giovedì,Aprile 18 2024

Vaccini, l’Asp di Reggio bruciò i tempi ma non poteva: il documento che svela gli abusi

Una nota interna rivela il vano tentativo del direttore del Dipartimento di prevenzione di fermare la somministrazione non autorizzata del siero prima dell’approvazione dei protocolli vaccinali. Invece le fiale venivano già utilizzate in alcuni ambulatori medici e per immunizzare il personale scolastico di un istituto della Piana

Vaccini, l’Asp di Reggio bruciò i tempi ma non poteva: il documento che svela gli abusi

di Agostino Pantano –

La frase è breve e sembra buttata là, come un inciso qualsiasi, dentro una delle tante note quotidiane interne all’Asp di Reggio Calabria. A scrivere quella che, invece, è una inquietante accusa è Sandro Giuffrida, direttore del Dipartimento prevenzione, che nella lettera si rivolge al direttore sanitario aziendale, Antonio Bray, per informarlo che «inoltre, ci giunge voce di medici di medicina generale che stanno vaccinando presso i propri ambulatori». Tutto normale, se non fosse che quando il dirigente informa il collega sui boatos è un giorno in cui era del tutto impossibile – in base agli accordi nazionali e regionali sulla campagna di immunizzazione – che un medico di famiglia potesse essere in possesso di flaconi con dosi da somministrare, tanto più «presso i propri ambulatori».

La misteriosa delazione

È infatti il 12 febbraio quando Giuffrida, responsabile nel territorio reggino delle vaccinazioni, allarma – con questa rivelazione fondata sul classico “si dice” – il braccio operativo della terna commissariale che guida l’Asp. È un venerdì che precede di una settimana esatta il protocollo d’intesa che la Regione, poi, firmerà con le 4 sigle sindacali per disciplinare il ruolo, le modalità e i compensi da attribuire ai professionisti, nella Campagna da avviare per la categoria degli over 80. In pratica a Giuffrida risulta una cosa del tutto inaspettata, ovvero che si sarebbe tentato un misterioso “rodaggio” senza alcun via libera di una macchina organizzativa che ha stentato parecchio prima di partire, e di questa che né più né meno sembra anche una delazione – non ci sono nomi e non si riferiscono circostanze precise nella nota– la cui conoscenza offre a Bray con un mix di stupore e censura.

Terremoto all’Asp

È il rigo successivo, quello che chiude la lettera, che fa capire quanto la circostanza – di vaccini entrati in possesso di medici fin lì non autorizzati, per interventi in luoghi come gli studi privati, che ancora erano al centro di una disputa alla Cittadella – abbia prodotto un terremoto ai piani alti via Diana. «Per tale motivo – scrive Giuffrida subito dopo aver riferito la “voce” – in attesa di eventuali provvedimenti che la S.V. vorrà adottare, ci si dissocia da tali iniziative».

Le prime domande

Al netto del normale quesito che chiunque è tentato di porsi, ovvero se la circostanza di un uso improprio così smaccato dei vaccini – per luogo di somministrazione e per legittimazione dell’operatore – sia stato denunciato anche alla magistratura, quello mandato da un ufficio all’altro è anche un siluro all’indirizzo dei vertici operativi dell’Asp, con la nota trasmessa per conoscenza anche alla terna commissariale guidata dal prefetto Giovanni Meloni. 
Chi, e come, al di fuori del personale dell’Asp titolato a ricevere, custodire e utilizzare in quella fase i flaconi, ha potuto gestire un prodotto ancora precluso a larga fascia della popolazione calabrese che lo attende per sperare di liberarsi della pandemia? Con quale criterio un numero imprecisato di medici di famiglia, nel territorio dell’Asp reggina, hanno scelto quale paziente vaccinare, e soprattutto a chi hanno comunicato i dati precisi delle operazioni effettuate tenuto conto che né ieri né oggi è ancora attiva la piattaforma informatica che deve assicurare efficienza e trasparenza nella contabilità dei sieri inoculati?

Due missive

Sembrano queste le prime urgenti e inquietanti domande stimolate dalla censura fatta da Giuffrida, nel corpo di una lettera che LaCnews24 ha potuto visionare in esclusiva, e che – però – è utile rileggere anche per altri aspetti inediti che fa conoscere. La nota, infatti, è il seguito di una precedente comunicazione – fatta il giorno prima – sempre dal direttore del Dipartimento prevenzione, ed è quella che in gergo si definisce “integrazione”. 
Giuffrida lo chiarisce, il perché si sia reso necessario l’invio di ben due missive in così poco tempo con lo stesso oggetto, “Organizzazione campagna vaccinale anti covid-19”, e lo scrivente usa parole lapidarie, quasi a lamentare che qualcuno non abbia avuto “orecchie” pronte ad adeguare l’iter a quello che lui aveva denunciato: «A conferma delle criticità già evidenziate nella precedente nota», rimarca Giuffrida come se dovesse ripetere, e aggiungere, doglianze a quelle già emarginate il giorno prima al collega.

