Autonomia differenziata, il Comitato dei presidi protesta in tutta Italia
Migliaia di donne e uomini hanno dato vita da Nord a Sud ad una contestazione pacifica. Altre iniziative seguiranno, alcune delle quali già programmate, a partire dalla Petizione Europea
La determinazione dei Comitati per il Ritiro di ogni autonomia differenziata e del Tavolo NOAD è riuscita a sollevare l’allerta mediatica e politica su un progetto di gravità inaudita – quello del disegno di legge Calderoli, arrivato in forma il 16 gennaio alla discussione in Aula al Senato – volto a smantellare i diritti fondamentali di ogni cittadino e cittadina e la loro uguale fruibilità.
Il Tavolo, istituito dai Comitati attorno a questa lotta, è una grande rete di movimenti, partiti, sindacati, associazioni, esponenti delle Istituzioni. Il 16 gennaio il Tavolo ha organizzato presìdi in 28 città (Trieste, Venezia, Torino, Varese, Como, Brescia, Milano, Pavia, Genova, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Bologna, Ancona, Viterbo, Roma, Latina, Frosinone, Avellino, Napoli, Potenza, Bari, Catanzaro, Vibo Valentia, Catania, Enna, Trapani e Francoforte) nel corso dei quali è stato consegnato a Prefetti e Uffici regionali il documento che motiva le ragioni di una protesta iniziata più di 5 anni fa e di una mobilitazione che da allora è continuata costantemente.
«Migliaia di donne e uomini hanno dato vita – recita il comunicato – da Nord a Sud ad una contestazione pacifica, motivata, ferma sulle posizioni che coerentemente stiamo rivendicando da anni: contro ogni forma di autonomia differenziata, contro la devoluzione di materie alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni, che violerebbe i principi configurati negli artt. 1, 2, 3, 5 della Costituzione del ’48. La Carta fonda i pilastri della casa comune della Repubblica, cioè di tutti e tutte noi: uguaglianza, solidarietà, autonomia solidale e non competitiva, in una Repubblica “una e indivisibile”, basata sui diritti, sulle istituzioni della democrazia rappresentativa e la partecipazione a garanzia dello sviluppo di ogni singola persona, ovunque essa risieda».
A Roma hanno raggiunto il presìdio e rilasciato le proprie dichiarazioni Giuseppe Conte e Elly Schlein; Giuseppe Provenzano e Francesco Boccia del PD; Maria Domenica Castellone, Alessandra Maiorino, Roberto Fico e Francesco Caschiello del M5S; Peppe De Cristofaro, Nicola Fratoianni e Filippo Zaratti per AVS. Tutti hanno denunciato la gravità del disegno Calderoli impegnandosi a una forte opposizione in Parlamento e a promuovere la protesta nel paese.
L’opposizione parlamentare si è unita all’opposizione civica e sociale. «Esprimiamo la nostra soddisfazione riguardo alle dichiarazioni della segretaria del PD Schlein e del senatore Boccia, capogruppo Pd al Senato, che affermano che le pre-intese dell’Emilia Romagna, avviate dal presidente Bonaccini, sono di fatto ‘morte’, esattamente quello che noi chiediamo da tempo e continueremo a chiedere con la nostra proposta di legge di iniziativa popolare affinché la Regione Emilia Romagna ritiri la sua richiesta di autonomia differenziata».
«Il DDL Calderoli è arrivato in Parlamento – denuncia il comitato – senza un’adeguata informazione al paese, senza un dibattito nei Consigli comunali e regionali, e senza tener conto delle voci critiche e degli allarmi venuti da esponenti autorevolissimi del mondo accademico, economico, sociale e istituzionale: Ufficio Parlamentare di Bilancio, Commissione Europea, Banca d’Italia, Confindustria, Corte dei Conti e CEI. La discussione è arrivata in Commissione e in Aula senza che il Governo abbia ottemperato alla sua stessa tabella di marcia a proposito dei LEP, i livelli essenziali delle prestazioni, la cui definizione avrebbe dovuto concludersi entro il 2023».
Il “Milleproroghe” ha infatti stabilito un altro anno di tempo per la definizione degli standard inerenti i diritti sociali e civili, che lo Stato, attraverso il Parlamento – e non il Governo – dovrebbe garantire a tutti/e, indipendentemente dal territorio di residenza.
«Si è concluso un ‘patto scellerato’ – chiosano i presidi – tra la presidente Meloni e il ministro Salvini, tra FdI e Lega, per lo scambio fra Autonomia differenziata e Premierato, per sovvertire forma di Stato e di governo, distruggendo così la Repubblica democratica: al vertice del governo, il premier e i governatori, nelle Regioni, eletti con plebisciti e dotati di poteri autocratici. La presidente Meloni ha fatto proporre due emendamenti dai suoi parlamentari per mascherare gli effetti disastrosi del disegno Calderoli sulle condizioni sociali dei cittadini in generale e del Mezzogiorno in particolare. FdI vorrebbe che la secessione delle regioni ricche non sottraesse risorse finanziarie alle altre regioni, senza però modificare la norma che impone il rispetto degli equilibri finanziari: ma se le regioni ricche trattengono una parte delle entrate fiscali e gli equilibri finanziari vanno rispettati, da dove verranno le risorse per le altre regioni? Ė il gioco delle tre carte: l’on Meloni spera così di preservare il suo consenso elettorale anche nel Sud, colpito prima con l’abolizione del reddito di cittadinanza e ora con la secessione dei ricchi. Ma forse questa volta il trucco è stato scoperto in tempo».
«Tutto ciò – conclude il comunicato – avviene mentre siamo in un contesto di guerra e violenza, che si accompagna all’acuirsi delle differenze territoriali e sociali che stanno facendo precipitare milioni di persone a livelli di povertà, precarietà e paura insostenibili. Tutto questo va fermato adesso, sono in gioco le nostre vite! Il 16 gennaio è stato un primo giorno di mobilitazione nazionale. Altre iniziative seguiranno, alcune delle quali già programmate, a partire dalla Petizione Europea contro l’AD, che verrà discussa dal Parlamento Europeo lunedì 22 gennaio».
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