giovedì,Marzo 28 2024

Reggio Calabria, Legambiente solidale col presidio spontaneo degli abitanti di Sambatello

Per gli ambientalisti: «Se davvero, secondo quanto asserisce l'Amministrazione, la collocazione delle ecoballe sarebbe a tempo limitato e ad “impatto zero” non si capisce perchè neanche come ipotesi non siano state cercate altre soluzioni»

Reggio Calabria, Legambiente solidale col presidio spontaneo degli abitanti di Sambatello

Il Circolo Legambiente Reggio Calabria “Città dello Stretto” è solidale con il presidio spontaneo degli abitanti di Sambatello, della Vallata del Gallico e con tutti i cittadini che stanno protestando nelle periferie reggine, esasperati dalla situazione insostenibile creata dall’emergenza rifiuti. Ma se le periferie sono diventate da tempo discariche a cielo aperto, anche nel centro cittadino la situazione è ormai al collasso. E la domanda è: com’è possibile che l’emergenza in Calabria ancora una volta sia diventata la normalità e dopo tanti proclami, non sia stata perseguita in tutti questi anni una cosiddetta “via d’uscita” più volte annunciata e una nuova e moderna organizzazione dell’intero sistema. Il ciclo dei rifiuti è una realtà complessa e complesse sono anche le responsabilità.

La Regione Calabria, e non da oggi, ha certo le sue, ma non crediamo francamente che la Città Metropolitana e il Comune di Reggio Calabria possano tirarsi fuori. Non c’è stato visibilmente quel cambio di scenario atteso e annunciato in pompa magna. Non si può non rilevare in particolare la faciloneria, l’inadeguatezza e la superficialità con cui nella nostra Città si è affrontata la problematica e si è proceduto al passaggio verso un sistema incentrato sulla raccolta differenziata porta a porta che da sistema indispensabile e risolutore quale, ne siamo convinti, doveva e dovrà giustamente diventare, ha finito per essere percepito, alla luce della inadeguata organizzazione e dei pessimi risultati, come un problema emergenziale in più e un sostanziale fallimento, pur con le lodevoli eccezioni e attenuanti del caso. È questa, non certo quella di aver sostenuto, dopo averle lungamente ignorate (e come siamo portati a credere nel rispetto dei ruoli e della legalità), le ragioni della Cooperativa Rom 1995, la macchia che ha pesato sull’azione amministrativa.

Ci può solo dispiacere, in questo contesto, che le precise e articolate proposte da noi, insieme ad altri soggetti sociali, avanzate pubblicamente già al tempo del Commissariamento del Comune e la nostra offerta di collaborazione volontaria al momento dell’insediamento dell’attuale Sindaco siano state ignorate. Ma evidentemente “cosa fatta capo ha” e la stessa, recente “chiamata alle armi” non può che apparire, se non strumentale, del tutto tardiva. Affidarsi come si sta facendo alla soluzione delle “ecoballe” – soluzione che si rese obbligata e “salvifica” più di vent’anni fa per la nostra città, ma in tutt’altro contesto – oggi non è più né utile né proponibile in una valutazione costi-benefici che tenga conto degli aspetti economici complessivi, ma soprattutto di quelli sociali e ambientali. Essa finirebbe per essere solo la spia di “disperazione amministrativa” tipica di chi, dopo che ha lasciato che i problemi si acutizzassero, non saprebbe ora dove andare a parare.

In particolare va rigettata la scelta dell’area dell’impianto di Sambatello, violentata e stravolta in passato da scelte sbagliate, area a cui ora bisogna pensare, anche per una sorta di obbligo morale, solo in termini di riqualificazione ambientale e in termini di scelte di eccellenza, di modernità impiantistica e di risarcimento rispetto al “peccato d’origine” e a quelli successivi. Non si può davvero chiedere alla popolazione di quel territorio di accettare ulteriori disagi, in più all’inizio della stagione estiva, oltre quelli sopportati per la presenza di un impianto obsoleto e mal funzionante, di cui l’inquinamento delle falde acquifere e l’aumento dei casi di tumore sono tra i frutti avvelenati.

Senza potere assicurare tutte le precauzioni necessarie per evitare i possibili disagi causati dallo stoccaggio dei rifiuti, dai cattivi odori alla inevitabile perdita di percolato con il passare del tempo di permanenza. Se davvero, secondo quanto asserisce l’Amministrazione, la collocazione delle ecoballe sarebbe a tempo limitato e ad “impatto zero” (questa sì appare come una balla poco eco) non si capisce perchè neanche come ipotesi non siano state cercate altre soluzioni e, nel peggiore dei casi, altre localizzazioni (siti ex industriali dismessi e quant’altro) invece di tradire l’impegno di “mai più Sambatello” di alcuni decenni fa, con riferimento all’uso nefasto come ricovero di schifezze.

Siamo del tutto estranei alla cultura nimby del “purché non nel mio cortile” ma come ci battemmo a suo tempo, con giuste ragioni, contro l’ubicazione nel “sito impossibile” della splendida vallata del Gallico, quasi dentro il torrente, dell’impianto (voluto da un sistema affaristico mafioso come successivamente fu confermato) e successivamente ci battemmo perchè si scegliesse se modernizzarlo o delocalizzarlo, ci schieriamo oggi, pur comprendendo le difficoltà oggettive dell’Amministrazione Comunale, ancora a fianco dei cittadini. Siamo cioè contro una soluzione che, intanto, si definisce provvisoria ma senza poterne indicare un termine, perché quella successiva e definitiva è ancora una volta affidata al conferimento in discarica. Per giunta una discarica impraticabile, quella di Melicuccà, che non potrà e non dovrà mai essere riaperta.

