martedì,Aprile 16 2024

Reggio Calabria, Chizzoniti: «Politica cittadina afflitta da inguaribile presunzione»

L'ex presidente del consiglio comunale: «I partiti tradizionali, Forza Italia compresa, si sveglino dal chiassoso silenzio»

Reggio Calabria, Chizzoniti: «Politica cittadina afflitta da inguaribile presunzione»

«Complotti, intrallazzi, filiali e paterne benevolenze, ormai acquisiti allo sconcertante caos operativo, sistematicamente dilagante nel torbido panorama della gestione della cosa pubblica reggina, indicano, la stessa, letteralmente dominata dallo spregiudicato accaparramento (generoso eufemismo…) di incarichi, promozioni, carriere e quant’altro utile alla “blasonata” causa comune». Così in una nota l’ex presidente del Consiglio comunale di Reggio Calabria Aurelio Chizzoniti.

«Tutti ben domiciliati all’interno di una perfida e quanto mai vorticosa eterodirezione della politica cittadina, i cui esponenti appaiono afflitti ed affetti dall’inguaribile presunzione di aver varcato la soglia dell’immortalità, con l’aggravante del quotidiano, teatrale, irritante sventolio della bandiera della “simulata” legalità. Miramare docet. Emerge, conseguentemente, uno spaccato di diffusa illiceità sulla quale grava perpendicolarmente l’indagine della Procura reggina, che affresca a fosche tinte l’incredibile e non contestabile decomposizione del pianeta politico-amministrativo, in un’ottica spietatamente finalizzata alla quanto mai oscena pianificazione acquisitiva di qualsivoglia, immorale, prebenda».

«È, in questo tenebroso panorama, tristemente scandito da impavidi atteggiamenti intimidatori, che irrompe il puntuale intervento degli inquirenti, che, secondo l’incauto pensiero del sindaco, da sempre allo stato gassoso, avrebbero ubbidito a logiche perverse (quali? Perché?), fra l’altro, addirittura, sul versante investigativo, infidamente organizzate ad orologeria! E così, il temerario e sbadigliante apostolo del nulla, erudisce sapientemente che “non si tratta di reati di ‘ndrangheta”, per cui, sic et simpliciter, altera e modifica il tutto in equivoche fattispecie semplicemente umanitarie! Inseguendo subdolamente una improponibile “captatio benevolentiae”, per abrogare il ruolo, già eluso, del Giudice del Lavoro, preposto anche alla verifica della legittimità di eventuali licenziamenti disposti contra ius».

«Conseguentemente, in attesa della pluri-strombazzata “svolta” cittadina, rammento, agli appassionati della “aristocratica” arte del mentire, l’eloquente messaggio contenuto nel libro “L’anno che doveva cambiare l’Italia”, pubblicato nell’anno 2006 da Claudio Veraldi, già capo team dell’allora Presidente del Consiglio (Massimo D’Alema), il quale, a pag. 205, chiosò: “ma il bello della sinistra e che non finisce mai di stupire. Quando pensate che abbia raggiunto il fondo dell’autolesionismo, della confusione mentale, dell’irresponsabilità, beh, a quel punto fa un passo avanti… verso il baratro”. Ragion per cui, l’ormai canonizzato sacerdote di Palazzo San Giorgio, incautamente ondeggiante fra il teatrale culto dell’apparire e la drammatica realtà cittadina emersa, unitamente allo spumeggiante team magico e all’assessore regionale coinvolto, ben farebbero ad approfondire il significato dell’espressivo aforisma attribuito ad un anonimo autore che annotò: “C’è un tempo giusto per andarsene, anche quando non si ha un posto dove andare…”. Nella vana speranza che i partiti tradizionali, ivi compresa Forza Italia, si sveglino dalla perdurante letargia, infrangendo l’ormai persistente e quanto mai chiassoso silenzio».

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