Fulmini e saette 

Ed infatti, il “bolide” sui medici di famiglia incaricati di vaccinare all’insaputa del responsabile della Campagna, non è altro che l’ultimo di quelli sganciati dal direttore che, il giorno prima, aveva vergato un’altra nota, aggiungendo a Bray 3 destinatari indicati senza nome ma solo con la carica – si tratta dei Direttori dei 3 distretti sanitari dislocati tra Reggio città, la Locride e la Piana – e una quarta figura, il cui nome in questo caso risulta segnato per esteso: Gabriella Eburnea, responsabile “cure primarie”. In questo primo step del carteggio, datato 11 febbraio – Giuffrida va giù in maniera ancora più pesante contro i colleghi che avvisa scrivendo «si prende atto e si stigmatizza il disomogeneo avvio dell’attività vaccinale per le categorie degli ultraottantenni e per i soggetti sotto i 55 anni». 
Anche nel caso di quest’altra dura critica del responsabile di una Campagna che prende le distanze da chi quella Campagna l’aveva avviata, però, è utile tenere a mente la giornata particolare.

La scuola “modello”

È un giovedì, ovvero il giorno che precede l’avvio e l’immediata chiusura – dopo lo scandalo scoperto dal nostro network – del Punto vaccinale di Rosarno, ovvero di una struttura dentro la scuola diretta dal fratello della funzionaria Eburnea che personalmente somministrava le dosi, e dove si era cominciato a vaccinare anche il personale scolastico, nelle ore in cui invece il presidente Spirlì non aveva trovato l’accordo con i sindacati sulla data e sulla logistica delle operazioni da fare nelle scuole (solo molti giorni dopo sapremo che se ne parla a marzo). Un uno-due micidiale da parte di Giuffrida, che nella prima lettera – evidentemente inascoltata – arriva anche a redarguire i colleghi scrivendo che «si ritiene necessario che le iniziative relative alle attività vaccinali vengano concordate con questo Dipartimento, che comunque ne deve essere sempre preliminarmente informato, a cui spetta il coordinamento della campagna vaccinale».

Distretto ristretto

Anche in questo caso almeno un quesito si impone: chi ha autorizzato la funzionaria Eburnea, che giovedì legge l’altolà di Giuffrida assieme al direttore del Distretto tirrenico Salvatore Barillaro, a somministrare il giorno dopo le dosi – primo caso in Calabria e forse in Italia – agli insegnanti delle scuole dirette dal fratello e dal marito? E se nessuno li ha autorizzati, si potevano autorizzare da soli rinunciando all’invocato coordinamento preteso da Giuffrida
Ma le lamentele del direttore della Prevenzione verso la gestione nella Piana delle operazioni, vanno oltre denunciando che «la disomogeneità delle procedure vaccinali è stata aggravata dalla messa a disposizione per prenotazioni dirette del numero telefonico invece riservato ai medici di medicina generale dell’Ambito tirrenico», visto che proprio Eburnea e Barillaro avevano firmato una comunicazionecon cui – in maniera fuorviante – informavano i professionisti della costa tirrenica che «i soggetti over 80 potranno prenotarsi telefonando».
Insomma, caos elevato all’ennesima potenza anche per cose più elementari – perché quel numero doveva essere utilizzato dai medici e non dai pazienti – ed è senza appello la bocciatura che Giuffrida commina ai responsabili delle scelte logistiche fatte nella Piana quando scrive: «c’è confusione tra gli stessi medici e «disorientamento tra i cittadini per quella che percepiscono come una procedura di reclutamento dei vaccinandi iniqua».
Un fiume in piena Giuffrida, che tenta di imporre «un equo accesso alla vaccinazione degli aventi diritto, incompatibile con iniziative locali estemporanee».

Assessori tra fiale ed elenchi

Per comprendere meglio il tipo di codice rosso che le parole di Giuffrida sottintende, e non ravvisato come tale dai destinatari delle sue lettere di fuoco che ad una certa “estemporaneità” invece si sono poi dedicati ugualmente, bisogna anche in questo caso contestualizzare le due missive. La seconda nota, infatti, precede di un giorno l’organizzazione di un secondo Punto vaccinale poi chiuso nella Piana – quello di Taurianova, anche in questo caso dopo le immagini choccanti dei vaccini “gestiti” dagli amministratori comunali e da medici senza il camice addosso -, che la funzionaria Eburnea e il direttore Barillaro hanno aperto anche qui vaccinando categorie che sembravano non previste come il personale scolastico e le forze dell’ordine.

Chi indaga?

Bocciatura su tutta la linea, quindi, avvisi inascoltati e, ora, il “carico da 11” dei vaccini che sarebbero stati in possesso, per la somministrazione, di medici di famiglia per ora non identificati: ce n’é abbastanza forse per dire che all’Asp sapevano del pessimo battesimo della campagna locale di vaccinazione, nella zona della Piana di Gioia Tauro, ma non sono riusciti a fermare i “manovratori di un treno” la cui corsa per lungo tempo l’Asp ha difeso – anzi considerandola peculiare per velocità in una regione sempre all’ultimo posto per dosi somministrate – con un mancato semaforo rosso le cui ragioni, forse, un’indagine interna o della magistratura potrebbero chiarire.

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