giovedì,Aprile 25 2024

La suggestione di Pazzano: «Reggio Calabria capitale italiana della cultura»

Il candidato a sindaco del movimento politico La Strada: «Una possibilità concreta e non un’utopia»

La suggestione di Pazzano: «Reggio Calabria capitale italiana della cultura»

Prosegue il cammino de La Strada, il movimento civico che, alle prossime elezioni comunali, sosterrà la candidatura a sindaco di Reggio Calabria di Saverio Pazzano. «Verso Reggio “Capitale italiana della cultura”», questo il titolo dell’incontro che si è svolto mercoledì 15 luglio, in diretta facebook, organizzato da La Strada in collaborazione con i movimenti demA e Possibile. Un incontro ricco di contenuti, al quale hanno partecipato due importanti ospiti: Michele Guerra, assessore alla cultura del Comune di Parma, e Francesca Druetti, referente culturale di Possibile.

Un dialogo a più voci, moderato da Fabio Domenico Palumbo, direttore culturale de La Strada, durante il quale la visione di città che il movimento reggino porta avanti con Saverio Pazzano, ormai da circa due anni, ha incontrato quella virtuosa di Parma che, soprattutto grazie al grande lavoro dell’assessore Guerra, ha ottenuto il prestigioso titolo di Capitale italiana della cultura 2020 (poi esteso al 2021 a causa dell’emergenza Covid-19) e di Torino, città dal grande fermento culturale nella quale Francesca Druetti si muove, come operatrice della didattica museale che collabora con il “Museo Diffuso della Resistenza, deportazione, guerra, diritti e libertà”.

Dall’incontro e dal confronto tra queste esperienze, seppur differenti, è stato possibile inquadrare il percorso necessario a una città italiana per candidarsi come Capitale della cultura, percorso fortemente voluto da Saverio Pazzano e da La Strada, tanto da essere uno dei punti programmatici del movimento reggino.

«Una possibilità concreta e non un’utopia – come sottolinea Palumbo – quella di far avvicinare la nostra città, con la programmazione, la progettazione e il lavoro, a questo prestigiosissimo traguardo. Michele Guerra ha esposto sinteticamente il percorso che ha condotto Parma non solo a conseguire il riconoscimento di Capitale italiana della cultura, ma a proporsi come un modello replicabile in differenti contesti. Al centro dell’idea di Capitale della cultura – ha evidenziato Guerra – vi dev’essere proprio il fattore culturale: può apparire scontato o tautologico, ma, troppo spesso, la declinazione turistica, in termini di attrattività di una città e di marketing territoriale, ha prevalso su quella più schiettamente legata ai temi, alle idee e alle suggestioni. Costruire un dossier per la candidatura a Capitale italiana della cultura richiede, in primo luogo, la presenza di un filo conduttore che leghi tutte le attività, gli eventi, le mostre e gli spettacoli previsti; ancora, una comunità riunita attorno alla rigenerazione degli spazi e alla riqualificazione dei tempi della vita cittadina; infine, un circolo virtuoso tra il pubblico e il privato attorno a un progetto e a una visione».

Il tema del lavoro culturale come ripensamento dei tempi e degli spazi della vita urbana è stato ripreso da Francesca Druetti, che ha riportato la propria esperienza, maturata nel circuito museale torinese, e ha posto l’accento sulla necessità di mettere a valore il capitale umano delle istituzioni culturali, mettendo in essere tutto il potenziale rivoluzionario delle culture umane, anche attraverso presentazioni inusuali e rinegoziazioni dei significati delle opere d’arte. Perché il lavoro culturale ha anche, ovviamente, una ricaduta politica sulle comunità.

Saverio Pazzano, al termine dell’incontro, ha fatto proprio ancora una volta un preciso impegno: quello di curare attraverso una cultura diffusa, viva e itinerante le ferite e le lacerazioni del corpo-città, gettando le premesse perché Reggio Calabria possa non solo aspirare, ma anche candidarsi seriamente a diventare Capitale italiana della cultura. Non uno slogan dal sapore elettoralistico, non un’immagine oleografica o da cartolina illustrata, ma il frutto maturo di una semina lunga almeno cinque anni.

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