Anche questa è una lunga storia di una lotta popolare che, con il nostro contributo, portò a mettere i sigilli alla discarica che non possedeva i requisiti tecnici e i pareri ambientali favorevoli. Su essa, peraltro, la magistratura indagava per l’inquinamento, da metalli pesanti e benzene, delle falde acquifere e del terreno circostante, essendo stata utilizzata anche per lo stoccaggio di materiale pericoloso. La sua riattivazione sarebbe, dunque, una scelta sbagliata e devastante per le ricadute ambientali sul territorio e le sue comunità. La Regione, invece, che con la neo presidente Santelli e il neo assessore all’ambiente Capitano Ultimo ha tirato fuori nuovamente questa sciagurata idea dal cassetto dovrebbe piuttosto procedere, come più volte chiesto in tutti questi anni, alla bonifica definitiva e al recupero dell’area.

Legambiente da anni chiede alla Regione Calabria l’impegno per una politica innovativa e trasparente della gestione del ciclo dei rifiuti, a partire da un piano rifiuti regionale con vero porta a porta diffuso, impianti moderni che diano anche lavoro pulito e senza discariche. In questo contesto abbiamo ribadito sempre il nostro no irremovibile alla riapertura della discarica di Melicuccà e la richiesta per una sua bonifica e che l’impianto di Sambatello non costituisca più un problema, ma una risorsa per la comunità. La riproposizione di Melicuccà e le 3000 tonnellate di rifiuti che dovrà “ospitare” sul suo piazzale, l’impianto nella vallata del Gallico non sono certo un buon inizio.

La scelta di Sambatello è ancora più infelice perché arriva alla vigilia dell’annunciata apertura del cantiere, ad un anno circa dall’aggiudicazione della gara d’appalto di oltre 40 milioni di euro, per gli interventi che dovrebbero rivoluzionare il vecchio impianto, trasformandolo in un nuovo impianto ad alta tecnologia per il “riciclaggio-spinto”. Questo ci condurrebbe alla quasi autosufficienza della lavorazione della frazione organica (il 40% del totale dei rifiuti), le cui competenze di esecuzione e gestione sono di recente passate dalla Regione alla Città Metropolitana. Dovrebbe essere finalmente uno degli impianti di servizio essenziali da concepire a valle della raccolta differenziata e che erano, insieme a una rete di centri di raccolta distribuiti sul territorio, i punti fondamentali oggetto delle nostre richieste e da cui necessariamente partire nella azione di programmazione e di investimento di competenza di Regione, Città Metropolitana e Comune, con il contributo disponibile anche di fondi europei.

La scelta di Sambatello non è credibile perché sostanzialmente ci si limita a “nascondere la polvere sotto il tappeto”, o, meglio, “la mondezza dentro le balle” e si offre una soluzione provvisoria che rischia di protrarsi nel tempo (l’emergenza in Campania e il problematico smaltimento delle ecoballe trascinatosi per decenni, dovrebbe insegnare). Per quanto riguarda più in generale il futuro, che urge diventi presente al più presto, bisogna puntare, dunque come avviene in altre regioni , sugli impianti di gestione della frazione organica, sulla realizzazione di stazioni di trasferenza o centri intercomunali di raccolta, utili per migliorare la logistica dei rifiuti riciclabili, e sugli impianti di trasformazione per il recupero di nuovi materiali dai rifiuti differenziati, che oltre a chiudere il ciclo dei rifiuti, creerebbero molti posti di lavoro, evitando, inoltre, di alimentare ulteriormente il trasporto su gomma dei rifiuti in tutta Italia, un settore da sempre a rischio sotto il punto di vista criminale.

Non ultimo, un sistema di premialità fiscale per incentivare i cittadini a differenziare bene e a produrre pochi rifiuti indifferenziati (con sconti sulla tassa/tariffa/tari pagata dalle utenze domestiche o produttive). Questo aiuterebbe anche il Comune sul fronte della lotta all’evasione della tassa sui rifiuti: se fosse vero il dato che si è passati dal 36% di utenze Tari al 58%, non si riesce a comprendere come possa essere così difficile, in epoca di banche dati e controlli incrociati, l’individuazione dei cittadini inadempienti con evidente beneficio non solo per le casse comunali, ma anche per eliminare la pratica incivile ed illegale di chi abbandona i rifiuti per strada, nei cestini per i rifiuti pubblici o negli altrui mastelli.

Pur senza entrare per correttezza nelle vicende oggetto d’inchiesta giudiziaria, apprese parzialmente dai media, poniamo ora un altro interrogativo, per non doverlo porre a cose fatte: come pensa l’Amministrazione Comunale di rapportarsi con una AVR in amministrazione giudiziaria? Sarà la Castore SPL a garantire il servizio? Ma da quando? E con quali risorse professionali, con quale esperienza, con quale autonomia, con quale piano industriale?».

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