giovedì,Marzo 28 2024

A Reggio Calabria, un busto dell’imperatrice Bruzia Crispina

Si tratterebbe, secondo le valutazioni degli organi preposti, della rappresentazione di Bruzia Crispina, la sventurata moglie dell’imperatore romano Commodo, vissuta nel II secolo d. C.

A Reggio Calabria, un busto dell’imperatrice Bruzia Crispina

Non è di tutti i giorni la notizia della consegna, alla Soprintendenza ABAP di Reggio Calabria-Vibo Valentia, di un busto marmoreo femminile di età romana, proveniente da un’area centrale del tessuto urbano della nostra città, quale è il palazzo Trapani Lombardo. Si tratterebbe, secondo le valutazioni degli organi preposti, della rappresentazione di Bruzia Crispina, la sventurata moglie dell’imperatore romano Commodo, vissuta nel II secolo d. C. 

Alcune brevi notizie sul personaggio: Bruzia Crispina, nata nel 160 da famiglia senatoriale di provenienza meridionale, sposa, nel 178, il diciassettenne Commodo, figlio dell’imperatore Marco Aurelio e di Faustina Minore, e, a sua volta, divenuto imperatore nel 180. Nel 192, però, accusata, dal marito, di adulterio, viene esiliata a Capri. Qui verrà uccisa, dopo l’assassinio di Commodo, ed anche per lei il Senato romano decretò la damnatio memoriae.

Ma come nasce questo rapporto tra il busto dell’imperatrice e il palazzo Trapani Lombardo?

Nel gennaio del 1921 (giusto cento anni or sono!) scavandosi le fondazioni del nuovo palazzo del comm. Antonio Trapani Lombardo, sul Corso Garibaldi, tra le Via Giulia e Via della Giudecca, «si avvistarono  – ci informa una relazione del tempo, stesa dal prof. Nicola Putortì, direttore del Museo Civico di Reggio Calabria  – dei ruderi che furono dapprima negletti; ma poscia, per l’efficace intervento del prof. Morabito, il proprietario, con assai lodevole disposizione, ordinò si facessero a sue spese tutte le denudazioni richieste dal caso. Da esse risultò la pianta di una porzione di edificio, che qui si allega a figura 29, pianta rilevata dal prof. Morabito, che aggiunse le osservazioni di cui mi valgo per la presente nota.». E continua nella descrione dell’edificio: «Il vano A era pavimentato con un mosaico a squame bicolori (bianco e verde smeraldo) con una fascia di archetti, e un secondo terminale di color paglierino.

Questo mosaico di tasselli marmorei dai vividi colori era ridotto in condizioni disastrose da avvallamenti e dalle tracce di un incendio, che aveva investito tutto il fabbricato; essendo riuscito vano ogni sforzo per salvarne qualche campione, se ne serba un ricordo grafico a figura 30. Lungo le pareti dell’ambiente girava una panchina rivestita di marmi bianchi, e tutte le pareti perimetrali dipinte in rosso pompeiano si piantavano sopra una robusta fondazione, che si ebbe perfino il dubbio fosse di un edificio più antico, greco. Il piccolo ambiente B era pavimentato di marmo, e di marmo erano pure rivestiti gli zoccoli delle pareti; c’erano due tubi di piombo di emissione delle acque. Mediante un angusto passaggio a tre gradinetti marmorei, si accedeva al grande ambiente D. In C, il pavimento aveva un mosaico semplicissimo, bianco e nero. In G, le pareti ben intonacate erano poi dipinte a fasce verticali rosse e blu scuro; nei punti a) e b) erano collocati due dolia, alti m. 1,35, diametro alla bocca di cm. 50 e 54. Il grande passaggio fra D e G era occupato da arcate a tre centri, la cui impostatura cominciava a m. 2,80 di altezza dal piano. Osservo, infine, che nel rovescio della parete Nord-Ovest  di D era aperta una nicchia con rivestimento marmoreo. I lavori di palazzo Trapani subirono una lunga sospensione, ma alla loro ripresa dal lato di Nord-Ovest è sperabile vengano messi in vista altri avanzi del ragguardevole edificio, che dalla porzione fin qui esumata presenta i caratteri di una signorile casa romana, con la sua piccola terma privata.» (Francesco Arillotta,-Repertorio della carta archeologica di Reggio Calabria – Klearkos – numero monografico del Cinquantenario,  Ed Kaleidon, 2010 – pp. 110-111 ).

Nel 1911, nel tratto di Corso Garibaldi antistante l’area sulla quale poi sarebbe sorto il palazzo Trapani Lombardo, durante i lavori di costruzione della rete fognaria, si ebbero ritrovamenti di elementi architettonici decorativi, lucerne e vasi, nonché di buon numero di monete, tutto materiale datato in età romana. Purtroppo, delle monete, definite ‘ consunte’, non si fornisce alcuna datazione (idem, pp, 108-19).

Un particolare della planimetria allegata alla relazione, che oggi acquista grande valore, è quella nicchia: potrebbe essere il posto nel quale il busto di Crispina era collocato? 

 Resta il fatto che, in questa casa, definita dagli scopritori “signorile”, un cittadino di Reggio, certamente molto ricco, teneva un’artistica immagine dell’imperatrice del momento, cioè fra il 180 e il 192, immagine alla quale ha intenzionalmente deturpato il viso, in ossequio alle disposizioni che venivano da Roma, ma che non ha distrutto, c’è da supporre per poter dimostrare eventualmente la propria fedeltà al nuovo imperatore: Settimio Severo. E questo potrebbe essere il segnale dei suoi forti rapporti con gli ambienti regali i romani.

Dagli elementi contenuti nella relazione Putortì, si ricava che l’edificio si era conservato parecchio anche in altezza: la misura dei metri 2,,80 della impostazione degli archetti presenti fra i vani D e G significa che ci troviamo di fronte a pareti alte almeno tre metri. Gli scopritori accennano ad un incendio che avrebbe interessato questa casa. E nella grande sala, dentro la sua nicchia rivestita di marmo, il busto ‘sfregiato’ dell’imperatrice, dimenticato durante la fuga precipitosa causata dall’incendio, è rimasto solingo, lì, per oltre mille e settecento nni, a testimonianza del livello sociale e culturale degli antichi padroni.

Cogliendo l’occasione di questa “riscoperta”, e mettendo assieme le notizie provenienti dalle fonti più varie, abbiamo, forse, riempito una pagina della lunga Storia di Reggio; solo una pagina, certo, ma che consente di confermare quella immagine di una città, fra il prima e il dopo Cristo, ricca, frequentata da personaggi  molto in vista, come, quel Quinto Fabio, ‘liberto ingenuo’, Seviro Augustale, che, in quello stesso periodo, cui si costruì la propria tomba, in puro stile egizio, ponendola sotto la protezione di Iside e Serapide. Ultima annotazione: nel 1931, nello scavo per la costruzione del palazzo di Paolo Vilardi, sempre sul Corso Garibaldi, angolo con via Simone Furnari, fu trovato quest’altro elegante busto di bellissima donna, oggi esposto nella sala ‘Reggio’ del nostro Museo Nazionale. Un’altra imperatrice?

Francesco Arillotta

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