sabato,Luglio 19 2025

Polistena, il grido d’allarme dal sit-in davanti l’ospedale: «Così non si può andare avanti, siamo esasperati»

Ad organizzare l'incontro il Comitato a tutela della salute guidato da Marisa Valensise: «Incrementare l'organico».
Il sindaco Michele Tripodi: «Ampliare strutture già esistenti»

Polistena, il grido d’allarme dal sit-in davanti l’ospedale: «Così non si può andare avanti, siamo esasperati»

Preoccupazioni e disservizi in merito all’ospedale “Santa Maria degli Ungheresi” di Polistena sono stati al centro del sit-in di protesta, svoltesi questa mattina, davanti all’ingresso del nosocomio. «Molti cittadini si sono lamentati per le attese snervanti, anche di ore e ore, per entrare al pronto soccorso e capire la diagnosi – ha comunicato Marisa Valensise, presidente del Comitato a Tutela della salute, che difende il diritto alla cura dei cittadini della Piana di Gioia Tauro -. C’è la necessità di incrementare l’organico. Ci sono pochi ecografisti. Abbiamo bisogno di anestesisti in pianta stabile. Le liste d’attesa sono raddoppiate, ci sono circa 800 persone». Oltre agli attivisti locali, tra cui alcuni di Gioia Tauro e Oppido Mamertina, erano presenti circa quaranta manifestanti. 

«È da 4 anni che non vado più a controllarmi, eppure sono stato operato due volte a cuore aperto- ha lamentato un signore sulla cinquantina-. Ho provato a fare impegnative due volte, però poi per un esame mi sballottano in giro e ci vogliono soldi per viaggiare avanti e indietro. Tutto per visite che potrei fare benissimo all’ospedale di Polistena. La sanità deve essere davvero pubblica, dobbiamo avere il diritto di curarci».

Ha fatto di tutto per esserci un ragazzo su sedia a rotelle affetto da sclerosi multipla, che reclama: «Quando vengo a fare un’analisi qui in ospedale mi vergogno. Ci sentiamo abbandonati. Non c’è una rampa appropriata, sul lato posteriore dell’edificio c’è l’unica irraggiungibile per me, poiché presenti terra e sterpaglie». 

Un’anziana donna ha colto l’occasione per evidenziare le problematiche del figlio costretto su sedia a rotelle: «Solo la mattina c’è chi da casa lo mette in condizione di prendere la sua motoretta in strada. Poi, a mezzogiorno, pomeriggio e sera, non c’è nessuno che lo fa salire di nuovo a casa. Abitiamo al secondo piano, io non ho possibilità di pagare. Un ragazzo può stare sempre chiuso dentro? Ho bisogno che qualcuno ci aiuti».

Tra gli intervenuti, il sindaco di Polistena Michele Tripodi e alcuni esponenti del PD, Michele Galimi responsabile del partito per la Piana di Gioia Tauro e il Consigliere Regionale Giovanni Muraca, il quale ha espresso vicinanza al Comitato e ai cittadini: «Personalmente sull’ospedale di Polistena ho fatto varie interrogazioni e ne sto preparando un’altra per capire quali siano le difficoltà del presidio Spoke, che resta in piedi grazie al sacrificio dei medici, che lo portano avanti con numeri stratosferici. Mancano anestesisti, infermieri, professionalità che abbiamo già richiesto, soprattutto, di cardiostimolazione».

Sostegno al sit-in è stato garantito dal sindaco di Polistena Michele Tripodi: «È un problema che viviamo ogni giorno, la mancanza di una sanità pubblica di qualità che dia risposte certe agli ammalati. Presenteremo un progetto per l’ampliamento e la riqualificazione dell’ospedale, perché attendere chimere nel deserto non fa bene a nessuno. Bisogna incrementare le strutture già esistenti e potenziare gli organici. Sono qui per sostenere la battaglia anche del personale, che subisce turni di lavoro enormi. I disservizi, talvolta, sono causati anche perché non c’è un giusto ricambio per garantire turnazioni adeguate».

Pieno appoggio alla manifestazione è stato fornito da Santo Gioffrè, scrittore, ex manager dell’Asp di Reggio: «Situazione  catastrofica, fuori controllo. Siamo stati saccheggiati per 20 anni e ora abbiamo incapacità ad avere un personale medico ed infermieristico adeguato. La Calabria ormai è un bancomat, paghiamo 400 milioni ogni anno alle regioni del nord per andarci a curare. Lo spopolamento così avanza. Se non ci sono Sanità, strade, infrastrutture, l’unica cosa che resta da fare è andare via o accettare la sorte che gli altri ci hanno imposto».

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