Reggina, l’amarcord di Nakamura: «Solo vivendo quel legame ho capito l’amore dei reggini per la maglia»
L’ex numero 10 amaranto ripercorre la sua esperienza in Italia, il forte legame con Foti e Morabito e il suo sogno di diventare allenatore

Shunsuke Nakamura, simbolo della Reggina dal 2002 al 2005, ha raccontato alla Gazzetta dello Sport i suoi legami con la città calabrese, il calcio italiano e la sua carriera. Tra aneddoti e affetto per i tifosi amaranto, Nakamura ripercorre un’esperienza indimenticabile. Ora, dopo aver appeso le scarpette al chiodo, sogna di diventare allenatore, ispirato dai suoi trascorsi con la Reggina e il calcio italiano.
Shunsuke Nakamura è stato uno dei calciatori più amati della storia della Reggina. La sua avventura in Italia, dal 2002 al 2005, ha lasciato un segno indelebile nella memoria dei tifosi amaranto. A più di 20 anni dal suo arrivo in Serie A, il giapponese si racconta esprimendo tutto il suo affetto per la città e per la squadra che lo ha accolto a braccia aperte.
La sua esperienza con la Reggina è iniziata con un incontro casuale ma decisivo con il presidente Lillo Foti. «Mi mise in mano la numero dieci della Reggina e iniziò a parlare in italiano, ma io non capivo nulla. Mi sembrava strano, ma fu molto convincente», ha raccontato. Il giovane Nakamura si trovò subito al centro di una passione travolgente, quella dei tifosi reggini che, come sottolinea lui stesso, “quando le cose andavano bene, eri un eroe”. Ma la sua ammirazione per la città non si fermava solo ai momenti di gloria. «Quando le cose andavano male, i tifosi entravano nel campo d’allenamento e si fermavano a parlare con noi. All’inizio, avevo un po’ di paura, ma ho imparato ad apprezzarlo. Lì ho capito davvero cosa significa l’amore incondizionato verso una squadra».
Nakamura ricorda con affetto la sua vita quotidiana a Reggio Calabria e il legame speciale con Giovanni Morabito, ex terzino e capitano della squadra amaranto. «Mi prese sotto la sua ala protettiva. Trascorrevamo molto tempo insieme, esplorando la città e mangiando a casa dei suoi genitori. Dormire nella stessa stanza con lui, però, era un po’ un incubo», scherza l’ex fantasista. «Una volta uscì dal bagno in mutande e andò a dormire così. Noi, in Giappone, siamo abituati a indossare il pigiama, mentre lui si presentò in questo modo», racconta divertito.
In campo, il giapponese ha lasciato il segno soprattutto con le sue punizioni, un’arte che ha perfezionato studiando e osservando i portieri italiani. Il suo momento più iconico fu nel 2002, quando segnò un gol indimenticabile su punizione contro il Brescia di Roberto Baggio. «Non gli chiesi la maglia per rispetto, era un campione», ha raccontato. Le sue punizioni, tra le quali 63 in carriera, erano sempre frutto di un’accurata preparazione.
Con la sua carriera da calciatore terminata a 44 anni, Nakamura ora ha un nuovo sogno: allenare. «Voglio diventare allenatore, e mi ispiro a Simone Inzaghi», ha detto, esprimendo ammirazione per il suo collega e la sua carriera. L’esperienza con la Reggina e il calcio italiano sono per lui una grande scuola, tanto che il suo desiderio è quello di trasmettere quella passione che ha imparato a conoscere, sia dai suoi allenatori come Mazzarri e Mutti, che dai tifosi reggini.
Shunsuke Nakamura ha vissuto un’avventura straordinaria con la Reggina, dove non solo ha mostrato il suo talento, ma ha anche imparato ad apprezzare l’amore dei tifosi e la cultura calcistica italiana. Oggi, dopo aver smesso di giocare, guarda al futuro con la volontà di allenare, portando con sé quella passione che ha sempre sentito nel cuore di Reggio Calabria.