Chiusura Ppi Scilla, compatto il fronte dei sindaci: venerdì manifestazione a Bagnara
Ciccone da Scilla guida la protesta dei primi cittadini dell’Area dello Stretto. Un documento unanime sarà consegnato ad Asp e Commissario alla sanità. Coro di condanna: «Scelta scellerata»
«Siamo arrivati al punto che un funzionario provinciale conta di più del Commissario alla sanità». Alla fine Pasqualino Ciccone sbotta. Non si capacita di come sia possibile solo pensare di chiudere un punto di primo intervento (Ppi) in una località turistica come Scilla, di fatto isolando tutta una fascia di territorio che dalla montagna al mare si affaccia sullo Stretto. Poi, il sindaco di Scilla si dà anche una risposta, rivolgendosi ai colleghi che lo ascoltano: «Sapete perché succede questo? Perché oggi la politica è debole».
Eppure Ciccone grazie alla forza della politica, quella del territorio, quella degli amministratori locali, è riuscito a mettere attorno ad un tavolo i sindaci metropolitani dell’Area dello Stretto, abbattendo qualsiasi barriera e pennacchio, perché davanti al problema della salute – è stato ribadito da tutti i partecipanti – non ci sono colori politici.
Così dopo la riunione di ieri, quale reazione immediata alle decisioni del Commissario dell’Asp reggina Lucia Di Furia, è stato vergato un documento unanimemente sottoscritto dai sindaci, presentato proprio questo pomeriggio al Comune di Scilla, dove è stato lanciato alla cittadinanza anche l’appello a partecipare alla manifestazione di protesta e di proposta, che i primi cittadini hanno deciso di tenere venerdì a Bagnara, la cittadina che forse più di tutti soffrirà della decisione di chiudere i Ppi di Scilla, Palmi e Oppido per aiutare l’Ospedale di Polistena a superare la cronica carenza di medici del pronto soccorso.
Ciccone: «Scelta scellerata»
«Credo che abbiamo toccato il fondo. Questa è l’ultima delle battaglie. Questa è una battaglia che non possiamo perdere, perché significa cancellare la sanità in questo territorio. Non è pensabile, non è possibile, che si sono determinati a fare una scelta che procurerà un danno nel periodo estivo, soprattutto in questo territorio devastato, per non parlare poi dei paesi che sono nell’entroterra che sono a distanza enorme dal Gom di Reggio Calabria».
Pasqualino Ciccone è tutt’altro che piegato. Si mostra in conferenza stampa determinato e arcigno, collante di un gruppo di sindaci che ha risposto subito presente. Ma allo stesso tempo non riesce a darsi una spiegazione plausibile sul comportamento dell’Asp reggina.
«Non ci sono le condizioni per fare un’operazione del genere ma soprattutto non è pensabile che si possa spogliare la sacrestia per vestire la chiesa o viceversa, sulla base di una mancanza di medici che è la stessa questione che c’era dieci mesi fa, e che nessuno in questi dieci mesi ha risolto. È una scelta scellerata perché in una situazione estiva dove ci sono migliaia di persone sulla spiaggia, e in cui giornalmente ci sono 3-4 persone che stanno male, pensare di doverle portare all’ospedale di Reggio Calabria in una situazione dove in questi giorni aumenterà il flusso sull’autostrada e porterà quindi un ulteriore ritardo è una cosa incomprensibile».
Insomma occorre una reazione forte e Ciccone prova a fornirla insieme ai suoi colleghi: «Adesso noi diciamo basta. Camminiamo per la nostra strada, e faremo tutti i passi necessari e dovuti per imporre delle scelte positive nei confronti della salute del nostro territorio».
D’altra parte il primo cittadino rivendica anche l’orgoglio per lo storico “Scillesi d’America” ricevuto in dote dalla cittadinanza dagli emigrati che hanno voluto lasciare una loro traccia su questo territorio: «Con una struttura che c’è, che è autonoma, che può lavorare e che è predisposta per fare determinate cose, si pensa di chiuderla per portare del personale a Polistena. Se questi sono i risultati della grande attività che la Regione Calabria ha fatto in questi mesi con un sacco di Fondi che devono arrivare, qua stiamo parlando di ordinaria amministrazione, un buon manager la prima cosa che fa è quella di organizzare l’ordinaria amministrazione e poi pensare di fare di più. Qui invece si sta mantenendo il minimo indispensabile per salvaguardare la salute di questo territorio».
Versace: «Non faremo un passo indietro»
Al fianco di Ciccone c’è anche il sindaco facente funzione della Città Metropolitana di Reggio Calabria, Carmelo Versace. Nella sala del Consiglio comunale di Scilla, però tanti altri colleghi hanno voluto mettere la faccia in una battaglia «sacrosanta». C’era l’assessore comunale di Reggio Francesco Gangemi, in rappresentanza del facente funzioni Paolo Brunetti, il sindaco di Santo Stefano Francesco Malara, di Sant’Alessio, Stefano Calabrò, di Bagnara, Adone Pistolesi, di Campo Calabro, Rocco Repaci, il sindaco di Villa San Giovanni Giusy Caminiti, insieme ad altri amministratori dei Comuni dell’Area dello Stretto.
