giovedì,Marzo 28 2024

Reggio, Brunetti: «Falcomatà? Sono autonomo, ma ora alla città serve l’aiuto di tutti»

Intervista al sindaco ff. Il suo rapporto con il primo cittadino sospeso: «Non influenza le mie scelte, chi lo afferma ne risponderà penalmente». E sulle deleghe: «Sono già pronte»

Reggio, Brunetti: «Falcomatà? Sono autonomo, ma ora alla città serve l’aiuto di tutti»

Chiamato a sorpresa, ormai 4 mesi fa, a raccogliere l’eredità di Giuseppe Falcomatà, sindaco sospeso di Reggio, Paolo Brunetti racconta in che modo, con quale stato d’animo, ha vissuto e vive il ruolo che ricopre. E annuncia che presto verranno assegnate le deleghe chieste a gran voce (e con molte polemiche) dalla maggioranza.

A inizio mandato ha spiegato che le sarebbe toccato fare da paciere. È stato effettivamente così?
«Sì, ma non più di tanto. Ho riscoperto la responsabilità di tutti i partiti di maggioranza e la voglia di collaborare per il bene della città. C’è stata qualche incomprensione dovuta al fatto che la scelta del sindaco è ricaduta, per il Comune di Reggio e per la città metropolitana, su due persone diverse da quelle del partito a cui il sindaco Falcomatà apparteneva. Dietro ai partiti ci sono le persone: adesso penso che tutti abbiano compreso che Paolo Brunetti è di Italia viva ma che è anche una persona che si è spesa per anni per la città. A volte facendo bene, altre sbagliando, ma sicuramente anteponendo sempre l’interesse della città a quello del partito».

Può fare un bilancio di questi mesi di governo?
«Mi sono trovato con una ulteriore responsabilità di sostituire Falcomatà per una condanna che va rispettata, ma dovuta a una legge ingiusta. Un carico di responsabilità come sindaco facente funzioni diverso, ma che non si discosta da quello che avevo prima come componente della Giunta. Un lavoro dal punto di vista amministrativo maggiore che fa scoprire cose nuove. Per questo mi è servito un po’ di tempo per comprendere alcuni aspetti del funzionamento della macchina amministrativa.

Ho un ruolo anche di mediatore tra le forze politiche, anche quelle di minoranza, per cercare anche di raccogliere tutte le energie positive e risolvere i problemi. Lo dico sempre: “Mi mischio anche col diavolo per risolvere i problemi della città”. Senza l’arroganza di dire che noi siamo maggioranza e solo per questo abbiamo in pugno la verità o la soluzione di tutti i problemi. In questo momento storico nella città serve l’aiuto di tutti. In parte, al netto delle posizioni politiche o delle critiche, c’è collaborazione anche da parte della minoranza. Sono convinto che dai problemi si esce abbandonando le appartenenze politiche. Serve una unione di forze positive per uscire dalle secche in cui siamo».

Qual è stato il momento più difficile?
«Quello che verrà, domani. Ci ritroviamo in continuazione ad affrontare emergenze che ci rubano il tempo di programmare la città che abbiamo in mente. In questi cento giorni abbiamo proseguito nel solco dell’azione amministrativa precedente. Non dimentichiamoci che siamo stati eletti anche grazie al programma presentato in campagna elettorale. Io non mi discosto da quel programma: mi sono candidato a sostegno di Giuseppe e del programma elettorale. L’impegno è proseguire in questa direzione, definendo alcune peculiarità. Poi, in corso d’opera, si possono portare miglioramenti, condividendoli con la città, senza presunzione».

Come mai ha aspettato tanto per le deleghe? È arrivato il momento di assegnarle?
«Intanto abbiamo aspettato per la decisione del ricorso alla Corte costituzionale del sindaco sospeso, dare le deleghe prima non avrebbe avuto senso. Avrei anche creato qualche incomprensione perché la mia visione può essere differente da quella che avrebbe potuto poi avere Falcomatà. Al Comune è arrivato uno tsunami a novembre perché, oltre alla sospensione del sindaco, sono stati sospesi altri consiglieri e c’è stato un subentro di nuove persone all’interno del Consiglio. Anche per la distribuzione delle deleghe bisogna dare a chi arriva il tempo di ambientarsi.

E serve anche a me capire la predisposizione che ogni consigliere ha ad assumere alcuni incarichi. Le deleghe sono una concessione che serve a ottimizzare alcuni settori, ma non c’è l’obbligo di assegnarle. Tante sono state distribuite agli assessori, altre sono rimaste in capo a me perché ho la necessità di avere una visione dall’interno dei vari settori e capire quale consigliere, per la predisposizione lavorativa che ha, può andar bene per alcuni specifici settori. Non c’è nessuna polemica. È vero che c’è stato qualche malumore, ma era successo che a dicembre, con la predisposizione della nuova Giunta, si era detto che si sarebbero assegnate anche altre deleghe, per cui c’era una legittima aspettativa di tanti consiglieri che prossimamente, a stretto giro, vedrà la soluzione. Ho le deleghe pronte».

Lei è influenzato, come sostiene qualcuno, da Giuseppe Falcomatà?
«Chi pensa questo è lontano anni luce dalla realtà. Falcomatà non può incidere su scelte amministrative al Comune. Ribadisco che sono autonomo, nel rispetto del programma elettorale e della visione amministrativa che avevo lo scorso anno, quando mi sono candidato alle elezioni e sono poi stato nominato assessore da Falcomatà. Se avessi avuto visioni diverse, mi sarei dimesso all’inizio del mandato. Il sindaco sospeso non può assolutamente entrare nel merito delle scelte amministrative e non lo ha mai fatto, né si è permesso di dirmi cosa avrei dovuto fare. Posso assicurare che sta rimanendo fuori da scelte di carattere amministrativo, lui continua a fare politica perché la può fare, con i suoi referenti politici e di partito.

Ma nelle scelte amministrative non può entrarci per legge: se anche io gli chiedessi come vede una cosa, commetterei un reato. Che sia chiaro: chi si lancia in dichiarazioni particolari e strane potrebbe risponderne penalmente. Se c’è qualcosa che non va, la colpa è mia. Se qualcosa va bene, il merito è di noi che lavoriamo insieme, portando avanti il programma per cui siamo stati eletti. Sto seguendo un percorso iniziato sei anni fa».

Sta pensando di candidarsi alle prossime Politiche?
«Per me oggi non è il momento di pensare al mio futuro personale quando è in gioco c’è quello della città. Il mio compito è portare avanti la baracca per 18 mesi. Alla fine non sarò più io a decidere se dovrò restare a fare il vicesindaco e l’assessore per conto di Italia Viva, ma lo stabilirà il mio partito. Alla fine dell’esperienza amministrativa potrei tranquillamente mettermi da parte perché ho dato più di quello che ho ricevuto dalla politica. Ma visto che la politica è una malattia e confesso di esserne patologicamente affetto, dico che non si esclude nulla. Ma non è un pensiero che ho adesso».

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