mercoledì,Aprile 24 2024

La Calabria (e la Piana) non è un paese per bimbi autistici

Rosanna Melara, 42enne di Palmi, da un giorno all'altro si è vista negare l'assistenza domiciliare per il figlio Gabriele

La Calabria (e la Piana) non è un paese per bimbi autistici

Incontriamo Rosanna Melara il 3 aprile, nelle stesse ore in cui per lei e il figlio autistico inizia un altro calvario. «Devo scappare a organizzare la giornata di Gabriele – ci spiega davanti al municipio di Palmi, la sua città – oggi per lui sarà il primo giorno senza assistenza domiciliare». Per lei, una disoccupata di 42 anni, né l’orologio e né la rabbia si fermano in questo lunedì che precede la Pasqua. Deve correre a prendere il figlio alla scuola Primaria e poi iniziare a fare quel salto nel vuoto a cui la burocrazia la costringe.

«Gli operatori – aggiunge – venivano due pomeriggi a settimana per le attività psicomotorie che impegnavano il bambino, ne calmavano l’aggressività e facevano sentire me meno sola nell’accudimento». Gli esperti che Rosanna dice di non finire mai di ringraziare, 13 tra psicologi, logopedisti e tecnici della psicomotricità, sono quelli arruolati – 3 anni fa – dal cosiddetto Ambito sociale territoriale, una delle strutture amministrative comprensoriali in cui è divisa la Piana reggina. Sette comuni, con capofila Rosarno, che interfacciandosi con il ministero dell’Interno e la Regione, garantivano un servizio del genere rivolto non solo ai bambini ma anche agli adulti.

«Non mi hanno detto perché non vengono più – aggiunge Rosanna a proposito dei suoi ex angeli che formavano una equipe qualificata – mi hanno solo detto che non gli è stato rinnovato il contratto e io veramente non so che fare. Tra l’altro era da 3 anni che loro si occupavano di Gabriele anche d’estate, quando la scuola chiude e lui ha poche possibilità di socializzare». L’unico aiuto rimane quello dei volontari del Centro Presenza di Palmi, struttura che il bambino di 7 anni può continuare a frequentare 3 giorni a settimana, ma è per il resto delle ore di questa “fresca” via crucis – di una mamma che cresce da sola il figlio malato, da sempre – aggiunge indignazione alla rabbia.

«In Calabria – spiega Rosanna – non c’è un reparto di neuropsichiatria infantile, ogni 6 mesi accompagno mio figlio a Pisa per i controlli, e ora l’alternativa sarebbe rivolgermi ad una struttura privata che offre un pacchetto di assistenza, anche domiciliare, che costa almeno 600 euro. Sono spese che non posso permettermi ma ciò che più mi sconforta è che non capisco bene perché sia venuto meno un servizio pubblico gratuito che faceva bene a tante famiglie di questo territorio». Non è solo Rosanna a cercare risposte nella storia di un disservizio che colpisce anche Gioia Tauro, Melicucco, San Ferdinando, Rizziconi, Seminara, centri piccoli e grandi i cui responsabili degli Uffici comunali e di Ambito si sono riuniti in questi giorni – raccontano le cronache giornalistiche – senza riuscire a venire a capo di una rendicontazione, richiesta da Roma e Catanzaro, che ora impedisce la spesa di altre risorse.

In pratica, dei 25 addetti che erano stati chiamati con contratti a termine, l’Ambito ha deciso di rinnovare il contratto a 12 assistenti sociali, ma non ai 13 dell’equipe che si prendeva cura di Gabriele e di altri. C’è tutto un sistema bloccato, oltre alle famiglie ne soffrono anche le strutture private convenzionate che trattano casi di pazienti con autismo e altre alterazioni dello spettro cognitivo. Il nuovo contratto per gli assistenti sociali equivale per loro alla stabilizzazione nelle piante organiche dei Municipi, sorte diversa per gli altri operatori domiciliari che restano definitivamente “a casa”. «E nessuno si vergogna per questo», commenta con sorpresa Rosanna quando siamo noi a spiegarle – evidentemente meglio di quanto non abbia fatto la pubblica amministrazione – le ragioni tecniche del suo «nuovo incubo».

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