venerdì,Aprile 19 2024

Coronavirus a Reggio Calabria, Alessandro: «Noi, dimenticati nelle baracche dell’Ex Polveriera»

Sono 14 le famiglie che non hanno trovato una nuova casa e restano confinate nei tuguri, tra topi e insetti, nel momento peggiore della pandemia

Coronavirus a Reggio Calabria,  Alessandro: «Noi, dimenticati nelle baracche dell’Ex Polveriera»

Confinati nelle baracche di lamiera in piena emergenza coronavirus. È quello che è accaduto alle 14 famiglie, alcune con bambini piccolissimi, rimaste ad abitare nel ghetto dell’ex Polveriera di Ciccarello, a Reggio Calabria. Per loro una casa il Comune non l’ha mai trovata e, in tempo di pandemia, queste loro mura anguste e stanze ammuffite di pochissimi metri quadri sono diventate prigioni, popolate tutto l’anno da topi e insetti.

Il monito è quello di restare a casa, ma queste baracche logore possono chiamarsi casa? Luoghi angusti, malsani, dove le famiglie sono costrette, a pochi metri da cumuli di rifiuti. Se dovesse arrivare il contagio sarebbe una strage. Abbiamo raccolto l’ennesima denuncia di Alessandro Berlingieri. Non è la prima volta che le telecamere entrano a raccontare lo scempio dentro queste piccole stanze in cui, arrangiandosi con delle brandine, dormono in cinque.

La vita nel ghetto dell’Ex Polveriera

La più arrabbiata è la mamma di Alessandro, la signora Maria è nata a Condofuri e, da bambina, è stata portata in quella casa, dove ha vissuto tutta la sua vita con il sogno di avere finalmente un tetto come si deve sulla sua testa. Un sogno che sembrava stare prendendo forma materiale qualche tempo fa quando per metà delle famiglie dell’Ex Polveriera si sono aperte le porte delle case che erano beni confiscati. Ma il numero di abitazioni non è stato sufficiente per tutti e quindi Alessandro, i suoi parenti ed altre famiglie sono rimasti li, in attesa. La signora ricorda con rabbia e con dispiacere il giorno in cui, nel periodo preelettorale, era andato il sindaco Giuseppe Falcomatà: «È arrivato fino all’ultima stanza – afferma – ha visto tutto. Ma poi non si è fatto più vedere. E noi siamo qui ad aspettare».

Chiunque si avvicini a parlare con noi ha un solo desiderio: avere un luogo degno di chiamarsi abitazione. In verità in queste stanze è difficile, solo a guardarle immaginare di poterci vivere. E la “casa” di Alessandro è una di quelle messe meglio. Spostandoci più in basso, all’interno della cosiddetta zona demaniale, sembra davvero di fare un salto oltreoceano, in favelas brasiliane senza acqua e senza luce. La cosa che colpisce sono i tetti in lamiera.

Chiediamo se è stata fatta una bonifica per l’amianto ed il giovane ci racconta che è stata fatta dal Comune, ma con loro dentro. Quando invece si tratta di una procedura che richiede isolamento e distanziamento proprio per la pericolosità delle particelle che si distaccano al solo movimento dei materiali altamente cancerogeni. Convivono a pochi metri dalle galline, in alloggi di fortuna, famiglie con bambini di pochi mesi. E con i topi che, ci raccontano, tutte le sere fanno festa e si manifestano in cerca di cibo.

Ex Polveriera abbandonata dalle istituzioni

«Purtroppo qui la situazione era drammatica già prima dell’emergenza, adesso è peggiorata e non ci sono le condizioni per rimanere in casa – spiega – gli spazio sono questi in baracche di pochi metri e le famiglie numerose. Non tutti siamo provvisti di dispositivi di dispositivi di protezione individuale. Sopravviviamo come possiamo».

La famiglia di Alessandro ha tutto il diritto ad avere un alloggio «Siamo assegnatari, dal bando del 2005, oltretutto rientriamo nei requisiti per l’assegnazione d’emergenza, considerate le precarie condizioni dell’abitazione e aspettiamo una risposta. Anche la prefettura che era stata dal settembre 2018 nessuna notizia dalle istituzioni, completamente assenti. Da due anni non è venuto più nessuno. Il Comune ha fermato la dislocazione delle famiglie e l’assessore ai lavori pubblici Giovanni Muraca ha detto che l’ex Polveriera era stata liberata e che la situazione era superata ma guardateci, non è vero. Abbiamo scritto per smentire.

Dietro ai silenzi di questi volti che ci guardano c’è anche tanto sconforto. La rassegnazione forse per parole di speranze che troppe volte sono state pronunciate invano. Benedetto Bevilacqua, lo zio di Alessandro, tre anni fa la famiglia se l’è vista brutta: è crollato un muro di casa, per fortuna di notte e in una zona in cui non c’era nessuno in quelle ore.

«Ma se viene un terremoto moriremo tutti – afferma – viviamo in casa abbandonata non agibile. Al sindaco abbiamo mandato le foto con le pec, ma non si è interessato. Ha mandato via un po’ di famiglie e ci ha lasciati qui, in mezzo ai rifiuti, ai topi, con ragazzini minorenni. Siamo in 5 e la casa che sta crollando. Dopo 30 anni da quando ho presentato la domanda dobbiamo ancora aspettare? Era caduto il bagno ma il sindaco lo sa. Non ci ha degnato di vedere in che situazione siamo. Che venisse a vedere come stiamo e la situazione di topi e bambini, questa è vita, è realtà? Non è giusto, non è umano».

La storia recente

Cosa è accaduto due anni fa? A fare una sintesi era stato l’Osservatorio sul disagio abitativo. Nell’aprile del 2018 il Comune di Reggio Calabria, in collaborazione con la Prefettura di Reggio Calabria, l’Agenzia Nazionale dei Beni confiscati ed il Tribunale di Reggio Calabria, ha avviato il progetto “Ex Polveriera dall’emergenza abitativa alla legalità percepibile” con il quale avrebbe dovuto dislocare in alloggi confiscati le 32 famiglie residenti nella baraccopoli da 60 anni.

Ma il Comune dopo averci lavorato fino al mese di settembre 2018, dislocando negli alloggi la metà delle famiglie, ha abbandonando nelle baracche le altre famiglie in mezzo ai rifiuti che aveva prodotto demolendo le baracche delle famiglie dislocate. Nel mese di febbraio 2020, poco prima dell’emergenza sanitaria, la Giunta comunale ha approvato (DG nr 2 del 18/02/2020) il progetto esecutivo per la demolizione della Selleria dell’ex Polveriera ed il risanamento dell’area, ma ha completamente ignorato le 16 famiglie lasciate del ghetto.

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