«Una battaglia comune» l’ha definita Versace che ha parlato di vicinanza concreta, gomito a gomito, a difesa di presìdi sanitari fondamentali per il territorio metropolitano, perchè sia garantito il diritto alla salute per migliaia di cittadini e turisti che durante il periodo estivo affollano i centri della Costa Viola e l’area dello Stretto. «Siamo qui per condividere le preoccupazioni del sindaco Ciccone e degli altri sindaci interessati dai provvedimenti che nella sostanza determinano la chiusura dei PPi di Scilla, Palmi e Oppido Mamertina, ma anche cercare insieme delle soluzioni. Sicuramente, tra tutte le ipotesi in campo, quella della chiusura non deve nemmeno essere presa in considerazione».
«Qui non si tratta di cose straordinarie – ha aggiunto Versace – ma di garantire i servizi minimi, rispetto al diritto alla salute, che in una cittadina turistica in questo periodo risultano basilari per migliaia di persone, considerando che la popolazione di questi centri costieri nel periodo estivo si moltiplica per dieci».
Dopo l’incidente diplomatico con la Regione, per il mancato invito delle rappresentanze istituzionali della Metrocity alla presentazione capitolina del programma del cinquantenario dei Bronzi, Versace pesa le parole, proponendosi quasi nella veste diplomatica nei confronti del presidente Occhiuto. «Da parte nostra nessun tipo di polemica – spiega ancora il facente funzioni – ma un appello al Presidente Occhiuto, nella sua veste di Commissario per la Sanità calabrese, affinché sia immediatamente rispristinati i punti di primo intervento e sia garantito il servizio senza nemmeno un giorno di interruzione».
D’altra parte – è il ragionamento di Versace – non si possono propagandare i Bronzi invitando il mondo in Calabria e poi dire ai turisti che, malauguratamente serva, non possono curarsi.
Un ultimo passaggio il sindaco facente funzioni lo dedica poi al tema della programmazione sugli aspetti sanitari, riprendendo in qualche modo anche la richiesta avanzata dal presidente Occhiuto al governo, chiedendo incentivi per i medici che decidono di venire in Calabria: «Non si può sempre vivere di emergenza – ha spiegato – va fatta un’attività preventiva di riorganizzazione della sanità di prossimità. Non si può arrivare a luglio ed accorgersi che manca il personale. Andavano fatti i concorsi prima, sono anni che l’emergenza pandemica ha messo in ginocchio le nostre strutture. Bisogna reperire nuovo personale, obbligando i medici neoassunti ad accettare le destinazioni assegnate. Queste sono strutture vitali per le nostre comunità, e naturalmente non solo in estate. Sulla sanità si misura il grado di civiltà di un territorio. E su questi temi non faremo un passo indietro».
I sindaci
Francesco Malara, sindaco di Santo Stefano d’Aspromonte contesta il metodo e la corretta valutazione dell’emergenza che deve basarsi su diversi fattori. Invoca quindi pianificazione per un territorio che dal punto di vista della scelta di un medico è sicuramente secondaria rispetto ad altri territori.
Adone Pistolesi parte dal valore della memoria, perché quanto successo non può essere una sorpresa visto quanto successo negli anni con la spoliazione di presidi sanitari. «Da questa atavica ma sempre peggiore condanna delle nostre genti di non avere riconosciuto il diritto alla salute, se ne esce con l’unità d’intenti».
Per Rocco Repaci, sindaco di Campo Calabro, «se c’è una cosa che non può andare in pareggio è la sanità, se c’è una cosa che non può andare in pareggio delle pubbliche amministrazioni è il welfare, quindi ci siano 3 o 300 interventi, la statistica non conta nulla, perché è il presidio che ha necessità si essere là in quel luogo, parte di una rete più grande».
L’assessore di Palazzo San Giorgio, Ciccio Gangemi, punta forte sulla partecipazione alla manifestazione di venerdì a Bagnara. «Gli sforzi fatti dai sindaci per preparare la stagione vanno a farsi benedire. C’è un problema di metodo e di merito».
Stefano Calabrò, sindaco di Sant’Alessio, nonché membro del Comitato di rappresentanza in seno al Conferenza dei sindaci dell’Asp, punta l’indice contro il decreto adottato, e subito dai territori, che non è passato neanche dalla Conferenza dei sindaci. «Stiamo facendo una lotta tra poveri – dice sottolineando che il covid ha messo in evidenza tutte le criticità del sistema salute in Calabria -. Stiamo parlando di chiusura in un momento in cui c’è in atto la quarta ondata. Non mi è piaciuta né la forma né la sostanza».
Giusy Caminiti, sindaco di Villa San Giovanni, condividendo il percorso intrapreso dai sindaci parla di «contingenza pratica» vista la situazione legata alla pandemia in un momento in cui la stagione estiva sta entrando nel vivo: «Ho appreso che i sindaci avevano chiesto la possibilità di aumentare i presidi, anche sulla spiaggia, per garantire che non esplodesse un’emergenza al pronto soccorso del Gom. E invece chiudono tre presidi fondamentali». D’altra parte la considerazione di Caminiti si carica di significato se si considera che tra qualche giorno il tratto autostradale tra Scilla e Villa sarà letteralmente intasato dai vacanzieri in transito per la Sicilia: «Sarà impossibile raggiungere l’ospedale di Reggio» afferma condannando anche il metodo che alla fine mette i sindaci l’uno contro l’altro per difendere il proprio territorio.