13 giugno 1999: Reggio Calabria esplode di gioia, la Reggina conquista la Serie A
Ventimila cuori amaranto al Delle Alpi, un’intera città in festa: Tonino Martino scrisse la storia e regalò agli amaranto il primo sogno in A

Il 13 giugno 1999 la Reggina conquistò per la prima volta la Serie A e Reggio Calabria si trasformò in un’unica, gigantesca festa. In campo, al Delle Alpi di Torino, ventimila tifosi amaranto accompagnarono una squadra che seppe sorprendere e resistere fino alla fine. La tensione si tagliava col coltello: Cozza portò in vantaggio i suoi, Ferrante pareggiò e gelò tutto, poi Martino realizzò il gol che cambiò la storia. Intanto, in città, la gente si abbracciava nelle piazze, nei bar, nelle case, mentre il sogno prendeva forma. La squadra di Bruno Bolchi dimostrò solidità e carattere, costruendo un traguardo inseguito per decenni. L’Amaranto si affermò come simbolo di appartenenza, orgoglio e riscatto per un’intera regione.
Fu una domenica carica di tensione, quella del 13 giugno 1999. Una di quelle giornate che sembrano scritte nei sogni, ma che prendono vita nei cuori di chi non ha mai smesso di crederci. Reggio Calabria, la sua provincia e tutta la regione avevano gli occhi puntati su Torino, sullo stadio Delle Alpi, dove ventimila tifosi amaranto erano pronti a scrivere la storia. Era la speranza di un’intera terra, che da sempre lottava per farsi spazio nel calcio che conta.
La Reggina scese in campo contro il Torino, già promosso, ma la tensione era tutta sulla squadra calabrese. Serviva un risultato positivo per volare, per la prima volta, in Serie A. Sugli spalti, una marea amaranto. In città, nei bar e nelle piazze, migliaia di persone erano riunite davanti ai maxischermi. L’Amaranto era un simbolo, un collante, un grido collettivo.
La gara si sbloccò già nel primo tempo: sul dischetto andò Francesco Cozza, uno dei volti più amati della Reggina. Freddo, deciso, scaricò in rete il pallone dell’1-0. La gioia fu incontenibile, ma durò poco. Nella ripresa, Marco Ferrante, attaccante di razza, svettò in area e firmò l’1-1. Per un momento, il sogno sembrò scivolare via. I risultati dagli altri campi facevano tremare i polsi.
Ma fu proprio lì, nel momento più difficile, che nacque la favola. Tre minuti dopo, un’azione che sembrava disegnata dal destino: lancio profondo, Possanzini si inventò una magia in area, tacco d’autore, e il pallone arrivò a Tonino Martino. Un destro secco, preciso, rasoterra. Il pallone baciò l’angolo basso. Gol. Reggina di nuovo avanti. Reggina a un passo dalla Serie A. Martino, l’uomo inatteso, l’eroe del giorno, scrisse il finale più bello.
Il fischio finale fu un’esplosione. Al Delle Alpi si pianse, si cantò, ci si abbracciò. A Reggio, il traffico scomparve, lasciando spazio a un fiume di bandiere. I clacson si mischiarono ai cori, ai tamburi, alle lacrime. Fu un senso di riscatto, di appartenenza. Fu Reggio Calabria che si affacciava per la prima volta sul palcoscenico più grande.
La Reggina, del subentrato Bruno Bolchi in panchina, seppe costruire un gruppo solido, umile, affamato. Una squadra che non partiva coi favori del pronostico, ma che partita dopo partita costruì un sogno, reso reale da un gol nato da un tacco e da un cuore che non aveva mai smesso di battere per quella maglia.
Il 13 giugno 1999 la Reggina conquistò la sua prima, storica promozione in Serie A e Reggio Calabria esplose in un’emozione collettiva. Quella squadra, quel gol, quell’impresa diventarono l’orgoglio di un’intera comunità. La Serie A rappresentò il riconoscimento di un percorso costruito con sacrificio, lavoro e senso di appartenenza. In quel pomeriggio, l’Amaranto si trasformò in una bandiera che sventolava sopra una città capace di crederci fino in fondo. La prima volta non si dimentica. E per Reggio fu indimenticabile.
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