di Lorenzo Vazzana – Scilla ivi alberga, che moleste grida Di mandar non rista. La costei voce
Altro non par che un guaiolar perenne
Di lattante cagnuol: ma Scilla e’ atroce
Mostro, e sino ad un dio, che a lei si fesse, Non mirerebbe in lei senza ribrezzo.
Dodici ha piedi, anteriori tutti, Sei lunghissimi colli, e su ciascuno
Spaventosa una testa, e nelle bocche Di spessi denti un triplicato giro, E la morte piu’ amara in ogni dente.
Con la meta’ di se’ nell’incavato
Speco profondo ella s’attuffa, e fuori
Sporge le teste, riguardando intorno
Se delfini pescar, lupi, o alcun puote
Di que’ mostri maggior che a mille a mille
Chiude Anfitrite nei suoi gorghi e nutre.
Ne’ mai nocchieri oltrepassaro illesi:
Poiche’ quante apre disoneste bocche,
Tanti dal cavo legno uomini invola.
Men l’altro s’alza contrapposto scoglio
E il dardo tuo ne colpiria la cima.
Grande verdeggia in questo e d’ampie foglie
Selvaggio fico; e alle sue falde assorbe
La temuta Cariddi il negro mare.
Odissea XII canto.
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