L’armatore Aponte a Gioia Tauro riscopre la comunità: «Mi aspetto collaborazione»
VIDEO | La sfida è anche culturale per uno degli uomini d'affari tra i più ricchi d'Italia. Lo scalo reggino ha tutte le carte in regola per conquistare il primo posto nel Mediterraneo
di Agostino Pantano – C’è un primo, grosso, significato che rende la visita che Gianluigi Aponte ha fatto nell’area portuale di Gioia Tauro assai diversa dalle altre “calate” che abbiamo visto dal 1995 ad oggi. Più incisivo, e più utile, di quello che l’allora premier Prodi volle dare quando, caschetto in testa, passò sotto le gru e lanciò la sfida, poi persa, di un “terminal portuale porta d’Europa”, slogan che fino a ieri era indubbiamente il must principale da associare alla struttura.
«Mi aspetto collaborazione dalla comunità»
«Mi aspetto la massima collaborazione della comunità locale» ha detto l’armatore italo-svizzero, che ha nello scalo calabrese l’unico terminal container che gestisce in proprio in tutto il mondo. Il principale trasportatore via mare, il player che ora carica e scarica i container senza dover pagare ad altri il servizio, si è rivolto ad un pezzo di Calabria – e non al governo o allo Stato – nel suo incontro organizzato nella sede dell’Autorità portuale. Eravamo abituati a imprenditori sempre pronti a stressare incontri del genere con il mantra del “ora tocca alla politica”, o, peggio, arrivando con il cappello in mano e aggiungere richieste su richieste – indirizzate a Rona – in cambio dei posti di lavoro promessi. Se ne sono visti tanti in questi anni, ed è per questo che il capovolgimento di paradigma deciso dal comandante Aponte coglie di sorpresa e stimola nuove riflessioni. Stiamo parlando di un uomo d’affari tra i più ricchi d’Italia, un meridionale di Sorrento che ha stabilito la sua base a Ginevra – dove controlla il suo impero leader mondiale nella crocieristica e nella navigazione commerciale -, dunque una persona che, creatore e guida con i figli di un sistema con 70.000 addetti, è abituato a parlare direttamente e di persona con i capi di Stato e i ministri: a Gioia Tauro non aveva bisogno di mandare messaggi in codice ed ha scelto una parola inedita, comunità, che ora sta alle istituzioni locali riempire di contenuti. Chiede “collaborazione” ma ha parlato, alla presenza finanche del prefetto e del vescovo, senza aggiungere e spiegare altro: ha offerto una sponda, toccherà ora capire se il territorio è in grado di ottenere una interlocuzione stabile, uno scambio continuo e codificato che faccia crescere l’azienda e assieme a essa il territorio.
Una sfida anche culturale
La sfida lanciata da Aponte è quindi anche culturale, e segna un passaggio epocale dal vecchio terminalista Contship/Mct – una mancata Fiat che non ha saputo e voluto comunicare con l’entroterra – al nuovo Msc/Mct che invece si dice pronto a contribuire a realizzare quella che il commissario Andrea Agostinelli chiama “una città del porto” per superare l’immagine riduttiva di “una città sul porto”. Aponte è un imprenditore, e come tutti gli imprenditori ha in cima ai pensieri il profitto, ma lo sdoganamento delle tanto vituperate comunità locali – Gioia Tauro è pur sempre conosciuta anche per il “porto con la mafia intorno” – è il vero colpo a sorpresa di una visita che, per il resto, ha riproposto l’annuncio di voler investire, la promessa di non licenziare, la predisposizione a riportare lo scalo gioiese al primo posto nel Mediterraneo per traffico di container. Comunità locale, da intendersi come enti, amministrazioni, associazioni e sindacati che ora hanno la possibilità di formare una propria piattaforma per lo scambio di collaborazione che il gruppo chiede. Verrà il tempo in cui ci chiederemo se quella porzione di Calabria è pronta a questa offerta inedita, per ora c’è l’occasione di portare il terminalista a esplicitare che “aiuto” chiede e che “aiuto” da’, al di la’ dell’occupazione che offre. Non è cosa da poco, in questa che è la prima visita che Aponte ha fatto nella “sua” Calabria, i cui ultimi due governatori – Oliverio e Scopelliti – va ricordato che erano volati fino a Ginevra per scoprire i desiderata di quello che all’epoca era solo un socio, per giunta di minoranza, nell’assetto del terminalista. Un viaggio ora al contrario, finalmente, che è una apertura di credito verso il territorio: i prossimi mesi ci diranno che collaborazione è richiesta, che collaborazione si può dare.
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