venerdì,Marzo 29 2024

Pronto soccorso al collasso: tra violenza e carenze i medici scappano. «Rischio chiusura»

VIDEO | Per il direttore sanitario dell'Asp Domenico Minniti si tratta di un problema culturale che rende ostili i territori e ostacola il reclutamento di nuovo e necessario personale

Pronto soccorso al collasso: tra violenza e carenze i medici scappano. «Rischio chiusura»

«Esiste in maniera evidente un problema anche di natura culturale» Con parole che lasciano poco spazio all’immaginazione il direttore sanitario dell’Asp di Reggio Calabria Domenico Minniti, traccia un quadro desolante dopo le tante denunce e segnalazioni degli ultimi mesi relativa alla situazione esplosiva all’interno dei pronto. Aggressioni ai medici e agli infermieri, lunghe ed stenuanti attese, vite appese a un filo. Così l’emergenza sanitaria sta colpendo duramente anche i pronto soccorso della provincia reggina che oltre alle carenze di personale devono fare i conti con quello che sembra essere una difficile gestione del territorio.

«Abbiamo lo stesso identico problema del 118 anche sui medici del pronto soccorso. Una grossa carenza di medici a Locri, a Polistena e una criticità incredibile al pronto soccorso di Gioia Tauro. Anche in questo caso abbiamo pubblicato dei bandi per degli incarichi a tempo determinato ma abbiamo obiettiva difficoltà a reperire medici proprio perchè temono per la loro incolumità e non vogliono andare a lavorare in ambienti che sono ostili».

Questa terra fa paura, dunque, anche se in ballo ci sono posti di lavoro e sempre meno professionisti sanitari intendono lavorare tanto nel 118 quanto nei pronto soccorso. «I cittadini di queste zone, devono rendersi conto che se non mutano il loro atteggiamento dal punto di vista culturale, questi ospedali sono destinati a chiudere perchè ci ritroveremo senza medici e senza infermieri e oss proprio per motivi legati alla logistica e alla cultura territoriale».

Si pensa a come ovviare a tale emorragia di personale ma la mancata soluzione porterebbe a un’unica strada senza via d’uscita: la chiusura. «Manca fondamentalmente un filtro da parte del territorio. Potremmo fare qualcosa, ad esempio pensare di mandare questo personale, spesso vittima di attacchi ingiustificati, nelle scuole a incontrare studenti e famiglie per far capire l’importanza del 118 e quando è necessario chiamarlo spiegando anche quando è, invece, il caso di rivolgersi alla guardia medica o al medico di base. Stiamo vivendo in un momento in cui il sistema è al collasso per carenze di risorse. O ci rimbocchiamo tutti insieme le maniche e cerchiamo di razionalizzare le risorse oppure la sanità che è in coma è destinata a morire».

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