Lampada ricusa i giudici di Milano. Dopo il rigetto, la Cassazione ordina una nuova pronuncia
Continua la battaglia giudiziaria ingaggiata dall'imprenditore condannato per associazione mafiosa. Questa volta l'oggetto riguarda un procedimento di confisca
La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Giuseppe Nardo, difensore di Giulio Lampada, ha annullato per l’ennesima volta l’ultima ordinanza della Corte d’Appello di Milano che aveva rigettato l’istanza di ricusazione dei giudici della sezione misure di Prevenzione della stessa Corte d’Appello chiamati a pronunciarsi sulla legittimità del procedimento di confisca avviato dal Tribunale milanese sull’ingente patrimonio dell’imprenditore di origini reggine, accumulato in terra lombarda e ritenuto dalla Procura antimafia di illecita provenienza.
La pronuncia si inserisce nel solco dell’orientamento, ormai maggioritario, formatosi nella controversa materia di ammissibilità o meno della ricusazione dei giudici della Prevenzione ritenuti non imparziali nel loro convincimento, proprio sulla base dei tanti ricorsi proposti dall’avvocato Nardo nell’interesse di Giulio Lampada.
La battaglia giudiziaria ingaggiata da Lampada con i giudici milanesi continua su più fronti. Quello della legittimità della condanna per associazione mafiosa comminatagli nel 2012, ancora in parte in discussione per i diversi annullamenti della Cassazione e per le revisioni del giudicato e quello della conseguenziale applicazione delle misure di prevenzione con la confisca del suo patrimonio, tra cui la villa dove sta scontando la condanna a 14 anni e 4 mesi di reclusione, in regime di detenzione domiciliare, fin dal 2015.
A seguito di questo ulteriore annullamento la Corte d’Appello di Milano dovrà ora nuovamente pronunciarsi sulla legittimità del procedimento confrontandosi con le violazioni di legge denunciate nei motivi di ricorso dal penalista reggino.