giovedì,Marzo 28 2024

Non si muore di solo Covid, l’allarme dall’oncologia del Gom: «Pazienti con tumori raddoppiati»

Mancano medici e infermieri e l'emergenza ricade sui malati. E mentre si attende una presa di posizione dai vertici regionali la situazione precipita: «Sembra di lavorare in un campo africano con leggi italiane»

Non si muore di solo Covid, l’allarme dall’oncologia del Gom: «Pazienti con tumori raddoppiati»

Non si muore di solo covid a Reggio Calabria e l’allarme arriva questa volta dal reparto di oncologia che in emergenza è stato trasferito al Morelli ma la situazione non è del tutto migliorata. «Questo reparto dal 2017 in poi – conferma il primario di Oncologia del Gom Pierpaolo Correale – ha praticamente raddoppiato i pazienti e nonostante tutto abbiamo provato a dare un servizio quanto più possibile vicino all’eccellenza compatibilmente con i mezzi. Ma al raddoppio dei pazienti non è corrisposto un aumento del personale. La situazione non è rimasta stazionaria, è peggiorata perchè ho due medici in meno rispetto a quando sono arrivato nel 2017».

Il quadro in questo delicatissimo reparto, così come in tutte le strutture operative del Gom, è drammatico e solo ieri è arrivata in soccorso un nuovo medico che andrà a dare supporto all’equipe che si prende cura dei pazienti reggini con neoplasie. Ma negli anni la situazione di criticità si è cristallizzata trovando nei vertici regionali un muro di gomma resistente a qualsiasi grido dall’arme. «Abbiamo fatto dei piccoli passi e non potevamo fare la rivoluzione. Poi è arrivato il covid e ha scombinato tutto – conferma il primario – ci siamo spostati al Morelli in emergenza ma è chiaro che nella fretta molte cose sono venute meno e adesso richiedono una impeccabile organizzazione difficile da portare a termie con risorse risicate.

I dati

Qui il reparto è completamente nuovo, i pazienti hanno i bagni in camera che prima non c’erano, abbiamo cercato di garantire qualità ai pazienti ma la rapidità in cui tutto è stato fatto ha fatto saltare alcuni servizi che prima avevamo come la chirurgia e la radioterapia vicina, la farmacia a piano zero qui non li abbiamo, quindi, dobbiamo fare un lavoro non facile considerando che molti farmaci devono arrivarci in ambulanza, molti devono essere confermati la mattina stessa e non parliamo di due o tre pazienti al giorno come accade in altre unità operative, parliamo di oltre 70 terapie al giorno per questo è facile che si creino dei piccoli intoppi o ritardi. Il nostro day hospital per quanto organizzato su due sale, è predisposto su 13 poltrone quindi dobbiamo fare necessariamente diversi turni finedo anche in serata».

Emergenza personale

E anche i pazienti oncologici devono lottare contro una gestione del personale messa in ulteriore crisi dall’emergenza covid. «Nel momento in cui manca una programmazione regionale è inevitabile trovarci in una situazione di emergenza come la nostra – conferma Correale – e non è solo una questione quantitativa ma qualitativa. Le persone devono essere formate e selezionate. Noi siamo riusciti nell’impresa di legarci alle oncologie del nord e non sono pochi i pazienti che vengono qui a continuare la terapia. Noi avremmo sicuramente bisogno di 3 medici in più e 5 infermieri e questo per avere una situazione dignitosa e dare una risposta importante ai pazienti. Ma va specificato che i nostri pazienti non sono come quelli del nord che arrivano già monitorati e si può programmare un intervento in serenità, la maggior parte dei nostri pazienti arriva dal pronto soccorso, sono pazienti che si sono trascurati per mesi se non per anni e riprenderli ci costringe a fare delle azioni importanti anche a rischio personale del medico che deve compiere delle scelte delicate e se manca una costruzione interna diventa difficile lavorare. Ho la senzazione di lavorare in un campo africano con leggi italiane».

Dalle parole del primario emerge un’altra importante carenza legata alla mancanza totale di un sistema di prevenzione nel territorio. Le esigenze sono chiare, servono unità formate e una gestione capillare per gestire un flusso di pazienti, quelli affetti da neoplasie, in continuo aumento. «Sono il primo a sentirsi addolorato nel leggere segnalazioni da parte dei pazienti quando qualcosa non va ma – ribadisce Correale – mi addolora di più che lo debba leggere sui giornali e non mi venga sottoposto il problema, se manca un patto di fiducia e collaborazione con la cittadinanza non potremo mai realmente migliorare le cose»

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