CHIEDIMI AIUTO | Una storia vera che ci parla di dolore, coraggio e rinascita: «Quando il dolore educa»
Un lutto improvviso, un vuoto che ha attraversato un’intera famiglia come un temporale d’estate: forte, inaspettato e silenzioso, ma ad accusare particolarmente il colpo è stata lei, una figlia che nel dolore della madre ha visto un vortice difficile da affrontare

di Gabriella Vigoroso – C’è un momento nella vita, in cui il dolore arriva all’improvviso e senza chiedere permesso. In questa storia, il dolore è arrivato sotto forma di lutto improvviso, un vuoto che ha attraversato un’intera famiglia come un temporale d’estate: forte, inaspettato e silenzioso, ma ad accusare particolarmente il colpo è stata lei. Una donna, moglie e madre di tre figlie, che ha fatto ciò che molte madri fanno istintivamente: ha indossato una corazza. Non ha pianto davanti a loro. Non ha parlato della sua sofferenza. Ha smesso di essere madre accogliente per diventare madre forte. Per «proteggerle», si è chiusa nel silenzio, nella routine, nella forza apparente.
Ma il dolore, quando non trova voce, trova altri modi per sopraggiungere. Da giorni in casa il silenzio era diventato più pesante del solito. Non era il silenzio che caratterizza la tranquillità familiare, ma quello sospeso tra le parole non dette, tra i piatti lavati senza guardarsi e le porte chiuse con troppa delicatezza, come per non disturbare il dolore stesso.
Dopo le urla di dolore, che una notte di fine Settembre hanno svegliato A. S. e tutta la casa, la mamma ha smesso di essere «mamma» nel modo in cui A. S. era abituata. Era sempre lì, sì. Preparava la cena, faceva le lavatrici, chiedeva se avesse fatto i compiti. Ma lo faceva con il pilota automatico. Con lo sguardo vuoto, come se il corpo fosse lì ma la mente altrove. A. S. la osservava ogni giorno in silenzio, studiando i suoi gesti.
Notava come si fermava davanti alla tazza del caffè, stringendola troppo forte. Come si passava le dita sugli occhi quando pensava di non essere vista. Come sorrideva, ma solo con la bocca.
Una sera come tante, dopo cena, A. S. iniziò a fare la sua solita camminata nel corridoio che congiunge la sua cameretta alla sala da pranzo, la trovò seduta sul divano, in penombra. Niente tv, niente cellulare, la mamma era lì a mordicchiarsi le mani. A. S. si avvicinò, incerta, poi si sedette piano accanto a lei e le disse: «Ogni sera ho il cuore che batte forte in petto, tanto da farmi mancare il fiato, HO BISOGNO DI AIUTO!».
E così, a distanza di tempo, la figlia più grande – 13 anni, in piena adolescenza – ha iniziato a manifestare una forte ansia, specialmente la sera prima di andare a dormire. Ogni notte si affaccia al buio con una paura profonda della morte. Non solo della propria, ma anche di quella delle persone che ama. Una paura che non riesce a spiegare, ma che sente crescere dentro.
Quel dolore mai detto, mai accolto, aveva trovato un nuovo spazio: il cuore fragile di una figlia che avrebbe voluto solo sapere che era permesso avere paura.
Questa storia ha avuto un punto di svolta nel momento in cui la mamma ha deciso di CHIEDERE AIUTO non solo per la figlia, ma anche per sé stessa. Questa storia ci ricorda che il dolore non può essere cancellato, ma può – e deve – essere accolto. Soprattutto quando si è genitori.
Nascondere la sofferenza pensando di proteggere i figli può diventare, senza volerlo, un modo per lasciare che il dolore si trasmetta in silenzio. I bambini e gli adolescenti sentono tutto, anche quello che non si dice. Ecco perché è fondamentale aprire spazi di dialogo, di ascolto e di cura. E perché è importante che anche gli adulti – soprattutto le mamme e i papà – si concedano il diritto di essere accompagnati, di intraprendere percorsi di sostegno pedagogico e psicologico, di imparare a stare nel dolore, senza paura di non essere all’altezza.
Il dolore, nei bambini e nei ragazzi, non sempre si esprime con le lacrime. Spesso si nasconde dietro comportamenti insoliti, silenzi, paure improvvise, rabbia o ansia. I bambini e gli adolescenti sentono profondamente ciò che accade nel loro ambiente, anche quando gli adulti cercano di proteggerli «non dicendo».
L’adulto che accoglie il dolore aiuta i più piccoli a dare un nome alle emozioni, a capire cosa provano, a sentirsi ascoltati senza giudizio. Insegna che è normale avere paura, sentirsi tristi, arrabbiati o confusi quando succede qualcosa di difficile, come un lutto o un grande cambiamento.
È necessario insegnare ai bambini e ai ragazzi che se il dolore non viene riconosciuto, può trasformarsi in ansia, insonnia, chiusura o comportamenti disfunzionali. Se invece viene accolto con delicatezza, può diventare una parte del percorso di crescita. È fondamentale che adulti, genitori e insegnanti imparino a parlare di emozioni, ad ascoltare e a chiedere aiuto quando serve.
Da pedagogista ed insegnante sono sempre più certa che i percorsi pedagogici ed emotivi non sono solo «cure», ma spazi di rinascita, dove grandi e piccoli imparano insieme a trasformare il dolore in consapevolezza. Ed è proprio questa la mission di “CHIEDIMI AIUTO”: creare uno spazio che possa diventare, grazie ai professionisti che interverranno per dare supporto, spazio di cura!
- Tags
- calabria