venerdì,Marzo 29 2024

Autonomia differenziata, Polistena dice no: «Fermare la secessione dei ricchi è un dovere civile»

La giunta comunale ha approvato una delibera attraverso la quale si chiede di elaborare una proposta politica tesa a uniformare le regioni dell’intero territorio nazionale

Autonomia differenziata, Polistena dice no: «Fermare la secessione dei ricchi è un dovere civile»

Il comune di Polistena dice no al disegno di legge relativo all’autonomia differenziata attraverso una delibera approvata nei giorni scorsi dalla Giunta comunale, attraverso la quale spiega le ragioni del dissenso. In premessa viene specificato che «con la riforma costituzionale approvata nel 2001, si è novellato il titolo V della Costituzione, introducendo competenze e funzioni amministrative alle regioni e gli enti locali.

La legge costituzionale, oltre a specificare le materie affidate agli enti territoriali, ha poi introdotto la possibilità di attivare, per ogni singola regione, “ulteriori forme e condizioni” di autonomia per le materie di legislazione concorrente, fra cui figurano sanità e istruzione, e per alcune materie affidate alla legislazione esclusiva dello Stato, tra cui l’amministrazione della giustizia di pace».

Il disegno di legge

Nella delibera viene quindi spiegato che, «nel 2017, le regioni Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, hanno assunto iniziative per dare attuazione alla previsione costituzionale dell’articolo 116. Recentemente invece, il Governo nazionale ha approvato in Consiglio dei Ministri una proposta di disegno di legge denominato “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario”, disciplinando procedure, tempi e modalità per l’esame e l’approvazione finale delle proposte attivate e/o attivabili successivamente da altre Regioni.

L’articolo 2 del ddl regola il procedimento, mentre l’articolo 3 disciplina le modalità di determinazione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale) ai sensi del disposto costituzionale. La determinazione dei Lep – si legge nella delibera – sarebbe approvata con Dpcm su proposta di una cosiddetta “Cabina di regia” competente alla predisposizione del documento.

Viene esautorato il ruolo del Parlamento, al quale è inibito entrare nel merito di quanto deciso nella “Cabina di regia” e i Lep sono determinati sulla base della spesa storica (spesa reale) e della spesa standard (spesa potenziale), come stimata da indici statistici di natura socio-economica e demografica».

Il divario tra nord e sud

Detto questo, la Giunta comunale rileva che «la maggior parte degli Enti locali e delle Regioni del Sud, ha una spesa storica inferiore a quella standard, evidenziando, indipendentemente dalle cause, un ritardo storico nell’erogazione di servizi fondamentali per la popolazione, determinato anche dalla cronicizzazione dei tagli e dei mancati trasferimenti di risorse.

È previsto il finanziamento dei Lep come individuati con nuove entrate erariali riscosse e ridistribuite nella rispettiva Regione di appartenenza, e ciò al fine di legare la spesa storica alla capacità fiscale per abitante, a tutto vantaggio delle Regioni più popolose verso cui si è polarizzato nel tempo un costante flusso migratorio dal Sud al Nord del Paese.

Si giungerebbe al paradosso secondo cui Regioni più popolose e con servizi meglio strutturati, come quelle che hanno promosso l’autonomia differenziata (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna), avrebbero riconosciute maggiori risorse, ignorando il principio della solidarietà tra territori, attualmente presente nel quadro normativo, che bilancia la minore capacità di spesa attraverso le risorse del fondo perequativo.

Nell’iniziativa delle tre Regioni vi è l’esplicita richiesta di ulteriori forme e condizioni di autonomia per quel che riguarda, fra le altre, l’organizzazione del servizio sanitario e di quello della pubblica istruzione, che al momento costituiscono i più solidi centri di spesa pubblica nonché pilastri dell’Italia ricostruita sulla Costituzione repubblicana».

La proposta

Pertanto, ritenuto che «il disegno di legge approvato in Consiglio dei Ministri sia un regalo ai territori più ricchi contrapposti ai territori più marginali, che incolpevolmente pagano ritardi storici, con grave lesione del principio di unità nazionale di cui all’articolo 5 della Costituzione e che non è vero che l’autonomia differenziata di alcune Regioni possa rappresentare “un ruolo di traino” per quelle realtà territoriali più in difficoltà ma semmai è il contrario, poichè rappresenta la violazione dell’articolo 3 della Costituzione, che incardina il principio di eguaglianza sostanziale nei diritti civili e sociali appartenenti a tutti i cittadini, a prescindere dal luogo in cui essi nascono, risiedono e vivono», la Giunta comunale di Polistena propone di richiedere al Governo nazionale e al Parlamento italiano, «lo stralcio del ddl per l’attuazione dell’autonomia differenziata approvato di recente in Consiglio dei Ministri».

Inoltre, chiede «la definizione dei Lep sulla base di una nuova logica perequativa e ridistributiva fondata sui principi della solidarietà tra i territori con maggiore capacità fiscale e quelli con minori risorse, della tutela dell’uguaglianza sostanziale dei cittadini nell’affermazione dei diritti civili e sociali, del rispetto dell’indivisibilità della Nazione che non può pensare di giungere a 20 sistemi sanitari e d’istruzione diversi su scala regionale.

Di fermare qualsivoglia pulsione politica e istituzionale, finalizzata alla secessione dei ricchi a tutto svantaggio delle popolazioni delle Regioni del Mezzogiorno, con un deficit di sviluppo storico rispetto ai programmi di ammodernamento del Paese realizzati e avviati. Di elaborare una proposta politica tesa a uniformare le regioni dell’intero territorio nazionale a un unico e unitario disegno di sviluppo finalizzato a recuperare i ritardi in termini di servizi fondamentali, lavoro e occupazione patiti dalle Regioni maggiormente in difficoltà».

La Giunta ha così investito il Consiglio comunale della problematica, chiedendo di esaminare la delibera in un punto specifico posto all’ordine del giorno e dato mandato al sindaco per assumere qualunque iniziativa affinché venga scongiurata l’attuazione del ddl. Dopodiché ha trasmesso la stessa delibera alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ai presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

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