giovedì,Aprile 25 2024

Dopo l’anno più buio

Si chiude un 2022 drammatico per Reggio e la sua provincia. Il 2023 si annuncia carico di speranze

Dopo l’anno più buio

È stato l’anno più buio. Reggio e la sua provincia dicono finalmente addio a un 2022 drammatico, sotto ogni punto di vista.

La crisi internazionale – dovuta alla congiunzione di fattori terribili quali pandemia, guerra in Ucraina, inflazione, caos energetico e caro bollette – ha prodotto i suoi effetti più nefasti proprio nelle realtà territoriali periferiche e storicamente più emarginate. Il Reggino è, purtroppo, tra queste.

I problemi geopolitici hanno aggravato la condizione di precarietà di una provincia in emergenza perenne e che, per sovrapprezzo, sembra essere sempre più lontana dalle preoccupazioni del governo centrale.

Basti pensare alla manovra finanziaria appena approvata dal Parlamento. Per Reggio, una delle dieci città metropolitane d’Italia, sono stati trovati solo spiccioli. I soldi veri sono stati stanziati altrove. Qui, come sempre, ci si deve accontentare delle promesse: costano poco, in fondo. A parte quella sul Ponte: la società mangiasoldi “Stretto di Messina” è stata riportata in vita e ora, dicono, la mega opera si dovrà fare per forza. Qui tocca andare avanti sempre a colpi di sogni. Forse anche per sfuggire a una realtà mai così dura come in questo 2022.

Un anno in cui Reggio – al culmine di un decennio di disastri amministrativi – è stata un’altra volta mortificata pure dal punto di vista della rappresentanza democratica, a causa delle condanne/sospensioni del sindaco e della sua Giunta. Un anno in cui le tante e accurate inchieste della Procura e le sentenze dei tribunali hanno dimostrato quanto sia ancora pervasivo il potere delle organizzazioni criminali che operano in questa provincia; così come hanno svelato, nel caso dell’Università Mediterranea, che non esistono più zone franche, né santuari immuni al consociativismo e alle baronie che trattano le istituzioni pubbliche come proprietà private. Perfino la Reggina, simbolo sportivo a cui spesso la città ha affidato il suo riscatto sulla scena nazionale, ha rischiato di essere trascinata a fondo dalle vicende giudiziarie del suo ex presidente.

Quel che preoccupa di più è però lo spirito infiacchito di una comunità che sembra ormai inerte, dopo anni e anni di speranze tradite.

È stato detto che l’ora più buia è sempre quella che precede il sorgere del sole. Pochi e incoraggianti bagliori si vedono già. Luccicano sui corpi dei Bronzi di Riace, capaci di irradiare nel mondo il proprio mito pur nella pochezza delle celebrazioni organizzate per il cinquantenario della loro scoperta; altri schizzano sulle acque della Locride per finire negli occhi carichi di speranza delle migliaia e migliaia di migranti, accolti a braccia aperte da una comunità sempre solidale, nella quasi indifferenza del resto del Paese.

Presto, per effetto delle riforme o della prescrizione, anche l’amministrazione reggina tornerà in carica nel rispetto del mandato elettorale che i cittadini le hanno affidato due anni fa. Saranno poi i fatti a incaricarsi di suggerire un giudizio complessivo sul governo Falcomatà, ma è certo che la sospensione della volontà popolare per via giudiziaria non potrà mai essere un bene.

Poi c’è la Reggina, che con la (non ancora) premiata ditta Saladini/Inzaghi è tornata finalmente a volare. Poi il nuovo corso dell’Università, le incoraggianti prospettive per l’aeroporto, le imprese che resistono contro ogni logica economica, i cittadini che non si arrendono malgrado la qualità della loro vita sia tra le più basse d’Italia.

Accontentarsi, a volte, diventa necessario.

Anche perché difficilmente quello in arrivo sarà un anno peggiore del precedente.

E allora buon 2023, reggini: andrà meglio, andrà sicuramente meglio.

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