sabato,Aprile 20 2024

Scoperto un gene che potrebbe riparare i danni subìti dal cuore dopo un infarto

Uno studio internazionale guidato dall'Università di Bologna ha mostrato che l'inibizione di una classe di ormoni produce esiti promettenti nella riparazione del tessuto cardiaco danneggiato

Scoperto un gene che potrebbe riparare i danni subìti dal cuore dopo un infarto

Un gruppo internazionale di riceca, guidato dall’Alma Mater di Bologna, ha individuato un gene chiave che potrebbe riparare i danni subìti dal cuore dopo un infarto. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Cardiovascular Research, evidenzia che l’incapacità del muscolo cardiaco di rigenerarsi a seguito di un infarto sarebbe, almeno in parte, dovuta all’azione di una classe di ormoni steroidei, ossia i glucocorticoidi, che dopo la nascita spingerebbero le cellule muscolari del cuore a maturare, bloccandone però al tempo stesso la proliferazione.

«I risultati che abbiamo ottenuto mostrano che i glucocorticoidi rappresentano un importante freno della capacità rigenerativa cardiaca: la loro inibizione ha infatti mostrato esiti promettenti nella riparazione del tessuto cardiaco danneggiato», ha spiegato Gabriele D’Uva, ricercatore al Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio. «Si tratta di una scoperta molto rilevante, che in futuro potrebbe portare a trattamenti efficaci per migliorare le condizioni del cuore dei pazienti colpiti da infarto».

Le malattie cardiache sono una delle principali cause di morte, in parte proprio perché il tessuto cardiaco, a differenza di altri tessuti del corpo umano, non è in grado di rigenerarsi. Durante un infarto miocardico infatti, le cellule del muscolo cardiaco muoiono e vengono sostituite da un tessuto cicatriziale che è incapace di contrarsi. Se il danno è esteso, questo porta a sviluppare un’insufficienza cardiaca: una condizione per cui il cuore non riesce a pompare sangue in quantità sufficiente a soddisfare le esigenze dell’organismo, che può portare a diversi esiti debilitanti, fino alla morte cardiaca improvvisa.

Lo studio

«Al contrario di quanto accade nella maggior parte dei tessuti del nostro corpo, che si rinnovano per tutta la vita, il rinnovamento del tessuto cardiaco in età adulta risulta estremamente basso, quasi inesistente – ha spiegato D’Uva -. Ciò è conseguenza sia del ridottissimo tasso di proliferazione delle cellule muscolari cardiache che dell’assenza di una significativa popolazione di “cellule staminalì” in questo tessuto: i danni severi al cuore, indotti ad esempio da infarto miocardico, sono quindi di fatto permanenti». Per ovviare a questa incapacità rigenerativa del cuore, gli studiosi si sono quindi concentrati sui glucocorticoidi, degli ormoni che svolgono importanti ruoli nello sviluppo, metabolismo e mantenimento dell’omeostasi e nella gestione di situazioni di stress.

I glucocorticoidi sono noti per indurre la maturazione dei polmoni. I ricercatori, però, si sono accorti che esponendo cellule muscolari cardiache neonatali a questi ormoni, le cellule perdevano la loro capacità proliferativa. Sono stati quindi realizzate analisi del tessuto cardiaco durante la prima settimana di vita postnatale, dalle quali è emerso un aumento della quantità del recettore per i glucocorticoidi (GR): un elemento che suggerisce come l’attività dei glucocorticoidi vada aumentando nell’immediato periodo postnatale. Da qui è nata l’ipotesi che i glucocorticoidi possano essere responsabili della maturazione delle cellule muscolari cardiache, a discapito della loro capacità replicativa e rigenerativa.

Un’idea che è stata ora dimostrata sul modello animale, utilizzando sofisticate tecniche di biologia molecolare. Attraverso la delezione del recettore GR è infatti emerso un ridotto differenziamento delle cellule muscolari cardiache, ossia la loro permanenza in uno stato immaturo, che ha portato ad un aumento della loro divisione in nuove cellule cardiache. I ricercatori sono inoltre riusciti a chiarire il meccanismo molecolare responsabile del blocco replicativo da parte dei glucocorticoidi, dovuto ad una modulazione del metabolismo energetico cellulare.

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