venerdì,Marzo 29 2024

Calabria deludente per Di Maio ma presto altri potrebbero seguirlo: l’imperativo è sopravvivere

Lasciano solo Nesci e d'Ippolito. Ma entro settembre altri grillini potrebbero dire addio al Movimento. L'exploit del 2018 è lontano. Tutti a caccia di una poltrona in Parlamento

Calabria deludente per Di Maio ma presto altri potrebbero seguirlo: l’imperativo è sopravvivere

Polvere di stelle, già. Ma la supernova, in Calabria, ha avuto effetti meno dirompenti di quanto si potesse immaginare.

Al crollo della galassia grillina, per ora, hanno contribuito solo due parlamentari eletti in questa regione: la sottosegretaria e volto storico del Movimento calabrese, Dalila Nesci, al secondo mandato, e il deputato Pino d’Ippolito, eletto per la prima volta nel 2018.

La proposta politica di Giuseppe Conte da queste parti ha dunque attecchito meglio di quella di Luigi Di Maio? Forse, ma quello che è successo ieri – con l’addio del ministro degli Esteri e la nascita di un nuovo gruppo parlamentare, Insieme per il futuro (Ipf) – può essere spiegato in modo compiuto solo alla luce delle Politiche del prossimo anno e delle relative candidature.

Certo, con Di Maio ci sono i “draghiani”, i pasdaran del Governo di unità nazionale, i filoatlantisti senza se e senza ma, gli anti-Putin e gli assertori della necessità di continuare a inviare armi all’Ucraina. Le truppe dell’ex capo politico, tuttavia, sono composte in gran parte da deputati e senatori che, con Conte, non erano così certi di trovare un buon posto in lista alle elezioni per il rinnovo del Parlamento. Gente, come gli stessi Di Maio e Nesci, che senza eventuali deroghe – decise da Conte, qui sta il punto – tornerebbe a casa proprio all’apice della propria carriera politica.

Il pretesto

La differente posizione sulla crisi ucraina, secondo gli analisti più autorevoli, sarebbe stata perciò solo un buon pretesto politico per far saltare il banco prima che la base si pronunciasse sul doppio mandato, con un voto online già annunciato da Conte per la fine di giugno.

Anche l’europarlamentare calabrese Laura Ferrara, oltre a ribadire la fedeltà all’ex presidente del Consiglio, ha avuto gioco facile nell’interpretare la scissione con termini meno nobili di quelli usati da Di Maio in conferenza stampa: «Le elezioni si avvicinano, il M5S ha avuto un calo di consenso da inizio legislatura, il numero dei parlamentari è stato ridotto e la regola interna del vincolo del secondo mandato è stata ieri nuovamente richiamata dal nostro garante Beppe Grillo. Una serie di elementi che messi insieme danno motivazioni più che convincenti sia a chi dovrebbe abbandonare la vita politica e tornare a dedicarsi al proprio lavoro, sia a chi, pur essendo ancora al primo mandato, non vede molte chance di rielezione».ADVERTISEMENTPARALLAX POWERED BY 

La scelta d’Ippolito

Ma se la scelta di Nesci era perfino prevedibile, quella di d’Ippolito ha colto alla sprovvista più di un osservatore. Soprattutto perché il deputato lametino è ancora al primo mandato e non avrebbe avuto bisogno di alcuna deroga per chiedere un secondo giro di giostra. «Pino – spiegano alcuni conoscitori del Movimento – è stato maltrattato da Conte, che non ha mai voluto appoggiare le sue tante battaglie ambientaliste e non ha dato seguito alle sue richieste di avviare una discussione interna dopo i risultati disastrosi delle Regionali e delle Amministrative di Catanzaro».

Vero è che il passaggio in Ipf di Nesci e d’Ippolito per certi versi rafforza l’adesione al progetto contiano dei grillini che non hanno cambiato casacca, per il semplice fatto che la concorrenza interna è diminuita.

Nel 2018 il Movimento era riuscito a eleggere la bellezza di 18 tra deputati e senatori. Oggi la creatura di Grillo ne annovera solo 9: oltre al fedelissimo di Conte, il neo referente regionale Misiti, sono rimasti Barbuto (ieri per molte ore inclusa nell’elenco dei fuoriusciti pubblicato dalle agenzie di stampa), Dieni (che ha dovuto smentire con forza il suo passaggio in Ipf), Melicchio, Orrico, Parentela, Scutellà, Tucci e Auddino. Saranno loro, a meno di altri clamorose defezioni, a contendersi le poche – pochissime se paragonate a quattro anni fa – poltrone che spetteranno a un Movimento che viaggia intorno al 12%, che continua a perdere consensi e che dovrà misurarsi con il drastico taglio dei parlamentari, a questo punto auto-inflitto.

I dati calabresi

I dati calabresi non confortano: 6,4% alle ultime Regionali, 2,7% a Catanzaro. Sono cifre che rispecchiano la crisi di un Movimento che, dopo l’exploit di quattro anni fa, non ha saputo radicarsi nei territori né offrire un’alternativa politica credibile al vecchio sistema partitico calabrese.

Il risultato è che la moltitudine grillina è diventata un gruppetto, la cui composizione potrebbe peraltro cambiare ancora, dato che, a parere di autorevoli fonti interne ai 5 stelle, altri parlamentari, da qui a settembre, sarebbero pronti a dire addio a Conte per cercare collocazioni più sicure. La diaspora grillina potrebbe insomma essere solo all’inizio. «La scissione – commentano i bene informati – ha fatto definitivamente saltare il tappo del malcontento, anche in Calabria».

I dimaiani

E se, malgrado il contesto elettorale da incubo, i parlamentari rimasti nella casa madre contano di avere ancora qualche chance per centrare la rielezione, altro discorso riguarda i dimaiani.

Anche il ministro sarebbe tentato di dare il suo contributo per la costruzione di una nuova cosa centrista, magari – come ha scritto Repubblica – con il sindaco di Milano Sala, con Tabacci, Brugnaro e con l’ala leghista meno sovranista, quella che fa capo a Giorgetti. Il guaio è che questo fantomatico centro è ormai diventato l’eldorado dei politici in fuga dai due poli classici pur senza avere ancora né una forma precisa né leader riconosciuti.

Tanto per restare agli esempi regionali, qualora Nesci e d’Ippolito, come probabile, dovessero anelare a una ricandidatura, la strada resterebbe comunque in salita.

È, in ogni caso, il destino comune di tutti i parlamentari uscenti, la cui ansia è inversamente proporzionale alla esiguità delle poltrone disponibili. In Calabria ci sarà posto solo per 13 deputati (prima del taglio erano 20) e 6 senatori (10). L’imperativo, per i grillini e non solo, è uno: sopravvivere. I numeri, però, non mentono. E dicono che l’esplosione delle stelle calabresi è soltanto rimandata.

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