbero ricovero, in un primo tempo, a Gorizia, da dove furono poi trasportate nella Basilica di Aquileia il 28 ottobre 1921. Qui si procedette alla scelta della salma destinata a rappresentare il sacrificio di seicentomila italiani. La scelta importante fu proprio quella di una donna che rappresenta la madre spirituale, donna che riconcilia, che ha l’incarico di portare nella comunità nazionale la pace. Altro personaggio importante è Gasparotto, ministro della Guerra nel luglio 1921 nel governo Bonomi I, durante il quale promosse il rito del Milite ignoto, fino al febbraio 1922. Eletto deputato ancora nel 1924, fu vice presidente della Camera e, pur non aderendo alla secessione aventiniana contro Mussolini fece parte dell’opposizione in aula e si dimise da vicepresidente nel dicembre 1926. Conclusa la legislatura nel 1928, si ritirò dalla vita politica.
Degne di nota la presenza degli scultori Cosimo Allera e Pino Gattuso, i quali, pur rappresentando l’innovazione della scultura uno e l’altro la tradizione del tutto tondo bronzeo, si sono soffermati su delle proposte in cui ancora una volta, consegnare il messaggio del milite ignoto. Allera ha presentato un plastico attraverso la forza ed il gioco lamellare di forme di uomini deportati in guerra mentre Gattuso si è soffermato su ex tempore con particolari di stele marmoree e decori bronzei. Con il suggestivo brano “La leggenda del Piave”, conosciuta anche come La canzone del Piave, Il Piave mormorava o semplicemente Il Piave, celebre canzone patriottica italiana composta nel giugno 1918 dal maestro napoletano Ermete Giovanni Gaeta, il Coro delle Muse ha concluso ufficialmente la manifestazione al’insegna di una ritrovata unità nazionale.