sabato,Dicembre 14 2024

Enorme tumore al colon asportato al Gom. Massimo: «Ero quasi spacciato, ma mi hanno salvato»

L'incredibile storia di un reggino che ha scoperto quasi casualmente di avere una enorme massa tumorale. Poi l'intervento straordinario del dottor Costarella

Enorme tumore al colon asportato al Gom. Massimo: «Ero quasi spacciato, ma mi hanno salvato»

Qualcuno negli angeli ci crede, altri ci parlano e poi ci sono quelli che gli angeli li hanno incontrati mentre gli salvavano la vita. Ed è quello che è accaduto al reggino Massimo Ferrato un uomo dalla corporatura imponente ma dall’animo gentile che tutto ad un tratto ha dovuto confrontarsi con il dolore e la malattia. Tutto è successo improvvisamente, forse troppo, e Massimo non ha avuto neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo al suo corpo. Ennesima dimostrazione che questo lungo periodo di pandemia non ha contato solo ingressi per Covid in ospedale.

Gli scherzi della vita

Era il sei settembre del 2020, l’ondata del covid post estate era già nel pieno ma Massimo da buono scout e padre di famiglia aveva fatto il possibile per tenere lontano il virus. Ma la vita è così, ti prende di sorpresa e rimescola tutte le carte in tavola. In pochi giorni un lieve fastidio all’addome si è trasformato in un dolore lancinante tanto da inchiodare Massimo a letto. Così la vita ha iniziato il suo braccio di ferro ma non sapeva che Massimo è uno macigno di resilienza e fede. La corsa in ospedale e al Gom Massimo ci è entrato da solo pensato di uscire dopo un controllo, non sapeva, invece, che solo in quei reparti, isolati per fermare il covid, ci sarebbe rimasto.

La corsa in sala operatoria

Dalla vista al pronto soccorso alla sala operatoria è stato un attimo. Non sapeva Massimo cosa stesse succedendo ma il primo angelo lo ha incontrato incrociando il primario di gastroenterologia del Gom Filippo Bova, e poi in sala operatoria dove grazie alla segnalazione provvidenziale del dottor Demetrio Labate è stato operato d’urgenza. Ancora stordito Massimo capisce che in ospedale, senza nessuna visita ci sarebbe rimasto per altri 20 giorni. Intuiva che qualcosa non andava e tutti i familiari sapevano la gravità della situazione ma Massimo era li e a fargli compagnia solo la sua grande fede. «Ricordo ancora il rumore di tutti i macchinari a cui ero attaccato», racconta Massimo ripensando a quei giorni dove lo sconforto poteva prendere il sopravvento, «mi sono affidato».

La scoperta

Quel male che ancora oggi fa paura pronunciare, un tumore di enormi dimensioni aveva già invaso il colon di Massimo. Era tardi, troppo tardi per qualsiasi altra strada. L’unica via percorribile era una difficile operazione che avrebbe richiesto ore sotto i ferri. Quello di Massimo era un quadro clinico devastante e anche i secondi erano vitali per evitare la metastasi. Un tumore altamente invasivo che non ha, però, spaventato il dottor Salvatore Costarella. 5 ore di intervento, 50 cm di colon asportati, e una vita strappata alla morte. «Sono stato messo alla prova e ho rinforzato la mia fede. Già da piccolo – ci racconta Massimo – ho rischiato di morire per una brutta infezione. Mi sento un miracolato e ho pensato che se mi è stato fatto per la seconda volta il dono della vita devo farlo maturare».

La rinascita

Ha ripreso così il suo percorso, sicuramente in salita, ma con la voglia di non sprecare l’occasione ricevuta. Massimo non smette di ringraziare tutti i medici che in quei lunghi giorni di ricovero dove anche sentire la famiglia era difficile, sono stati fondamentali. «Mi davano per spacciato e invece vivo». Da Massimo arriva un messaggio di speranza perché andare dopo il ciclo di chemio necessario è stato confermato che è fuori pericolo. «Anche se d’urgenza è stato fatto un lavoro eccezionale e ho dovuto fare solo un ciclo di chemio perché nonostante fosse enorme e invasivo, il tumore è stato totalmente asportato. Ho capito solo dopo quanto fosse grave la mia situazione. Il 27 aprile di quest’anno sono rinato e il mio incubo si è trasformato in miracolo». Massimo si è affidato a quello che per lui, da capo scout, è un capo saldo: la preghiera. I suoi angeli hanno forse il camice ma di certo hanno strappato alla morte la sua vita che adesso vuole tornare a mettere al servizio degli altri, testimonianza vivente che dalla sofferenza si può uscire fortificati.

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