venerdì,Aprile 19 2024

Una scarsa qualità del sonno può provocare l’Alzheimer

A rivelarlo è una ricerca condotta dai medici del Centro di Medicina del sonno dell'ospedale Molinette e dai ricercatori dell'Università di Torino

Una scarsa qualità del sonno può provocare l’Alzheimer

Una scarsa qualità del sonno può provocare l’Alzheimer. A rivelarlo è una ricerca condotta dai medici del Centro di Medicina del sonno dell’ospedale Molinette e dai ricercatori dell’Università di Torino. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “Acta Neuropathologica Communications”, dimostra il forte legame tra il sonno e la malattia. I ricercatori hanno esaminato l’effetto di un sonno disturbato in topi geneticamente predisposti al deposito di beta-amiloide, una proteina, che compromette irreversibilmente le funzioni cognitive dell’animale, anche se giovane.

Il riposo notturno nei pazienti affetti da Alzheimer è spesso disturbato, fino ad arrivare a una vera e propria inversione del ritmo sonno-veglia, ma i ricercatori hanno osservato anche che gli stessi disturbi del sonno, quali apnee, russamento, insonnia, sindrome delle gambe senza risposo, possono influenzare negativamente il decorso della malattia. Quindi, in chi è predisposto all’Alzheimer il sonno frammentato favorisce l’insorgere della demenza senile, in pazienti già malati accelera e aggrava la malattia. Pertanto, curare un sonno disturbato potrebbe rallentarne la progressione. 

«Durante il sonno c’è un sistema di pulizia, che si chiama sistema glinfatico che elimina le sostanze di scarto che noi accumuliamo durante la veglia. Purtroppo queste svolgono una funzione di danneggiamento dei neuroni, delle cellule nervose e di conseguenza durante la notte, nelle fasi di sonno profondo, le dobbiamo eliminare obbligatoriamente se vogliamo avere un cervello sano – ha affermato il professor Alessandro Cicolin del Centro di medicina del sonno dell’ospedale Molinette Torino -. Un sonno troppo frammentato manda in tilt il sistema glinfatico, che non riesce più a smaltire neurotossine, come la proteina beta amiloide, che compromette le funzioni cognitive». 

Dalla ricerca è emerso anche che bisogna porre una maggiore attenzione alla “qualità del sonno”, in quanto è solo nel sonno profondo che il sistema glinfatico può svolgere efficientemente il compito di “pulizia” ed eliminazione delle sostanze neurotossiche che si accumulano in veglia. Anche in assenza di altri fattori, quali la riduzione del tempo di sonno o condizioni ipossiche, la sola frammentazione del sonno a livello cerebrale, ostacolando il mantenimento del sonno profondo, è in grado di innescare e mantenere il processo.

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