sabato,Aprile 20 2024

Reggio Calabria, Chizzoniti: «Alla rassegnazione si opponga la libertà smarrita»

L'ex presidente del consiglio comunale scrive a Il Reggino. «Si sblocchi il coinvolgimento del cuore della città recuperando il senso di comunità»

Reggio Calabria, Chizzoniti: «Alla rassegnazione si opponga la libertà smarrita»

Preg.mo Consolato Minniti

Direttore de “Il Reggino.it”

Condivido e sottoscrivo il contenuto del Suo recente ed apprezzato intervento, volto a perorare autorevolmente il riscatto dell’atavica rassegnazione che, da sempre, affligge questa terra sconsolata, ove vive la pur nobile comunità reggina, nel cui contesto, con riferimento, alle “radice greche” che alimentano il costante ricorso al “lamento”, ravvivando rassegnatamente il senso della persistente oppressione, osservo rispettosamente quanto appresso.

Non va dimenticato che questa area territoriale è stata cadenzata da diverse dominazioni culturali, oltre quella straordinaria ed inimitabile “magno greca”, nella cui ottica rammento quella normanna, sveva, angioina, bizantina, borbonica, ecc. . Il problema, di fondamentale centralità e rilevanza, è capire quale componente prevalga nei momenti tipici e topici, atteso che, è incontestabile che se emerge l’influenza magno-greca, non v’è dubbio che siamo sufficientemente attrezzati per affrontare qualsiasi confronto con chicchessia, dal quale usciremmo vincitori. Se, invece, affiora il “costume” bizantino (purtroppo molto frequentemente), la comunità reggina, autentica massa anonima, dominata da pseudo impressioni, continua a passeggiare d’inverno sul Corso Garibaldi della città (rigorosamente fino alle ore 19:45 – 20:00) e, d’estate, sullo splendido lungomare con orari molto più elastici, aspettando, sempre e comunque, la “manna” che arrivi dal cielo. Agevolando, fisiologicamente, l’intensificazione e la dilatazione del dramma silenziosamente imperante.  

Non a caso, da queste parti, la qualità viene sistematicamente condannata (da forze cosmiche e soprannaturali?) all’isolamento, mai incoraggiata e sostenuta, al contrario della mediocrità che, per essere tale, è quanto mai governabile, garantendo, anche agli inetti, fulgide e rapidissime carriere. Soprattutto politiche! Un esempio ricorrente? Se due reggini “deambulando” dovessero parlare e discutere di qualcuno che ha assunto una qualunque iniziativa in città, puntuale e prevedibile come gli Alisei, arriva lo sprezzante commento di entrambi che, con pungente stupore, rimarcando la conversazione obiettano: “Cu sapi chi’n c’è sutta”; “Cu sapi cu’n c’ha faci fare…” e “Cu sapi aundi vole arrivare…”.

A questa ormai ancestrale, malefica, tradizionale e diffusa contemplazione sbigottita, a mio modestissimo modo di vedere, esiste solo ed esclusivamente un’unica eccezione, che ancora oggi, dopo cinquant’anni, non riesco a spiegarmi: “I fatti di Reggio”! Un moto unanime, impetuoso, corale di contestazione e protesta nei confronti del Governo centrale, dallo stesso, soppresso con i mezzi blindati, previo avvicendamento alla Prefettura con un dirigente di Polizia (Giuseppe Conti) che sfociò nelle dimissioni del grande Sindaco Piero Battaglia, e nell’insurrezione di ogni ceto sociale. E, sorprendentemente, con il validissimo supporto della Provincia, con la costa jonica e tirrenica. Ovvero all’unanimità!

Se questo è, la speranza non è solo ancorata alle nostre invidiabili origini magno greche, ma anche “all’animus pugnandi” che ha scandito, per anni, l’esaltante esperienza di quella che poi fu ingenerosamente e strumentalmente, ex adverso, tristemente definita “boia chi molla”. Dimenticando il ruolo del Comandante partigiano Tonino Perna, dell’illuminato imprenditore antifascista Amedeo Matacena, del democristiano Avv. Francesco Gangemi, dell’industriale Demetrio Mauro e tanti altri ancora, tutti con ben altre storie alle spalle. In quest’ottica, non v’è dubbio che alla rassegnazione dilagante, va opposto il doveroso e non più eludibile recupero della libertà smarrita, muovendo verso verità e conoscenza, come da Ella egregiamente definite, esaltando proprio le nostre origini greche, delle quali non possiamo che essere orgogliosi eredi. Sul punto, il saggio Seneca sosteneva che timori e turbamenti dispongono di tanti argomenti, ma, nonostante ciò, bisogna, comunque, credere nella “speranza”.

Il desiderio, l’auspicio e l’augurio inducono, quindi, ad insistere perché si sblocchi il coinvolgimento dell’immensamente dignitoso cuore di Reggio Calabria, facendogli risentire l’accelerazione del palpito irruente e travolgente, proprio, della “spes”, recuperando la figura maestosa e possente della nostra (e non solo) prestigiosa comunità cittadina. Ribellandosi, finalmente, con composta dignità, alla confusione, smarrimento, ansiosa aspettativa, sistematiche prepotenze, per rifuggire, infine, da qualsivoglia scoraggiante, improduttiva estasi stupita e meravigliata, divenendo una pulsante, ambita ed agognata realtà operativa. Smettendo, inoltre, decisamente di proiettare gli obbiettivi da raggiungere, non già in un prossimo futuro, ma, incastonandoli mestamente ed arrendevolmente in un passato ormai irraggiungibile, al quale ci si può rivolgere solo con un accorato quanto inappagabile vagheggiamento. Continuando a subire, passivamente e senza sussulti, le nefaste conseguenze della prorompente arte raffinata delle beffe aliunde ordite che “tanti lutti produsse agli Achei…”. Così direbbe il greco (o reggino, come sosteneva il Prof. Mosino?) Omero!

Articoli correlati

top